Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 38527 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 38527 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 01/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Torre Annunziata il DATA_NASCITA; avverso la sentenza del 08/10/2024 della Corte di appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il pubblico ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; udito il difensore, AVV_NOTAIO, in sostituzione dellAVV_NOTAIO
NOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’8 ottobre 2024, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata dell’il. febbraio 2022, con la quale l’imputato era stato condannato alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione, per il reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000, perché, ne
qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, al fine di evadere l’imposta s reddito delle persone fisiche, non presentava la relativa dichiarazione per il periodo d’imposta 2016 ed evadeva l’imposta sul reddito delle persone fisiche per euro 74.295,00, calcolata tenendo conto della base imponibile rappresentata dalla differenza tra le componenti attive del reddito professionale pari ad euro 222.595,08 e le componenti passive pari ad euro 28.377,00 al netto delle ritenute d’acconto dichiarate e certificate.
Avverso la sentenza di appello l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si denuncia il vizio di motivazione in relazione alla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale formulata co i motivi di appello. Oggetto della richiesta di rinnovazione istruttoria era la peri volta a sottoporre ad un tecnico la documentazione versata in atti e prodotta dall’odierno ricorrente in sede di interrogatorio, contenente le cifre indicate qual vincite da gioco, che avrebbero ridimensionato l’ammontare della somma evasa. Si lamenta che la Corte territoriale avrebbe erroneamente negato ogni rilevanza alla documentazione, sul rilievo che questa fosse stata sottoposta al vaglio prima della Guardia di Finanza e successivamente del giudice.
2.2. Con un secondo motivo di censura, si lamentano vizi della motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte di merito erroneamente disatteso le doglianze difensive concernenti l’insussistenza dell’elemento soggettivo e oggettivo del reato, nonché l’insussistenza dell’effettivo superamento della soglia di punibilità per il reato dell’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000. Si sost innanzitutto, che la sentenza impugnata, con motivazione talvolta lacunosa, talvolta manifestamente illogica e contraddittoria, avrebbe omesso di confrontarsi con la circostanza che la consulenza del pubblico ministero non avesse tenuto conto di alcuni documenti – poiché non fornitigli – sebbene avesse dichiarato di avere svolto l’attività di calcolo sulla base della documentazione in suo possesso. Si rappresenta, inoltre, che la ricostruzione operata dalla consulenza in relazione al modello unico al quadro RE dell’importo di 9.348,00 euro, che individua come costi deducibili euro 5.784,00 e come costi indeducibili euro 3.564,00, riproduce gli esiti delle indagini svolte dalla Guardia di Finanza. Per la difesa, tale somma sarebbe stata deducile poiché – come emergerebbe dai dati relativi al bilancio dell’anno 2016 – riferita a costi effettivamente sostenuti per gli autoveico (pedaggi autostradali, carburanti, tassa di possesso autoveicoli), così come deducibili sarebbero le fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE, sempre nell’anno 2016, per la somma di euro 7775,32, relative al leasing di un autoveicolo. Ancora, la Corte di appello di Napoli avrebbe erroneamente
trascurato di considerare tutte le molteplici contraddizioni evidenziate dalla difesa con riguardo alla asserita indeducibilità della somma complessiva di euro 40.000,00 nei confronti del COGNOME; si sostiene che la fattura n. 74, emessa nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per la somma di euro 10.000,00, era stata emessa quale “acconto consulenza” e correttamente confluita nella voce compensi riportata in dichiarazione, mentre la somma di euro 30.000,00 deriva invece dal rimborso di un prestito e non dall’acquisto di un’autovettura, come si evince altresì dalle dichiarazioni rese dall’odierno ricorrente. Inoltre, la dif rappresenta che l’ulteriore importo contestato di euro 10.000,00 relativo alla cessione del contratto di leasing del 2 novembre 2016, sarebbe invero da ritenersi giustificato, poiché a fronte di tale somma era stata emessa, registrata e tassata la fattura n. 173. In tale contesto, dunque, per comprendere se fosse stata raggiunta la prova della somma di euro 25.742,00 – che ha determinato il superamento della soglia di punibilità per il reato dell’art. 5 del d.lgs. n. 74 2000 – sarebbero stati imprescindibili i documenti relativi alle vincite di gioc Mentre, nel caso di specie, la consulente avrebbe ignorato la tipologia e la qualità delle vincite, in ragione della mancanza di tale documentazione. Ancora, la Corte di appello di Napoli avrebbe erroneamente trascurato di considerare la destinazione, specificata dalla difesa, di alcuni importi e, tra questi: il versament dalla somma di euro 5.800,00 quali regali a moglie e figli; la somma di euro 1000,00 quale giroconto; la somma di euro 312,17 quale rimborso per cambio gestore; le somme di euro 5.887,76 e 10.913,00 quale vincite di gioco; la somma di 800,00 quale cambio assegno per il pagamento di imposte per conto della sorella; la somma di euro 800,00 quale pagamento di modelli F24 verso clienti. La difesa, inoltre, lamenta che i giudici di merito avrebbero erroneamente omesso di verificare i versamenti effettuati in relazione alle contestazioni relative alle riten di acconto ed avrebbero erroneamente trascurato il versamento entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi della somma di euro 9.000,00, nonché delle somme versate quale ravvedimento operoso. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Per la difesa, inoltre, difetta l’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo d evasione. Erroneamente i giudici di merito avrebbero disatteso le argomentazioni fornite dall’odierno ricorrente, che avrebbe denunciato in via telematica – sebbene la Polizia non l’avesse ratificato – un attacco informatico, che aveva impedito la presentazione tempestiva della dichiarazione.
