Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11480 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11480 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a Firenze il 02/06/1979 parte civile
nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nata ad Avellino il 20/09/1977
COGNOME NOME nato a Prato il 24/10/1994
avverso la sentenza del 21/11/2023 della Corte Appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso, con le conseguenze previste dalla legge;
udito il difensore della parte civile Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso ;
udito l’ Avv. NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME e NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOMEper la prima) e dell’ Avv. NOME COGNOME (per il secondo), che ha chiesto la inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 21 novembre 2023, in riforma della sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Prato, assolveva NOME COGNOME e NOME COGNOME imputati di truffa in concorso e -solo la prima -anche di ricettazione, per insussistenza del fatto e per l’effetto revocava le statuizioni civili.
Ha proposto ricorso per cassazione, ai soli effetti della responsabilità civile, la parte civile NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando, con un unico motivo, violazione di legge (artt. 18 e 19 decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 , in relazione all’art. 640 cod. pen.) nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ‘in punto di valutazione dell’autonoma illiceità delle mendaci dichiarazioni rese in violazione della normativa antiriciclaggio in funzione della commissione del delitto di cui all’art. 640 c.p.’.
La donna, regolarmente identificata da NOME COGNOME ‘compro oro’, rilasciò una dichiarazione di vendita con la quale attestò di essere l’unica proprietaria dei gioielli allo stesso ceduti, quando invece in larga parte i preziosi le erano stati consegnati per la vendita da NOME COGNOME anch’egli presente.
Dichiarandosi proprietaria degli oggetti che invece aveva ricevuto da Masi, la RAGIONE_SOCIALE aveva posto in essere una condotta evidentemente diretta a evitare ulteriori accertamenti da parte dell’acquirente in ordine alle caratteristiche dei preziosi e alla loro provenienza, come imposto agli esercenti le attività di acquisto e vendita di metalli preziosi.
Detta condotta è stata valutata in modo errato dalla Corte territoriale, considerato che il mendacio della donna sulla proprietà dei beni proposti in vendita, unitamente al silenzio serbato da COGNOME presente alla transazione, crearono nella parte civile una falsa apparenza della realtà che la indussero in errore e la determinarono all’acquisto, vanificato dal successivo sequestro dei preziosi, la cui restituzione fu disposta in favore della madre del COGNOME.
In data 21 febbraio 2025 la difesa di NOME COGNOME ha depositato memoria concludendo per la inammissibilità del ricorso proposto dalla parte civile o, in subordine, per il suo rigetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Va preliminarmente rilevato che al difensore della parte civile è stata rilasciata una procura speciale , nell’atto di costituzione in primo grado, anche per proporre impugnazione ex art. 576 cod. proc. pen. ‘avverso la sentenza che sarà pronunciata’.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, il carattere speciale della procura conferita al difensore della parte civile attiene proprio alla precisa indicazione della conferita facoltà di proporre impugnazione, in caso di esito non soddisfacente della decisione, mentre nulla impone che tale procura sia rilasciata in epoca successiva alla decisione da impugnare (Sez. 4, n. 12877 del 13/2/2019, COGNOME, Rv. 275361 -01; Sez. 4, n. 9220 del 26/1/1993, COGNOME, Rv. 195854 -01; di recente cfr. Sez. 2, n. 49706 del 27/10/2023, COGNOME, nonché Sez. 2, n. 36399 21/09/2021, COGNOME, non massimate).
Detta costituzione, poi, è avvenuta alla prima udienza tenutasi il 12 gennaio 2015 avanti il Tribunale di Prato, cosicché in questa sede non rileva il disposto dell’art. 573, comma 1bis , cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33 decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, in quanto applicabile solo alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della citata disposizione (Sez. U, n. 38481 del 25/05/2023, D., Rv. 285036 -01).
Un dato fondamentale della vicenda in esame sta nel fatto che entrambi i Giudici di merito hanno escluso che la maggior parte dei gioielli ceduti a NOME COGNOME al prezzo di 4.350 euro fosse di proprietà di NOME COGNOME.
Il Tribunale ha evidenziato che ‘i testimoni chiamat i a confermare tale circostanza hanno solo parlato di similitudine con regalì e fatte circa trent’anni prima e dato il passaggio del tempo le loro affermazioni, per lo più cariche di incertezze, non meritano credibilità’, valutazione confermata dalla Corte di appello, considerato che i testi ‘non si erano espressi in termini di certezza ma di similitudine’ (pag. 13).
Per questa ragione è stato mantenuto fermo il provvedimento di restituzione di tutti i preziosi alla madre del COGNOME che ne aveva rivendicato la proprietà denunciandone il furto.
La Corte di appello, però, ha ritenuto che dalle prove assunte non fosse emerso ‘oltre ogni ragionevole dubbio che i preziosi compravenduti a Parigi fossero provento del furto commesso da COGNOME in danno della madre’ e, pertanto,
che la Passamano non potesse essere ritenuta colpevole del reato di ricettazione, in assenza del delitto presupposto.
Da detta conclusione, però, non deriva automaticamente l’insussistenza d i un illecito civile -ora l’unico che residua e rileva -conseguente al mendacio della dichiarazione della COGNOME, con la complicità di COGNOME, circa la proprietà dei gioielli ceduti a Parigi, la cui causale -si legge nella sentenza impugnata (pag. 13) -sarebbe individuabile in ‘ un mero escamotage di carattere commerciale, adottato dopo essersi sincerati sul prezzo dell’oro, maggiore evidentemente in proporzione al peso complessivo, rispetto a quello di singole porzioni’ .
Si tratta di una valutazione illogica e contraddittoria, che ha recepito acriticamente le spiegazioni fornite da COGNOME, secondo il quale i gioielli per la maggior parte erano della Passamano -circostanza, come detto, esclusa dalla stessa Corte territoriale -e lui aveva consigliato ‘di pesare tutto l’oro insieme così il guadagno sarebbe stato maggiore’ (affermazione questa ultima poco comprensibile, come già rilevato dal Tribunale: ‘non si capisce il principio’ ).
La motivazione della sentenza sul punto soffre dei vizi denunciati nel ricorso, ove con fondamento si è osservato che, qualora i due avessero indicato nel COGNOME, diciannovenne, il proprietario dei numerosi preziosi ceduti, la parte civile non si sarebbe determinata a ll’a cquisto senza svolgere ulteriori accertamenti.
Pertanto, ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen., la sentenza impugnata va annullata ai fini dell’accertamento della responsabilità civile con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, che provvederà anche alla liquidazione delle spese tra le parti per il presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.
Così deciso in data 11/03/2025.