Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21019 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21019 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 31/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MESSINA il 14/05/1964
avverso la sentenza del 27/06/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Premesso che è stata impugnata la sentenza della Corte di appello di Torino del 27 giugno 2024, che, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Torino il 23 novembre 2023, ridotto l’importo della confisca ad euro 118.635, confermando la condanna ad anni uno di reclusione formulata in primo grado a carico di NOME COGNOME ritenuto colpevole del reato e art. 4 del d. Igs. n. 74 del 2000, commesso in Torino il 30 settembre 2015.
Letta la memoria trasmessa il 23 gennaio 2025 dall’avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia del ricorrente, che ha chiesto di dichiarare ammissibile il ricorso.
Rilevato che il primo motivo di ricorso, con il quale si censura la conferma del giudizi colpevolezza dell’imputato, è manifestamente infondato, in quanto generico e volto a prefigurare una rivalutazione alternativa delle fonti probatorie, a fronte dell’adeguata ricostruzione ope dai giudici di merito, i quali hanno valorizzato gli esiti della verifica fiscale eseguita nei dell’impresa “RAGIONE_SOCIALE” amministrata dall’imputato, verifica dalla quale è em che nella delibera dell’assemblea dei soci tenuta il 21 luglio 2014 è stata prevista la possi del finanziamento dei soci per importi non giustificabili in relazione alla consistenza dell’at essendosi dunque in presenza di uno strumento volto a frodare il Fisco, tanto è vero che pure nel successivo anno di imposta (2015), la società ha fatto ricorso allo stesso strumento, per c legittimamente è stata ritenuta infedele la dichiarazione fiscale riferita al 2014.
Ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata risulta sorretta da considerazioni razional cui la difesa contrappone differenti apprezzamenti di merito, che tuttavia non sono consentiti sede di legittimità (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601).
Considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta la violazione dell’art. cod. pen., è anch’esso manifestamente infondato: ed invero, premesso che nell’atto di appello non è stata 1,£hiesta la sospensione condizionale, invocata solo nei motivi aggiunti, occorre 4.441.4 comunque n lthe la Corte di appello, nel confrontarsi con la richiesta difensiva, ha spiegato l’imputato, nei due giudizi di merito, non ha mai manifestato la sua non opposizione a svolger attività non retribuita in favore della collettività, risultando tale impostazione coerent principio formulato, sia pure in termini non omogenei, da questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 26259 d 10/05/2018, Rv. 273320), secondo cui la sospensione condizionale della pena subordinata all’obbligo di prestazione di attività non retribuita a favore della collettività necess opposizione dell’imputato che deve risultare da una espressa manifestazione dello stesso, non potendo desumersi da atti del difensore, anche quando il beneficio previsto dall’art. 163, c pen. è concesso a persona che ne abbia già usufruito.
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e rileva declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,
pagamento delle spese del procedimento, nonché quello del versamento della somma, in f della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese pro della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 31 gennaio 2025.