Infine, sostiene la difesa che la Corte di appello avrebbe erroneamente trascurato di considerare tutte le dichiarazioni rese dall’odierno ricorrente in sede di esame.
2.3. Con un terzo motivo di doglianza, il ricorrente denuncia il vizio di motivazione in relazione alla mancata assoluzione per la particolare tenuità del
fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., pur a fronte dell’assenza di elemen ostativi e di un valore evaso di poco superiore alla soglia di punibilità.
2.4. Con un ultimo motivo di censura, si lamentano la violazione di legge in relazione ai criteri di determinazione della pena ed al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione, in ragione del comportamento tenuto dall’odierno ricorrente, nonché la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione sul punto. Secondo la prospettazione difensiva, la Corte non avrebbe dato adeguata spiegazione della disciplina applicata nel caso concreto, alla luce dell’intervento normativo della legge n. 157 della 2019, nonché dei criteri e parannetrati adottati nel discostarsi dal minimo edittale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo di doglianza è inammissibile.
Premesso che è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che nel dibattimento del giudizio di appello, la rinnovazione di una perizia può essere disposta soltanto se il giudice ritenga di non essere in grado di decidere allo stato degli atti (tra le tante: Sez. 3, n. 7259 del 30/11/2017, dep. 15/02/2018, Rv. 273653; Sez. 2, n. 36630 del 15/05/2013, Rv. 257062, le quali hanno precisato che, in caso di rigetto della relativa richiesta, la valutazione del giudice di appel se logicamente e congruamente motivata, è incensurabile in cassazione, in quanto costituente giudizio di fatto), deve rilevarsi come, nel caso di specie, i giudici appello – nel motivare il rigetto della richiesta della perizia volta a sottoporre a un tecnico, la documentazione versata in atti e prodotta successivamente all’espletamento dell’incarico peritale – hanno argomentato le ragioni per le quali non vi era alcuna necessità, ai fini della decisione, di tale mezzo istruttor integrativo, ritenendolo superfluo per la circostanza che tale documentazione fosse stata già oggetto di valutazione sia da parte degli organi inquirenti che del giudice di primo grado. Del resto, come si vedrà, si tratta di documentazione priva di valore probatorio, in quanto – secondo la corretta valutazione dei giudici di merito – anche a voler seguire la prospettazione difensiva, non vi è corrispondenza tra somme depositate e vincite.
1.2. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
1.2.1. La ricostruzione difensiva, pur denunciando formalmente vizi della motivazione, si traduce in realtà in una palese, ma non consentita, contestazione nel merito della valutazione degli elementi istruttori effettuata sia dal giudice primo grado che dalla Corte di appello, e in una richiesta a questa Corte di diversa e alternativa lettura delle risultanze probatorie. In altre parole, il ricorrente,
argomentazioni in parte generiche e in parte manifestamente infondate, tende ad ottenere una rivalutazione di elementi già presi adeguatamente in considerazione dai giudici di merito, riducendosi ad una mera contestazione delle risultanze emerse dalla motivazione, senza la prospettazione di elementi puntuali, precisi e di immediata valenza esplicativa tali da dimostrare un’effettiva carenza motivazionale su punti decisivi del gravame (ex plurímis, Sez. 5, n. 34149 del 11/06/2019, Rv. 276566; Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970). A fronte della ricostruzione e della valutazione della Corte di appello, l’odierno ricorrente non offre la compiuta rappresentazione e dimostrazione, di alcuna evidenza pretermessa ovvero infedelmente rappresentata dal giudicante- di per sé dotata di univoca, oggettiva e immediata valenza esplicativa, tale, cioè, da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati.
