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Dichiarazioni acquirenti: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione. L’imputato contestava l’utilizzabilità delle dichiarazioni degli acquirenti dei beni rubati, sostenendo che avrebbero dovuto essere sentiti con garanzie particolari. La Corte ha respinto il ricorso, affermando che la valutazione della buona fede degli acquirenti è una questione di fatto, non riesaminabile in sede di legittimità, e che la motivazione della Corte d’Appello sul punto era immune da vizi logici.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazioni acquirenti e ricettazione: i limiti del giudizio di Cassazione

In materia di ricettazione, le dichiarazioni acquirenti di beni di provenienza illecita assumono un ruolo cruciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la distinzione tra il giudizio di merito, dove si valutano le prove, e quello di legittimità, dove si controlla la corretta applicazione della legge. Il caso in esame riguardava un ricorso contro una condanna per ricettazione di tre computer, basato sulla presunta inutilizzabilità delle testimonianze rese proprio dagli acquirenti.

I Fatti di Causa

Un soggetto veniva condannato in Corte d’Appello per il reato di ricettazione, previsto dall’art. 648 del codice penale, per aver ricevuto e venduto tre computer di provenienza furtiva. L’imputato decideva di ricorrere per Cassazione, affidando la sua difesa a un unico motivo: l’errata gestione processuale delle dichiarazioni acquirenti dei computer.

Secondo la tesi difensiva, gli acquirenti avrebbero dovuto essere interrogati non come semplici testimoni, ma con le garanzie previste dall’art. 210 del codice di procedura penale, applicabili a chi è indagato o imputato in un procedimento connesso. Ciò implicava, secondo il ricorrente, che gli acquirenti non fossero in buona fede e che le loro dichiarazioni, rese senza le dovute cautele, fossero processualmente inutilizzabili.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sull’utilizzabilità delle dichiarazioni acquirenti

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una motivazione chiara e lineare. Gli Ermellini hanno evidenziato come la questione della buona o mala fede degli acquirenti fosse già stata ampiamente esaminata e risolta dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva concluso, con una motivazione ritenuta logica e priva di vizi, che gli acquirenti avevano agito in buona fede e, pertanto, non potevano essere considerati co-indagati per il reato di ricettazione. Di conseguenza, la loro audizione come semplici testimoni era stata corretta.

Il punto centrale della decisione della Cassazione risiede nella natura del suo giudizio. Il ricorso, nel tentativo di contestare la buona fede degli acquirenti, chiedeva di fatto alla Suprema Corte di effettuare una nuova e diversa valutazione degli elementi di prova. Questo tipo di attività, tuttavia, è preclusa in sede di legittimità. La Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono rivalutare i fatti; il suo compito è verificare che i giudici di merito abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo coerente e non manifestamente illogico.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio cardine del processo penale: il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un’occasione per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti compiuto nei gradi di merito. Se la Corte d’Appello ha valutato in modo logico e congruo le prove, come le dichiarazioni acquirenti, e ha concluso per la loro buona fede, tale valutazione non è sindacabile in sede di legittimità. L’inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, sancisce l’impossibilità di superare tale limite, confermando la piena validità della sentenza di condanna.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare vizi di legge, chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti del processo, in particolare la valutazione sulla buona fede degli acquirenti, un’attività che non rientra nelle competenze del giudizio di legittimità.

Le dichiarazioni di chi acquista merce rubata sono sempre utilizzabili in un processo per ricettazione?
Secondo la decisione, se i giudici di merito stabiliscono con motivazione logica che gli acquirenti erano in buona fede (cioè non sapevano della provenienza illecita del bene), le loro dichiarazioni sono pienamente utilizzabili e possono essere rese con le modalità della semplice testimonianza.

Qual è la conseguenza dell’inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione priva dei presupposti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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