Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 24926 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 24926 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/05/2025
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 665/2025
NOME COGNOME
UP Ð 27/05/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 10082/2025
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nata a Milano il 17 aprile 1976
avverso la sentenza del 16 ottobre 2024 della Corte dÕappello di Caltanissetta;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la memoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria depositata il 19 maggio 2025 dallÕavv. NOME COGNOME il quale, anche in replica alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, ha
insistito per lÕaccoglimento del ricorso.
Oggetto dellÕimpugnazione è la sentenza con la quale la Corte dÕappello di Caltanissetta, confermando la condanna pronunciata in primo grado, ha ritenuto
NOME COGNOME responsabile del reato di cui allÕart. 76 d.P.R. 445 del 2000 (in relazione allÕart. 483 cod. pen.), per aver falsamente dichiarato di aver soddisfatto tutti gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e per aver fornito una descrizione della struttura proposta per lÕaccoglienza di ventiquattro migranti non conforme allÕeffettivo stato dei luoghi.
Il ricorso, proposto nellÕinteresse dellÕimputata, si compone di quattro motivi dÕimpugnazione.
2.1. Il primo deduce, sotto i profili dellÕinosservanza di norma processuale e del connesso vizio di motivazione, la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, in conseguenza del diverso dato temporale accertato in sentenza rispetto a quanto contestato nel capo dÕimputazione.
2.2. Il secondo, formulato sotto i profili della violazione di legge e del connesso vizio di motivazione, deduce la mancanza dellÕelemento soggettivo, che i giudici di merito avrebbero desunto dalla sola sottoscrizione della dichiarazione; un dato formale che, invece, sostiene la difesa, doveva essere letto alla luce del ruolo assunto allÕinterno della procedura dalla Castronovo, la quale, in ragione della complessitˆ della procedura, aveva delegato lÕistruttoria della pratica ad uno staff progettuale, affidandosi ai relativi accertamenti. Tanto più alla luce delle regolari verifiche predisposte dalla stazione appaltante.
2.3. Il terzo motivo, anche questo formulato sotto i profili della violazione di legge e del connesso vizio di motivazione, invoca lÕapplicazione della causa di non punibilitˆ di cui allÕart. 131cod. pen., illogicamente esclusa nonostante la dedotta rivisitazione critica da parte dellÕimputata che, autonomamente e prima di ogni provvedimento sanzionatorio da parte della stazione appaltante, avrebbe rinunciato a partecipare alla gara.
2.4. Il quarto, in ultimo, attiene al trattamento sanzionatorio e deduce lÕomessa valutazione delle circostanze evidenziate dalla difesa, ai fini di una rideterminazione della pena irrogata, e la mancanza di motivazione della quantificazione dellÕaumento di pena indicato a titolo di continuazione interna tra le due condotte di reato.
Il primo motivo è infondato.
In linea di principio, la diversa indicazione della data del commesso reato, allorchŽ non comporti alcuna significativa modifica della contestazione e non incida sulla possibilitˆ di individuazione del fatto da parte dell’imputato e sul conseguente
esercizio del diritto di difesa, non rappresenta una modifica del capo di imputazione rilevante ai sensi dellÕart. 516 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 48879 del 17/09/2018, L., Rv. 274159).
Sebbene, infatti, non sia possibile affermare in linea astratta che la data rappresenti un elemento accessorio dell’imputazione (non potendosi escludere che, in determinate fattispecie, l’esatta collocazione temporale di un fatto delittuoso possa assumere rilevanza persino decisiva ai fini della relativa individuazione e, per l’effetto, di un’eventuale ipotesi di colpevolezza, condizionando le possibilitˆ di difesa dell’imputato), si tratta di verificare, caso per caso, l’incidenza della modifica del dato temporale della contestazione nell’economia complessiva del fatto. Ed è onere della parte, in termini di specificitˆ della prospettazione, sostanziare un eventuale rilevanza della data nella consumazione delle condotte; onere che in concreto non risulta adempiuto, essendo stata dedotta – la rilevanza del dato temporale – solo in termini di astratta potenzialitˆ.
