Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34602 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 34602  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/03/2025 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensor€, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo vizio motivazionale in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il motivo sopra richiamato non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non è scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il proposto profilo di doglianza è indeducibile perché fondato su un motivo che si risolve nella pedissequa reiterazione di quello già dedotto in appello e puntualmente disatteso dalla corte di merito, dovendosi lo stesso considerare non specifico ma soltanto apparente, omettendo di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame di merito hanno puntualmente rilevato che lo stato detentivo del ricorrente in regime di custodia cautelare, e dunque la sua eventuale ignoranza circa l’attività lavorativa del figlio, non poteva in alcun modo elidere l’obbligo di veridicità gravante sulle dichiarazioni rese per l’accesso al beneficio, obbligo che implica la doverosa rappresentazione di ogni informazione idonea ad assicurarne la correttezza e la genuinità. Essendo il ricorrente stato espressamente edotto di tali doveri e non emergendo elementi contrari (logico appare il rilievo che in assenza di elementi fattuali l’ignoranza dedotta dalla difesa , in definitiva, non può desumersi dal mero fatto della custodia in carcere , che certamente di per sé non impediva all’imputato di venire a conoscenza del reddito familiare), la Corte territoriale ha ragionevolmente concluso che l’imputato, pur avendo acquisito consapevolezza dell’esistenza del reddito del figlio, abbia scientemente e intenzionalmente omesso di darne riferimento (fol. 3 della sentenza impugnata).
La sentenza impugnata, peraltro, si colloca nel solco del consolidato orien tamento secondo cui la norma richiamata dall’art. 95 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 si configura quale legge extrapenale integratrice del precetto penale, tratt dosi di regola posta al fine di individuare i dati necessari per la valutazion della sussistenza delle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello St sia, preliminarmente, dell’ammissibilità della relativa istanza (cfr. ex multis Sez. 4, n. 1305 del 25/11/2014, dep. 2015, De Ros, Rv. 261774). E secondo cui deve essere considerato errore sulla legge penale, come tale inescusabile, sia quel che cade sulla struttura del reato, sia quello che incide su norme, nozioni e term propri di altre branche del diritto, introdotte nella norma penale ad integrazi della fattispecie criminosa, dovendosi intendere per «legge diversa dalla legg penale>> ai sensi dell’art. 47 cod. pen. quella destinata in origine a regolare porti giuridici di carattere non penale e non esplicitamente incorporata in norma penale, o da questa non richiamata anche implicitamente (cfr. Sez. 4, n. 14011 del 12/02/2015, Bucca, Rv. 263013 che ha affermato che l’art. 76 d.lgs. n. 115 del 2002, che disciplina la materia del patrocinio a spese dello Stato e espressamente richiamato dalla norma incriminatrice di cui all’art. 95 stesso d.lg non costituisce legge extrapenale).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrent pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissiuile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am mende.
Così deciso il 07/10/2025