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Dichiarazione infedele: limiti alla riqualificazione

Un imprenditore, inizialmente condannato per omessa dichiarazione IVA, ha visto il suo reato riqualificato in dichiarazione infedele dalla Corte d’Appello. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza, ritenendo la riqualificazione illegittima in quanto modifica sostanzialmente il fatto storico contestato, da un reato puramente omissivo a uno commissivo. Nonostante ciò, il reato è stato dichiarato estinto per prescrizione, portando all’annullamento senza rinvio della condanna.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazione Infedele vs Omessa: La Cassazione Fissa i Paletti sulla Riqualificazione del Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 28549/2025) ha fatto luce su un aspetto cruciale del diritto penale tributario: i limiti entro cui un giudice può modificare l’accusa originaria. Il caso riguardava un imprenditore accusato di omessa dichiarazione, la cui condotta è stata poi ridefinita come dichiarazione infedele in appello. Questa decisione mette in evidenza la netta differenza tra un reato omissivo e uno commissivo, e le conseguenze procedurali di una loro errata intercambiabilità.

I Fatti del Caso: da Omissione a Infedeltà

La vicenda processuale ha origine dalla contestazione di due reati tributari a carico dell’amministratore di una società. Il primo, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000, era l’omessa presentazione della dichiarazione IVA per l’anno 2011. Il secondo era l’omesso versamento dell’IVA per l’anno 2013, ai sensi dell’art. 10-ter dello stesso decreto.

In primo grado, l’imprenditore era stato condannato per entrambi i capi d’imputazione. Successivamente, la Corte di Appello ha riformato parzialmente la sentenza: ha dichiarato prescritto il reato di omesso versamento e, soprattutto, ha riqualificato il primo reato. Secondo i giudici d’appello, l’imprenditore non aveva omesso tout court la presentazione della dichiarazione, ma ne aveva trasmessa una incompleta. Pertanto, la condotta non integrava il reato omissivo di cui all’art. 5, bensì quello commissivo di dichiarazione infedele previsto dall’art. 4.

La Decisione della Cassazione e la Riqualificazione della dichiarazione infedele

L’imprenditore ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, proprio l’illegittimità di questa riqualificazione. La Suprema Corte ha accolto questa doglianza, ritenendola fondata.

Il punto centrale della decisione è il principio di correlazione tra accusa e sentenza, secondo il quale il fatto storico addebitato all’imputato deve rimanere identico nel corso di tutto il processo. Il giudice può dare al fatto una diversa qualificazione giuridica, ma non può modificarne gli elementi costitutivi (condotta, evento, elemento psicologico).

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha spiegato che passare da un’accusa di omessa dichiarazione a una di dichiarazione infedele non è una semplice riqualificazione, ma una vera e propria mutazione del fatto.
– L’omessa dichiarazione (art. 5) è un reato omissivo puro: la condotta penalmente rilevante consiste in un non facere, cioè nel non presentare la dichiarazione entro i termini di legge.
– La dichiarazione infedele (art. 4) è un reato commissivo: la condotta consiste in un’azione positiva, cioè nel presentare una dichiarazione che contiene dati falsi o incompleti, indicando elementi attivi inferiori a quelli reali o elementi passivi inesistenti.

Modificare l’accusa in questo modo significa trasformare un comportamento passivo (omissione) in uno attivo (presentazione di un documento falso), alterando la sostanza stessa dell’addebito e ledendo il diritto di difesa dell’imputato, che si era preparato a difendersi da un’accusa di omissione e non di falsificazione.

Le Conclusioni

Nonostante abbia riconosciuto l’illegittimità della riqualificazione, la Corte di Cassazione non ha rinviato il caso per un nuovo giudizio. Ha invece constatato che, anche nella sua nuova veste di dichiarazione infedele, il reato era ormai estinto per l’intervenuta prescrizione. Di conseguenza, la Suprema Corte ha annullato la sentenza di condanna senza rinvio, dichiarando l’estinzione del reato. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: la necessità di una precisa e immutabile contestazione dei fatti, a garanzia del corretto svolgimento del processo e del pieno esercizio del diritto di difesa.

Un giudice può modificare l’accusa da ‘omessa dichiarazione’ a ‘dichiarazione infedele’?
No, secondo la Corte di Cassazione in questa sentenza, tale modifica è illegittima. Cambiare l’accusa da un reato omissivo (non fare qualcosa) a uno commissivo (fare qualcosa di illecito) altera il fatto storico contestato, violando il principio di correlazione tra accusa e sentenza e ledendo il diritto di difesa.

Qual è la differenza fondamentale tra omessa dichiarazione e dichiarazione infedele secondo la sentenza?
L’omessa dichiarazione (art. 5, D.Lgs. 74/2000) è un reato omissivo puro, che si realizza con il semplice mancato invio della dichiarazione fiscale. La dichiarazione infedele (art. 4), invece, è un reato commissivo, che si concretizza con un’azione positiva: la presentazione di una dichiarazione contenente dati non veritieri o incompleti al fine di evadere le imposte.

Qual è stato l’esito finale del processo e perché?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna senza rinvio. Sebbene la riqualificazione del reato fosse stata ritenuta illegittima, la Corte ha rilevato che anche il reato riqualificato di dichiarazione infedele era nel frattempo caduto in prescrizione. Pertanto, il procedimento si è concluso con l’estinzione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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