LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dichiarazione mendace: quando scatta il reato?

Un soggetto viene condannato per una dichiarazione mendace finalizzata a ottenere il patrocinio a spese dello Stato. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici hanno ritenuto provato il dolo generico, escludendo l’ipotesi di un errore scusabile. Inoltre, i precedenti penali specifici dell’imputato hanno impedito sia l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sia la concessione delle attenuanti generiche.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazione Mendace per Gratuito Patrocinio: la Cassazione Conferma la Condanna

Compilare una domanda per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato richiede la massima attenzione e onestà. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce la gravità della dichiarazione mendace in questo contesto, sottolineando come né la presunta buona fede né la tenuità del fatto possano facilmente scagionare chi fornisce informazioni false, soprattutto in presenza di precedenti penali. Analizziamo insieme la decisione per comprendere le ragioni dietro la conferma della condanna.

I Fatti del Caso: una Domanda di Patrocinio Scivolosa

La vicenda giudiziaria inizia con la condanna di un uomo per il reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 115/2002, per aver presentato una dichiarazione mendace sui propri redditi al fine di ottenere il gratuito patrocinio. La condanna, emessa in primo grado, viene confermata dalla Corte d’Appello.

L’imputato, non rassegnandosi, propone ricorso per Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Vizio di motivazione: sosteneva di aver agito in buona fede e che mancasse la prova del dolo.
2. Violazione di legge: chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
3. Pena eccessiva: lamentava una sanzione sproporzionata.
4. Mancata concessione delle attenuanti generiche: riteneva di averne diritto.

L’Analisi della Cassazione sulla Dichiarazione Mendace

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo punto per punto tutte le doglianze della difesa. Vediamo come i giudici hanno smontato le argomentazioni del ricorrente.

L’Elemento Soggettivo: Non un Semplice Errore

La difesa sosteneva che l’imputato avesse commesso un semplice errore, indicando il reddito di un anno diverso da quello richiesto. La Cassazione ha ritenuto questa tesi “inverosimile” e “giuridicamente insostenibile”. Il modulo di richiesta specificava chiaramente l’annualità di riferimento (l’anno precedente a quello della domanda) e, inoltre, l’istanza era stata redatta con l’ausilio di un difensore, rendendo un fraintendimento così macroscopico ancora meno credibile. Per questi motivi, è stato confermato il “dolo generico”, ossia la piena consapevolezza di attestare il falso.

Particolare Tenuità del Fatto e la Dichiarazione Mendace

Uno dei punti più interessanti della decisione riguarda il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha evidenziato come l’imputato avesse a suo carico ben tre precedenti condanne definitive per reati della stessa indole (falso). Questa circostanza integra il presupposto del “comportamento abituale”, che per legge osta all’applicazione del beneficio previsto dall’art. 131-bis c.p. In pratica, la legge non intende premiare con la non punibilità chi reitera nel tempo condotte illecite simili.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche la richiesta di concessione delle attenuanti generiche è stata respinta. I giudici hanno motivato il diniego facendo leva sul curriculum criminale dell’imputato e sull’assenza di segni di pentimento. La giurisprudenza costante, richiamata nell’ordinanza, afferma che per negare le attenuanti è sufficiente che il giudice si concentri sugli elementi ritenuti prevalenti e decisivi, come in questo caso i numerosi e specifici precedenti penali, senza dover analizzare ogni singolo aspetto favorevole o sfavorevole.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile perché i motivi proposti erano, in sostanza, una riproposizione di censure già correttamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata logica, congrua e immune da vizi. Il dolo è stato adeguatamente provato, e la storia criminale dell’imputato ha giustificato pienamente sia il rigetto della richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto, sia il diniego delle attenuanti generiche. Infine, la pena è stata considerata adeguata e frutto di un corretto esercizio del potere discrezionale del giudice di merito.

le conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito: la dichiarazione mendace per accedere al gratuito patrocinio è un reato che l’ordinamento prende molto sul serio. Non è possibile invocare un semplice errore quando le istruzioni sono chiare e si è assistiti da un professionista. Soprattutto, un passato criminale costellato da reati della stessa natura chiude la porta a importanti benefici di legge, come la non punibilità per tenuità del fatto e le attenuanti generiche. La trasparenza e la correttezza sono, ancora una volta, i pilastri fondamentali del rapporto tra cittadino e giustizia.

Un semplice errore nella compilazione della domanda per il gratuito patrocinio è sufficiente a escludere il reato?
No. La Corte ha stabilito che non si trattava di un errore scusabile. La pretesa di aver confuso l’anno di reddito da dichiarare è stata ritenuta implausibile, configurando così il “dolo generico”, ovvero la coscienza e volontà di fare una dichiarazione non veritiera, anche perché l’istanza era stata redatta con l’ausilio di un legale.

Avere precedenti penali specifici può impedire l’applicazione della causa di non punibilità per “particolare tenuità del fatto”?
Sì. La Corte ha confermato che la presenza di tre precedenti condanne definitive per reati della stessa indole (in questo caso, reati di falso) configura un “comportamento abituale”, che è una condizione ostativa all’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale.

Perché non sono state concesse le circostanze attenuanti generiche?
La Corte ha ritenuto legittimo il diniego basato sul curriculum criminale dell’imputato e sulla mancanza di segni di resipiscenza (pentimento). Secondo la giurisprudenza, anche un solo elemento negativo, come i numerosi precedenti penali, può essere considerato sufficiente dal giudice per escludere il beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati