Dichiarazione Infedele: La Cassazione Conferma la Condanna e Spiega l’Inammissibilità del Ricorso
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui reati tributari, in particolare sulla dichiarazione infedele e sull’occultamento di scritture contabili. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore, confermando la sua condanna e delineando con precisione i confini della prova del dolo e i limiti dell’impugnazione.
I Fatti del Caso: Omissioni Contabili e Fatture Occultate
Il caso riguarda un imprenditore condannato dalla Corte d’Appello per due distinti reati tributari previsti dal D.Lgs. 74/2000:
1. Dichiarazione infedele (Art. 4): Per aver omesso di indicare elementi attivi per quasi 1.7 milioni di euro, relativi a beni acquistati e rivenduti in contanti. Questa modalità operativa, secondo l’accusa, rendeva le transazioni non tracciabili e mirava a sottrarre tali somme all’imposizione fiscale.
2. Occultamento o distruzione di scritture contabili (Art. 10): Per aver nascosto fatture commerciali la cui esistenza era stata provata tramite il sistema di controllo europeo VIES, ma che non sono state trovate durante la verifica fiscale.
L’imprenditore ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la correttezza delle motivazioni della sentenza d’appello.
I Motivi del Ricorso: Una Difesa Contro l’Accusa di Dichiarazione Infedele
La difesa dell’imprenditore si è concentrata su tre punti principali:
* Assenza di dolo specifico: L’imputato sosteneva che non fosse stata adeguatamente provata la sua intenzione specifica di evadere le imposte, elemento necessario per configurare il reato di dichiarazione infedele.
* Responsabilità per l’occultamento: Contestava l’attribuzione della responsabilità per la mancata conservazione delle fatture, suggerendo che l’aver affidato la contabilità a un professionista esterno lo esonerasse da colpe.
* Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Richiedeva l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, negate dai giudici di merito.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Le motivazioni della decisione sono fondamentali per comprendere l’orientamento della giurisprudenza in materia di reati tributari.
Inammissibilità per Motivi Ripetitivi
Il primo punto, dirimente, è che la Corte ha qualificato i motivi del ricorso come meramente ‘riproduttivi’. In altre parole, l’imprenditore si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte in modo logico e giuridicamente corretto dalla Corte d’Appello, senza sollevare reali vizi di legittimità della sentenza impugnata. Questo rende, di per sé, il ricorso inammissibile.
La Prova del Dolo Specifico nella Dichiarazione Infedele
Per quanto riguarda la dichiarazione infedele, la Cassazione ha confermato che la prova del dolo specifico di evasione era stata correttamente desunta da elementi oggettivi. L’omessa indicazione di un importo così ingente (quasi 1.7 milioni di euro) e, soprattutto, l’utilizzo sistematico del contante per operazioni commerciali, sono stati considerati elementi sufficienti a dimostrare la volontà non solo di non dichiarare, ma proprio di evadere il fisco rendendo l’operazione non tracciabile.
L’Occultamento delle Scritture Contabili
Anche sul reato di occultamento di documenti contabili, la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito. La prova dell’esistenza delle fatture era certa (grazie al sistema VIES), mentre la loro assenza presso l’emittente durante un controllo fiscale configura il reato. La Corte ha ribadito un principio importante: affidare la gestione della contabilità a un commercialista o a un consulente non esonera l’imprenditore dalla sua responsabilità penale per la corretta conservazione dei documenti fiscali.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Infine, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la decisione di negare le circostanze attenuanti generiche. Tale valutazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito e, se motivata adeguatamente (come in questo caso, in ragione del danno all’erario e della pluralità delle condotte illecite), non può essere sindacata in sede di legittimità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
L’ordinanza ribadisce alcuni principi chiave in materia di reati fiscali. Innanzitutto, un ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni già discusse nei gradi di merito. In secondo luogo, la prova del dolo specifico di evasione può essere dedotta da comportamenti concludenti, come l’uso di contanti per occultare operazioni. Infine, la responsabilità per la corretta tenuta delle scritture contabili grava sempre sull’imprenditore, anche quando si avvale di professionisti esterni. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
Quando un ricorso in Cassazione per reati tributari viene considerato inammissibile?
Secondo la sentenza, un ricorso è inammissibile quando si limita a riproporre le stesse censure già adeguatamente esaminate e respinte dal giudice di merito, senza introdurre nuovi profili di legittimità.
Come viene provato il dolo specifico nel reato di dichiarazione infedele?
La Corte ha stabilito che il dolo specifico di evasione fiscale può essere provato dall’omessa indicazione di ingenti elementi attivi (in questo caso, quasi 1.7 milioni di euro) derivanti da operazioni in contanti, rendendo le transazioni non tracciabili e nascondendo l’imponibile.
Affidare la contabilità a un professionista esclude la responsabilità penale per l’occultamento di fatture?
No, la sentenza chiarisce che l’aver affidato la tenuta della contabilità a un professionista non esclude la responsabilità dell’imprenditore per l’occultamento o la distruzione di documenti contabili, come le fatture.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46415 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46415 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 08/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FORNOVO DI TARO il 24/04/1960
avverso la sentenza del 18/01/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il primo motivo di ricorso di COGNOME Giovanni che contesta la N/ correttezza della motivazione posta/base della sussistenza del dolo specifico del reato di cui all’art. 4 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, è inammissibile perché riproduttivo di profilo di censura già adeguatamente vagliato e disatteso dal giudice del merito con argomenti giuridici corretti in diritto, là dove hanno rilevato l’omessa indicazione di elementi attivi per C 1.699.107,00 relativi a beni acquisitati e rivenduti in contanti così da rendere l’operazione commerciale non tracciabile e da non rendere palese anche l’ammontare sottratto all’imposizione fiscale, da cui la prova del dolo specifico del reato di dichiarazione infedele.
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso che contesta la correttezza della motivazione posta a base dell’affermazione della responsabilità per il reato di cui all’art. 10 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 è inammissibile perché riproduttivo di profilo di censura già adeguatamente vagliato e disatteso in modo corretto in diritto là dove la corte territoriale ha argomentato l’istituzione delle scritture contabili stante la prova dell’emissione delle fatture commerciali attraverso il sistema VIES, da cui l’occultamento delle stesse non rivenute in sede di verifica fiscale, in quanto il mancato rinvenimento della copia presso l’emittente è conseguente alla loro distruzione o omissione, in un contesto nel quale l’aver affidato la tenuta della contabilità ad un professionista non esclude il reato.
Ritenuto che il diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche è stato argomentato in ragione della presenza di più elementi di segno negativo (danno arrecato all’erario e pluralità di condotte reiterate nel tempo). Come questa Corte ha più volte affermato, le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all’imputato, in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull’apprezzamento dell’entità del reato e della capacità a delinquere dello stesso, sicché il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo (Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, Gallo e altri, Rv. 252900). Non di meno, il riconoscimento o meno di tale circostanza è un giudizio di fatto che compente alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, in presenza di congrua motivazione.
Rilevato che pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 1’08 novembre 2024
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Il Presidente