Dichiarazioni dell’Acquirente di Stupefacenti: Quando Fanno Piena Prova?
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale nel diritto penale: il valore probatorio delle dichiarazioni dell’acquirente di stupefacenti. Questa decisione chiarisce come la testimonianza di chi compra la droga possa essere sufficiente a fondare una sentenza di condanna per il venditore, anche in assenza di particolari garanzie.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Bari nei confronti di un individuo, ritenuto colpevole del reato di spaccio di sostanze stupefacenti. La pena inflitta era di 6 mesi e 20 giorni di reclusione, oltre a una multa di 1.333 euro. La decisione era stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Bari.
La condanna si fondava in modo determinante sulle dichiarazioni rese da un testimone, ovvero la persona che aveva acquistato la sostanza illecita dall’imputato. L’imputato ha quindi deciso di presentare ricorso per cassazione, contestando proprio l’attendibilità e l’utilizzabilità di tale testimonianza.
Il Motivo del Ricorso: L’affidabilità delle dichiarazioni acquirente stupefacenti
Il ricorrente ha basato la sua difesa su un unico motivo di impugnazione: un presunto vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello. Secondo la difesa, i giudici di merito avrebbero errato nel ritenere attendibili le dichiarazioni dell’acquirente di stupefacenti, considerandole sufficienti a provare che la sostanza rinvenuta fosse destinata allo spaccio. In sostanza, si contestava la scelta della Corte d’Appello di fondare il giudizio di colpevolezza sulla testimonianza di una persona direttamente coinvolta nei fatti.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La decisione si basa su due pilastri argomentativi principali.
In primo luogo, il motivo del ricorso è stato considerato meramente riproduttivo di argomenti già esaminati e correttamente respinti dalla Corte d’Appello. La Cassazione non può riesaminare nel merito le prove, ma solo verificare la correttezza logica e giuridica della motivazione.
In secondo luogo, e questo è l’aspetto più rilevante, la Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: le dichiarazioni rese da un acquirente di modiche quantità di sostanza stupefacente sono pienamente utilizzabili come prova. A differenza di altre figure, come il co-imputato, la testimonianza del semplice acquirente non necessita delle particolari garanzie previste dalla legge (come i riscontri esterni individualizzanti). I giudici di merito hanno fatto buon uso di questo orientamento, valutando correttamente l’attendibilità del testimone nel caso specifico.
Le Conclusioni
L’ordinanza ha conseguenze pratiche significative. Dichiarando il ricorso inammissibile, la Cassazione non solo ha reso definitiva la condanna, ma ha anche applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale. Tale norma prevede che, in caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente venga condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
In questo caso, la somma è stata equitativamente fissata in 3.000,00 euro. La decisione sottolinea che presentare un ricorso in Cassazione senza validi motivi di diritto, ma solo per contestare una valutazione di fatto già compiuta correttamente nei gradi precedenti, comporta non solo la conferma della condanna ma anche un’ulteriore sanzione economica. Questo serve a scoraggiare impugnazioni dilatorie o palesemente infondate.
Le dichiarazioni di chi acquista droga possono essere usate per condannare lo spacciatore?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che le dichiarazioni rese dall’acquirente di sostanze stupefacenti sono pienamente utilizzabili come prova per fondare una sentenza di condanna nei confronti del venditore.
La testimonianza dell’acquirente di stupefacenti necessita di garanzie particolari per essere valida?
No. Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, a differenza di altre figure processuali, le dichiarazioni dell’acquirente di modiche quantità di droga non richiedono le garanzie o i riscontri esterni previsti dalla legge per essere considerate attendibili.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31010 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31010 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/02/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che con sentenza depositata il giorno 9 marzo 2023 la Corte di appello di Bari confermava la sentenza con cui il Tribunale di Bari in composizione monocratica aveva condannato NOME alla pena di mesi 6 e giorni 20 di reclusione ed C 1.333 di multa avendolo ritenuto colpevole dei reati ascritti;
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto articolando un unico motivo di impugnazione con cui eccepiva il vizio di motivazione censurando il provvedimento impugnato nella parte in cui i giudici del merito avevano ritenuto destinato allo spaccio lo stupefacente rinvenuto in possesso del prevenuto ritenendo attendibili le dichiarazioni rese dal COGNOME in ordine allo svolgimento dei fatti.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il motivo in esso contenuto è manifestamente infondato in quanto riproduttivo di argomenti già esaminati e correttamente vagliati dalla Corte di appello la quale ha ritenuto attendibili le dichiarazioni rese dal teste COGNOME mostrando di fare buon uso dell’orientamento di questa Corte di legittimità che ritiene pienamente utilizzabili le dichiarazioni rese da un acquirente di modici quantitativi di sostanza stupefacente senza le garanzie di legge;
che il ricorso devo perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2024
Il Consigliere estenso
il Presidente