Deve ricordarsi, in punto di diritto, che la rilevabilità del vizio di motivazi soggiace alla verifica del rispetto delle seguenti regole: a) il vizio deve esser dedotto in modo specifico in riferimento alla sua natura (contraddittorietà o manifesta illogicità o carenza), non essendo possibile dedurre il vizio di motivazione in forma alternativa o cumulativa; infatti non può rientrare fra i compiti del giudice della legittimità la selezione del possibile vizio genericamente denunciato, pena la violazione dell’art. 581, comma 1, lettera c), cod. proc. pen. (ex plurimis, Sez. 2, n. 39138 del 10/09/2019; Sez. 2, n. 37298 del 28/06/2019); b) per il disposto dell’art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., il vizio de motivazione deve essere desumibile dalla lettura del provvedimento impugnato, nel senso che esso deve essere “interno” all’atto-sentenza e non il frutto di una rivisitazione in termini critici della valutazione del materiale probatorio, perché tale ultimo caso verrebbe introdotto un giudizio sul merito valutativo della prova che non è ammissibile nel giudizio di legittimità: di qui discende, inoltre, che è onere della parte indicare il punto della decisione che è connotata dal vizio, mettendo in evidenza nel caso di contraddittorietà della motivazione i diversi punti della decisione dai quali emerga il vizio denunciato che presuppone la formulazione di proposizioni che si pongono in insanabile contrasto tra loro, sì che l’accoglimento dell’una esclude l’altra e viceversa (ex plurimís, Sez. 2, n. 11992 del 10/04/2020; Sez. 2, n. 20677 dell’11/04/2017, Rv. 270071); c) il vizio di motivazione deve presentare il carattere della essenzialità, nel senso che la parte deducente deve dare conto delle conseguenze del vizio denunciato rispetto alla complessiva tenuta logico-argomentativa della decisione. Infatti, sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probato del singolo elemento (ex plurimis, Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021; Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 2021, Rv. 280589-02).
Deve ulteriormente premettersi che, in tema di impugnazione, il requisito della specificità dei motivi implica, a carico della parte impugnante, non soltanto l’onere di dedurre le censure che intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi fondanti le censure medesime, al fine di consentire al giudice di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (ex plurimis, Sez. 6, n. 17372 del 08/04/2021, Rv. 281112; Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, Rv. 277518). Infine, occorre ulteriormente rilevare che l’interpretazione e la valutazione del contenuto della richiesta di una nuova valutazione delle risultanze probatorie costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità, se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza de motivazione (ex plurimis, Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, Rv. 268389; Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263715; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Rv. 257784).
1.2.2. Nel caso di specie, facendo corretta applicazione di questi principi, la Corte di appello di Napoli ha debitamente risposto alle censure sollevate dall’imputato e, con motivazione completa ed esaustiva, ha correttamente escluso qualsiasi dubbio circa l’effettivo superamento della soglia di punibilità.
In particolare, si dà espressamente conto dell’infondatezza della circostanza evidenziata dalla difesa, per cui la somma di euro 3.564,00 rappresenterebbe un costo deducile poiché riferita a costi effettivamente sostenuti per gli autoveicoli (pedaggi autostradali, carburanti, tassa di possesso autoveicoli), così come deducibili sarebbero le fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE, nell’anno 2016, della somma di euro 7775,32, relative al leasing di un autoveicolo. Invero, i giudici di secondo grado hanno correttamente rilevato che le spese di acquisto ed i componenti negativi relativi alle spese per i veicoli sono deducibili, ai sensi dell’art. 164 del T.U.I.R., nella misura del 20% e non per l’inter ammontare ed inoltre che il professionista può utilizzare una sola vettura quale bene strumentale allo svolgimento dell’attività professionale, con la conseguenza della indeducibilità dell’intera somma di euro 9.348,00.
La motivazione della sentenza gravata risulta altresì lineare ed esaustiva, laddove- valorizzando l’assoluta assenza di giustificazione ai trasferimenti di denaro – ha ritenuto comprovata la natura di redditi sottratti al pagamento delle
imposte dovute la somma complessiva di euro 40.000,00 relativa alla vicenda “RAGIONE_SOCIALE“.
Come correttamente rilevato anche dai giudici di secondo grado, peraltro, nessun rilievo può attribuirsi agli asseriti accreditamenti per vincite da gioc nonché ai regali per i familiari, posto che, nessun concreto elemento documentale è stato offerto dalla difesa a sostegno della propria ricostruzione, anche e soprattutto con riferimento alle diverse incongruenze tra la data della pretesa vincita e la data del deposito delle somme nonché tra gli importi dei pretesi bigliett vincenti e gli importi accreditati.
