Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 24999 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 24999 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a LOCRI il 14/08/1976
avverso la sentenza del 12/12/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME il quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
Lette le conclusioni scritte della difesa del ricorrente COGNOME COGNOME assistito dall’avv.to NOME COGNOME la quale ha depositato memoria di replica insistendo per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.NOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria che, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Reggio Calabri ha rideterminato nei suoi confronti la pena nella misura di anni due di reclusi ed euro seicento di multa per il reato di cui all’art. 95 Dpr 115/2002, per l’imputato esposto falsi dati reddituali nella sua istanza depositata in data 26 2016 davanti al Tribunale di Sorveglianza di Reggio Calabria per ottenere l’am missione al patrocinio a spese dello Stato in relazione a redditi maturati nel c dell’anno 2015. La Corte di appello ha confermato il giudizio di responsabilità carico dell’COGNOME evidenziando che, all’esito degli accertamenti delegati alla Guardia di Finanza il reddito familiare accertato, con riferimento all’anno di imp 2015, si attestava in misura superiore ad euro 21.000,00, a fronte dell’importo euro 9.805 indicato nell’autocertificazione dell’istante; rilevava, inoltre, sull della deposizione del teste COGNOME, che una rilevante porzione del reddito familiare accertato si riferiva a prestazioni a sostegno del reddito erogate in fav COGNOME NOME, moglie dell’istante. Evidenziava inoltre che i profili reddituali, tratti dalla documentazione acquisita dall’anagrafe tributaria e sui cui aveva de sto il teste qualificato, non risultavano smentite dalle produzioni documentali (CU rilasciato dall’INPS) prodotto dall’AMATO che attestava la percezione da parte della COGNOME di trattamenti a sostegno del reddito inferiori a quelli accertati, in quanto la suddetta documentazione non era in grado di smentire la contestuale percezione di trattamenti integrativi o supplementari come asserito dal te escusso. Escludeva poi l’esistenza di un errore scusabile in quanto si trattav elementi reddituali percepiti da prossimi congiunti dell’imputato e non risult alcun difetto di controllo, determinato da fattori oggettivi, idonei a interferir capacità dell’AMATO di rappresentarsi l’esatto ammontare dei redditi familiari. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2. La difesa di NOME Leonardo ha avanzato quattro motivi di ricorso.
2.1. Con il primo deduce violazione di legge e difetto di motivazione con rifer mento al rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimenta sensi dell’art.603 comma 2 cod. proc. pen. onde provvedere all’acquisizione d documentazione fiscale (modelli Cud concernenti il trattamento di sostegno al red dito percepito dalla RAGIONE_SOCIALE in relazione all’anno di imposta 2015), assumendo l’erroneità dei dati fiscali declinati dal teste COGNOME nel corso della deposizio per ragioni di omonimia o di sovrapposizione di prestazioni erogate dall’INPS all’AMATO, imputabili a diversi trattamenti, in quanto in contrasto con la docu mentazione utilizzata dal ricorrente per compilare l’autocertificazione c
evidenziavano le prestazioni erogate dall’INPS in favore della moglie in euro 4.022,49 e non in euro 10.782 come attestato dal testimone COGNOME. Tale rilevante differenza, che non era giustificata alla stregua dei documenti allegati, imponeva l’integrazione probatoria, sia al fine di verificare le condizioni per l’ammissione al beneficio, sia per dimostrare l’erroneo convincimento dell’AMATO determinato da un difetto di controllo non addebitabile al prevenuto.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso deduce violazione di legge in relazione agli artt.42 e 47 cod. pen., 79 e 95 dPR n.115/2002 nella parte in cui il giudice distrettuale aveva riconosciuto il dolo generico dell’AMATO nella rappresentazione del reddito rilevante ai fini dell’ammissione al beneficio, non considerando, come sopra indicato, l’evenienza di una distorta rappresentazioni di circostanze fattuali, non riconducibili a un difetto di vigilanza dell’Amato, tale da determinare una impossibilità per il ricorrente di conoscere le voci reddituali da inserire (errore da parte della pubblica amministrazione, sovrapposizione di dati fiscali determinanti confusione o errore sulla effettiva consistenza dell’entrata).