DÕaltronde, per come rilevato nella sentenza impugnata, da un canto, la produzione documentale offerta dalla difesa nel corso del giudizio (con la quale lÕimputata, prendendo atto dei rilievi formulati dalla Prefettura di Caltanissetta, ne aveva ammesso la fondatezza, manifestando la volontˆ di ritirare la domanda di partecipazione alla gara) permette di desumere che lÕimputata abbia correttamente contestualizzato le condotte contestate; dallÕaltro le deposizioni in rese in giudizio dei testi hanno omesso ogni riferimento alla (erronea) indicazione dell’annualitˆ di riferimento nel capo di imputazione, avendo avuto per oggetto solo l’iter attraverso il quale, nell’ambito dell’associazione RAGIONE_SOCIALE, venivano esitate le domande di partecipazione alle procedure aperte e alle gare di appalti di servizi. E ci˜ anche nell’esplorazione di argomenti a difesa, tutti privi di riferimenti concreti a precise circostanze di tempo, di luogo e di persona, incidenti sulla ricostruzione dei fatti per cui si procede. E sotto tale profilo, è appena il caso di ribadire che a questa Corte è preclusa ogni rivalutazione del dato probatorio (pur invocato dalla difesa, peraltro attraverso la riproduzione di un mero stralcio del verbale dÕudienza, in violazione del principio di autosufficienza).
Il secondo motivo, invece, è indeducibile, in quanto genericamente formulato e, comunque, articolato in fatto.
Va premesso che il reato contestato è configurato, normativamente, in termini di dolo generico; un profilo soggettivo che si sostanzia nella volontˆ cosciente e non coartata di compiere il fatto (rendendo la dichiarazione sostitutiva), nella consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero (Sez. 2, n.
47867 del 28/10/2003, Ammatura, Rv. 227078; Sez. 3, n. 44097 del 3/5/2018, I., Rv. 274126).
Ebbene, entrambi i giudici di merito, concordemente, facendo corretta applicazione di tali principi, hanno ritenuto che la COGNOME fosse pienamente consapevole della falsitˆ di quanto dichiarato. In questi termini:
la sottoscrizione apposta in calce alla dichiarazione, circostanza dalla quale, logicamente, è desumibile la piena condivisione del relativo contenuto, a prescindere da quanto delegato nella fase propedeutica alla presentazione dellÕistanza;
il vantaggio conseguito dall’aggiudicazione, dato, in sŽ, non escluso dai controlli predisposti dalla stazione appaltante, che, in quanto solo possibili, lasciavano astrattamente aperta la logica possibilitˆ di un intento fraudolento;
le specifiche conoscenze derivanti dallÕincontestata esperienza professionale dellÕimputata;
-le circostanze riferite dai testi escussi nel corso dellÕistruttoria dibattimentale, che hanno dato di come le domande di partecipazione, corredate dalla documentazione a supporto, venivano sottoposte al vaglio dell’imputata la quale, prima di sottoscriverle, era solita informarsi, discutere con gli altri associati e controllare la documentazione;
i molteplici atti e le plurime diffide inviate dall’INPS di Agrigento (acquisiti al fascicolo del dibattimento) e il ricorso a risorse finanziarie esterne (necessarie per “sbloccare” un finanziamento statale), in sŽ chiaramente significative della piena consapevolezza dellÕesistenza di un debito contributivo e, con esso, della piena consapevolezza della falsitˆ della relativa dichiarazione;
lÕoggettiva ed immediatamente percepibile difformitˆ dello stato di fatto dei locali offerti per l’ospitalitˆ dei migranti rispetto agli elaborati planimetrici allegati alla domanda.
A fronte di ci˜, la ricorrente ribadisce la necessitˆ di una differente valutazione del ruolo da lei assunto e lÕerroneitˆ (di parte) degli argomenti logici invocati dai giudici di merito. Tanto, per˜, significa censurare la valutazione della prova, non la motivazione che di essa ne danno i giudici di merito; significa chiedere a questa Corte una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, articolata sulla base dei diversi parametri di ricostruzione e valutazione, dimenticando i limiti propri del sindacato riservato a questa Corte, che non è chiamata a verificare l’intrinseca adeguatezza delle argomentazioni offerte dal giudice di merito, scegliendo tra diverse possibili ricostruzioni, ma al solo riscontro dell’esistenza, della non manifesta illogicitˆ e della coerenza dellÕapparato argomentativo, valutato nel suo complesso, sui vari punti della decisione impugnata ( , Sez. 6, n. 49970 del
19/10/2012, Muiˆ ed altri, Rv. 254107; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, Rv. 260841).
DÕaltronde, come correttamente evidenziato dal Procuratore generale, nel caso di specie non risulta delegata una specifica funzione giuridicamente rilevante verso terzi (ipotesi nella quale potrebbe astrattamente ipotizzarsi profili di colpa idonei ad escludere la configurazione del dolo generico): la ricorrente, titolare dellÕobbligo dichiarativo, ha liberamente scelto di avvalersi di collaboratori esterni per lÕespletamento dellÕistruttoria, accettando, cos’, il rischio di una possibile difformitˆ tra quanto emerso dallÕistruttoria e il dato reale. Ed in ci˜ la volontarietˆ della condotta, quanto meno in termini di dolo eventuale.