Con motivazione pienamente logica e coerente, inoltre, i giudici di secondo grado hanno condiviso il percorso argomentativo del giudice di primo grado che ha disatteso la doglianza con cui la difesa ha lamentato l’omessa verifica dei versamenti effettuati in relazione alle contestazioni relative alle ritenute di accont e del versamento entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi della somma di euro 9.000,00, nonché delle somme versate quale ravvedimento operoso. Invero, anche in questo caso la Corte di appello, ha valorizzato i riscontri delle verifiche effettuate con il sistema SERPI.00 per il periodo d’imposta 2016 da cui è emersa un’unica certificazione unica per ritenuta d’acconto di euro 1.442,74 – nonché le testimonianze rese dai testi COGNOME, COGNOME e COGNOME che hanno disconosciuto le firme delle certificazioni uniche a loro nome (pagg. 68 della sentenza).
Più in generale non può essere proposta in sede di legittimità – come invece fa la difesa (pagg. 5-55 del ricorso) – la richiesta di una nuova valutazione di calcoli effettuati e di documenti contabili depositati, sulla base di un contrapposizione fra le dichiarazioni difensive dell’imputato e le conclusioni del consulente del pubblico ministero su ogni singola voce rilevante a fini fiscali trattandosi della contestazione del merito della prova della responsabilità penale, già ampiamente presa in considerazione dai giudici di primo e secondo grado, e non riconducibile alle categorie di vizi motivazionali rilevabili da questa Corte a sensi dell’art. 606, comma 1, lettera e) , cod. proc. pen.
1.2.3. La censura relativa alla insussistenza del dolo specifico di evasione, è parimenti manifestamente infondata.
Come già evidenziato, la ricostruzione alternativa prospettata dalla difesa dell’odierno ricorrente – secondo la quale NOME, vittima di un attacco informatico a seguito del quale era stata presentata una denuncia non ratificata, non aveva potuto presentare tempestivamente la dichiarazione – è stata esaminata e disattesa dal primo giudice, il cui percorso argomentativo è stato integralmente condiviso dalla Corte territoriale; d’altro lato, ogni considerazione sulla congruità ed adeguatezza della motivazione, sul punto, deve ritenersi
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ultronea, risultando assorbente il rilievo del carattere meramente labiale della deduzione relativa al preteso attacco hacker subito, nonché ai suoi effetti sulla presentazione della dichiarazione fiscale. Secondo la corretta valutazione dei giudici di primo e secondo grado, l’inverosimiglianza di tale ricostruzione difensiva è corroborata sia dalla qualità di commercialista dell’imputato, incompatibile con l’asserita mancanza di conoscenza dei sistemi informatici e delle modalità di denuncia alla Polizia di Stato, sia dalla totale mancanza di prova della perdita di dati o di altri impedimenti irrimediabili.
1.3. Il terzo motivo di ricorso – con il quale si censura l’erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen – è manifestamente infondato. La giurisprudenza è concorde nell’affermare che, in tema di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini di evasione delle imposte, la causa di non punibilità prevista dall disposizione è applicabile soltanto all’omissione per un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità, in considerazione del fatto che il grado di offensività che d luogo a reato è già stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia stessa (ex plurimis, Sez. 3, n. 58442 del 02/10/2018 Rv. 275458; Sez. 3, n. 13218 del 20/11/2015, Rv. 266570; cfr. anche Sez. 3, n. 16599 del 20/02/2020, Rv. 278946). Dunque, alla luce di tale premessa interpretativa, è stata legittimamente esclusa dalla Corte di appello l’operatività dell’art. 131-bis cod. pen., posto che, l’ammontare dell’imposta evasa è di valore significativamente distante dalla soglia di punibilità.
1.4. Il quarto motivo di ricorso relativo al trattamento sanzionatorio, è inammissibile. Quanto all’ammontare della pena, va ricordato che la quantificazione di quest’ultima nell’ambito della cornice edittale rientra nella discrezionalità del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità ove compiutamente motivata e che, ove la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, cod. pen., anche ove adoperi solo espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento” (ex plurimis, Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Rv. 276288; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243; Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, Rv. 237402). Nel caso di specie, la Corte di appello ha motivato il discostamente dal minimo edittale a fronte dell’ingente misura dell’imposta evasa, della gravità dell’azione, dell’intensità del dolo, nonché della capacità a delinquere, trattandosi di soggetto professionista del settore. Del resto, la pena base è stata determinata al di sotto del medio edittale, sicché in presenza di un apparato argomentativo che non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico, non vi è spazio per l’accoglimento delle obiezioni difensive, che sollecitano differenti apprezzamenti di merito preclusi in sede di legittimità.
Inconferente è altresì la richiesta di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, essendo già state concesse dal giudice di primo grado nella loro massima estensione.
Tenuto conto della sentenza del 13 giugno 2000, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso il 02/10/2025