2.3. Con una terza articolazione deduce difetto di motivazione in relazione agli artt.79 e 95 dPR n.115/2002, 125 comma 3 e 192, 195, 530 e 546 comma 1 lett.e) cod. proc. pen. con riferimento alla ritenuta correttezza dei dati reddituali forniti dal teste COGNOME in ragione della contraddittorietà di tali emergenze con i dati contenuti nella certificazione rilasciata dall’INPS alla BEVILACQUA, attestante le somme percepite dalla moglie dell’odierno ricorrente in relazione all’anno di imposta 2015 a titolo di prestazioni previdenziali a sostegno del reddito, risultando un rilevante scostamento, prospettandosi l’erroneità dei dati forniti dall’appartenente alla G.d.F., forse per ragioni di omonimia o sovrapposizione di elementi documentali, oltre ad avere considerato tra gli elementi reddituali la somma di euro 1.736 percepita dalla figlia a titolo di pensione non imponibile, laddove i giudici distrettuali non si erano confrontati con la documentazione, di segno contrario, di cui non era stata ammessa la produzione, né aveva spiegato le ragioni per cui era stato dato maggiore credito alle risultanze dell’anagrafe tributaria.
2.4. Con una quarta articolazione assume violazione di legge, anche processuale e difetto di motivazione in relazione agli artt.79 e 95 dPR n.115/2002, 125 comma 3 e 192, 195, 530 e 546 comma 1 lett.e) cod. proc. pen. laddove il ricorrente aveva indicato, a fini autocertificativi nella prospettiva di accedere al patrocinio a spese dello Stato, tutti i redditi prodotti dalla moglie COGNOME NOME nell’anno 2015 come da attestazione documentale del datore di lavoro del coniuge, mentre la verifica dell’elemento soggettivo del reato era stata condotta con riferimento a dati di cui il ricorrente contestava la rispondenza a verità e che comunque assumeva essere dallo stesso ignoti o comunque erronei o travisati; pertanto il giudice distrettuale avrebbe dovuto misurarsi con tali deduzioni e non limitarsi ad
affermare che trattandosi di errore inescusabile in quanto si trattava di errore su elementi normativi della fattispecie incriminatrice espressamente dalla stessa richiamati, laddove il ricorrente aveva indicato gli elementi reddituali riferiti all moglie, ma assumeva un errore nella loro individuazione o quantificazione, errore allo stesso non imputabile.
Il PG ha concluso chiedendo pronunciarsi la inammissibilità del ricorso.
5.1 La difesa del ricorrente ha depositato memoria di replica con la quale ha contrastato le conclusioni del PG insistendo nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere rigettato nel suo complesso in quanto infondato.
Il primo motivo di ricorso si presenta manifestamente infondato laddove il giudice distrettuale, dopo avere esaminato la censura svolta dall’AMATO in atto di appello, con la quale si assumeva il contrasto tra le certificazioni INPS concernenti le prestazioni a sostegno del reddito percepite dal nucleo familiare dell’AMATO con le risultanze tratte dalla Guardia di Finanza dalla verifica incrociata dei dati attinti presso l’Anagrafe Tributaria e presso l’INPS, non ha smentito le risultanze delle certificazioni INPS esibite dal ricorrente, ma ha ritenuto che le stesse non esaurivano le prestazioni assicurate al nucleo familiare dell’AMATO in relazione all’anno di imposta di riferimento, comprese le prestazioni a sostituzione e a integrazione del reddito (quali somme percepite da enti territoriali, a titolo di indennità di maternità e disoccupazione del coniuge, trattamento pensionistico per la figlia), prestazioni che andavano a sommarsi a quelle riferite alla persona del richiedente.
A fronte di tale argomentazione, la rinnovazione parziale del dibattimento, ai fini della materiale acquisizione delle certificazioni INPS esibite dall’AMATO nel giudizio di merito, risultava pertanto priva dei presupposti dell’assoluta necessità ai sensi dell’art.603 comma 2 cod. proc. pen.
La rinnovazione, ancorché parziale, del dibattimento ha carattere eccezionale e può essere disposta solo qualora il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti. Ne deriva che mentre la rinnovazione deve essere specificamente motivata, occorrendo dare conto dell’uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non potere decidere allo stato degli atti, nel caso, viceversa, di rigetto, la relativa motivazione può essere anche implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in senso positivo o negativo sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (Sez. 5, n. 15320 del 10/12/2009 Ud. (dep. 21/04/2010) Rv. 246859 – 01).
Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso in quanto meramente propositivo di censura già esaminata dal giudice di appello e disattes con argomenti non manifestamente illogici e contraddittori e comunque che non hanno formato oggetto di specifica analisi censoria da parte del ricorrente.
La giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto rilevanza redditual al sussidio pubblico erogato per sopperire alle condizioni di difficoltà e nomiche del beneficiario, trattandosi di erogazione sostitutiva del r dito (sez. 4, n.34864 del 16/03/2017, Rv. 270753 – 01), così come rilevanza reddituale è stata attribuita alle somme percepite a titolo di invalidità, tratt anche in questo caso di erogazione che supplisce l’assenza di un reddito in ragion della impossibilità per il beneficiario di conseguire emolumenti per l’incapacit svolgere la prestazione lavorativa, (Sez. 4, n. 26258 del 15/02/2017, COGNOME, Rv.270201 – 01; n. 23223 del 9.2.2016, dep. 1.6.2016, Mandato, n.m., ove si rammenta che in tal senso si è espressa, sia pure con riferimento agli artt. 3 della legge 30 luglio 1990, n. 217, la Corte cost. con sentenza n. 144/1992).
Negli stessi termini, si è recentemente espressa altra Sezione di questa Cort riaffermando che “qualsiasi introito che l’istante percepisce con caratteri di occasionalità confluisce nel formare il reddito personale, ai fini della valutaz del superamento del limite indicato nel D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76 del DP 115 del 2002″(Sez. 4, n. 28810 del 10/05/2023, COGNOME, Rv. 284808 – 01). Invero il concetto di reddito imponibile ai fini del sistema tributario attiene alla p fiscale dello Stato, ed ha pertanto contenuti, significati e finalità del tutto da quelle valutabili ai fini dell’accertamento che deve compiersi per la concessio del patrocinio legale a spese dello Stato medesimo.
2.1. E’ pacificamente acquisito dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema il principio secondo il quale integrano il delitto di cui al d.P.R. n. 115 del 200 95, le false indicazioni e le omissioni anche parziali dei dati di fatto riportat dichiarazione sostitutiva di certificazione e in ogni altra dichiarazione previst l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dalla effetti sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio (cfr. sez 27/11/2008, Infanti, Rv. 242152; Sez. 4, 18/09/2015, COGNOME, Rv. 264711; Sez. 4, 11/07/2018, ud. 11/07/2018, n.47760). Nel caso di specie, i giudici di meri con valutazione conforme hanno specificamente indicato gli elementi di fatto comprovanti la responsabilità dell’imputato che aveva omesso di indicare l’ammontare complessivo del reddito del nucleo familiare. La Corte di appello ha inoltre da atto di aver valutato la documentazione allegata dalla difesa ritenendola non id nea a smentire l’assunto accusatorio in considerazione delle ulteriori voci di red riconducibili al nucleo familiare. La difesa lamenta la erroneità dei dati indicati teste COGNOME le cui dichiarazioni, tuttavia, sono state assunte nel contraddit
delle parti e rivalutate anche dalla Corte di appello alla luce delle doglianze difen- sive laddove i giudici di merito hanno indicato la percezione da parte del nucleo
familiare dell’AMATO di un serie di indennità a sostegno del reddito, oltre a voci prettamente reddituali, in relazione alle quali il ricorrente non ha avanzato nessuna
specifica contestazione.
4. Quanto all’elemento soggettivo del reato, cui si riferiscono il secondo e il quarto motivo di ricorso, la Corte territoriale ha evidenziato che l’imputato ha vo-
lontariamente omesso di dichiarare i redditi percepiti, avendone piena conoscenza trattandosi di redditi personali, familiari e di rilevante entità. Giova ricordare che
la Corte di legittimità ha ribadito la necessità di indagare e accertare rigorosa- mente il dolo generico e, dunque, verificare se il dichiarante abbia voluto, con
coscienza e volontà, alterare un dato ai fini di falsificarlo. Tale accertamento si impone in modo rigoroso in quanto se, dal punto di vista oggettivo, il reato di falso
rileva a prescindere dall’essere al di sotto della soglia rilevante ex lege, è pur vero che occorre verificare se il dichiarante versi in un’ipotesi di falso documentale col-
poso ovvero abbia attuato una condotta dolosa (Sez. 4, n.37144 del 5/06/2019, rv. 277129; Sez. 4, n.7192 del 11/01/2018, Rv. 272192; Sez. 4, n.45786 del 4/05/2017, Rv. 271051).
4.1 Tale indagine è stata congruamente condotta dai giudici del merito, avendo sia la Corte territoriale che il giudice di prime cure desunto dalla condotta dell’imputato, dalle dichiarazioni auto-certificative presentate, e dall’entità del reddito di natura personale e familiare omesso, la volontarietà e consapevolezza della condotta omissiva. Si tratta di un percorso argomentativo del tutto idoneo a supportare la conclusione per cui l’omissione fosse realmente espressiva di deliberato mendacio o reticenza sulle effettive condizioni reddituali. Per contro la tesi difensiva volta a sostenere che l’imputato fosse stato indotto in errore dalla documentazione INPS è meramente ipotetica e non idonea a scalfire la motivazione resa dai giudici di merito.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 7 maggio 2025.