3. Ugualmente indeducibile il terzo motivo di ricorso.
Va premesso che la valutazione della sussistenza degli elementi di cui all’art. 131cod. pen. è il frutto di un potere discrezionale riservato al giudice di merito, sottratto al sindacato di legittimitˆ, se immune da vizi logici e giuridici (Sez. 2, n. 50987 del 17/12/2015, Rv. 265685) e non impone necessariamente la disamina di tutti gli elementi di valutazione indicati nell’art. 133, comma primo, cod. pen., essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, Rv. 274647).
Ebbene, la Corte territoriale ha ritenuto di escludere il riconoscimento della causa di non punibilitˆ evidenziando: a) che il blocco della procedura di affidamento in favore dell’associazione retta dall’imputata è stato il risultato degli accertamenti svolti dalla Prefettura di Caltanissetta e non giˆ frutto di unÕiniziativa della Castronovo, che solo a seguito dell’emersione delle irregolaritˆ e dei rilevi formulati dalla Prefettura ha manifestato la volontˆ di ritirare la domanda; b) che la detta rinuncia non pu˜, in sŽ, ritenersi condotta riparatrice dell’offesa, essendo giˆ state perpetrate le falsitˆ; c) la macroscopica discrepanza del mendacio rispetto all’ingente debito previdenziale accumulato e la radicale difformitˆ della struttura dei locali rispetto alle planimetrie offerte in produzione alla stazione appaltante; d) l’assenza di qualsiasi resipiscenza da parte della COGNOME che, a meri fini liberatori, non ha esitato ad addossare ad altri – segnatamente lo staff a suo supporto, genericamente individuato – la responsabilitˆ per i fatti oggetto del procedimento.
A fronte di ci˜, la difesa si limita ad invocare una nuova valutazione del comportamento assunto dalla ricorrente (giˆ analiticamente valutato dalla Corte territoriale), postulando, quindi, una rivalutazione del dato fattuale posto a fondamento della decisione impugnata, dimenticando, ancora una volta, i limiti propri del sindacato riservato a questa Corte.
Identiche considerazioni anche con riferimento al quarto motivo di censura.
La graduazione della pena presuppone un apprezzamento in fatto e un conseguente esercizio di discrezionalitˆ (ed è, quindi, riservata al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimitˆ, ove non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione: Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Rv. 259142).
Naturale corollario di tale assunto è che il giudice deve dar conto, sia pure sinteticamente, delle singole decisioni adottate nell’esercizio del suo potere discrezionale; onere che pu˜ ritenersi adempiuto allorchŽ il giudice di merito abbia indicato, nel corpo della sentenza, gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell’ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998, Rv. 211582; Sez. 1, n. 3155 del 25/09/2013, dep. 2014, Rv. 258410) ed è tanto meno stringente quanto più la determinazione è prossima al minimo edittale, rimanendo, in ultimo, sufficiente il semplice richiamo al criterio di adeguatezza, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 28852 del 08/052013, Rv. 256464).
Ci˜ premesso, la ricorrente è stata condanna la pena di mesi sei di reclusione (poi ridotta a mesi quattro in ragione del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche). E ci˜ alla luce della duplice falsitˆ posta in essere, del consistente discostamento della situazione rappresentata rispetto a quella reale e della condotta processuale dell’appellante (che ha inteso addebitarsi solo un mero comportamento di leggerezza, tentando di addossare al proprio staff la responsabilitˆ delle sue dichiarazioni).
Ebbene, a prescindere dalla genericitˆ della censura afferente alla concreta determinazione del trattamento sanzionatorio, la Corte territoriale (aderendo alle valutazioni offerte in primo grado), nel richiamare lÕapplicazione dei criteri di cui allÕart. 133 cod. pen., ha dato atto delle ragioni per le quali è giunta a determinare la pena: la motivazione esiste e non è nŽ manifestamente illogica, nŽ contraddittoria e, nella sua ÒintensitˆÓ, alla luce di quanto osservato in precedenza, coerente con lÕentitˆ della pena irrogata (ampiamente inferiore al medio edittale).
In ultimo, manifestamente infondata è la censura afferente alla determinazione dellÕasserito aumento irrogato a titolo di continuazione: il reato è unico in quanto unica è la dichiarazione resa e tanto, logicamente, esclude lÕapplicabilitˆ della disciplina di cui allÕart. 81 cod. pen. (pur, incongruamente, richiamato nel capo dÕimputazione). Ed in questi termini la concreta determinazione della pena irrogata, dove la duplice falsitˆ non è stata ritenuta dato fattuale fondante lÕipotizzata pluralitˆ di condotte, ma solo un elemento valutato ai sensi dellÕart. 133 cod. pen. ai fini della quantificazione della pena.
Alla luce di quanto considerato, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cos’ deciso il 27 maggio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME