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Dichiarazione fraudolenta: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per dichiarazione fraudolenta. Il reato consisteva nell’aver utilizzato una fattura per operazioni inesistenti al fine di evadere le imposte. Il ricorso è stato respinto perché ritenuto ‘aspecifico’, ovvero si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza contestare in modo puntuale le motivazioni della sentenza impugnata. La Corte ha confermato la condanna, sottolineando la validità delle prove testimoniali e contabili che dimostravano l’uso della fattura fittizia.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazione Fraudolenta: Quando un Ricorso Diventa Inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29951/2025, ha ribadito un principio fondamentale in materia di impugnazioni penali: la specificità dei motivi di ricorso. Il caso analizzato riguarda una condanna per dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti. La decisione sottolinea come un ricorso meramente ripetitivo delle doglianze già sollevate in appello, senza un confronto critico con la sentenza impugnata, sia destinato a essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Caso

L’amministratore di una società a responsabilità limitata è stato condannato per il reato previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000. Nello specifico, gli è stato contestato di aver inserito nella dichiarazione dei redditi della società (Modello Unico SC 2015, per l’anno d’imposta 2014) una fattura di quasi 5.000 euro per operazioni mai avvenute. Lo scopo era evidente: creare costi fittizi per abbattere l’imponibile e, di conseguenza, evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

La Corte d’appello di Bologna, pur concedendo i benefici della sospensione condizionale e della non menzione, aveva confermato la condanna a un anno di reclusione e ordinato la confisca delle somme illecitamente risparmiate.

La contestazione della dichiarazione fraudolenta in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su un unico motivo: la violazione di legge e la presunta mancanza di prove riguardo all’effettivo utilizzo della fattura falsa nella dichiarazione fiscale. Secondo la difesa, la sentenza d’appello si sarebbe concentrata sull’inesistenza dell’operazione fatturata, ma non avrebbe dimostrato con sufficiente certezza che quel costo fittizio fosse stato effettivamente inserito in dichiarazione e avesse generato un’evasione d’imposta. Si lamentava, inoltre, una motivazione carente su questo punto cruciale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto totalmente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile per ‘aspecificità’. Questo termine tecnico indica che il ricorso non ha adempiuto al suo compito fondamentale: criticare specificamente le ragioni esposte nella sentenza di secondo grado. Invece di contestare punto per punto la motivazione della Corte d’appello, la difesa si è limitata a riproporre le stesse questioni già discusse e respinte.

I giudici di legittimità hanno evidenziato che la Corte territoriale aveva, al contrario, fornito una motivazione adeguata e logica. La prova dell’utilizzo della fattura era emersa chiaramente dalla testimonianza di un funzionario dell’Agenzia delle Entrate. Quest’ultimo aveva spiegato di aver ricostruito l’illecito attraverso un esame incrociato dei dati contabili: la fattura era stata registrata nel mastro ‘lavorazioni conto terzi’ e il suo importo confluiva nel totale dei costi dichiarati. La Corte ha ritenuto questa prova più che sufficiente a dimostrare il nesso tra il documento falso e la dichiarazione fraudolenta.

La motivazione della Corte d’appello è stata giudicata ‘adeguata, congrua e fondata su elementi probatori’ non rivalutabili in sede di legittimità. Il mancato confronto con questa solida argomentazione ha reso il ricorso privo della specificità richiesta dalla legge, conducendo inevitabilmente all’inammissibilità.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre una lezione importante: per avere successo in Cassazione, non è sufficiente lamentare un’ingiustizia o riproporre le proprie tesi. È indispensabile analizzare nel dettaglio la sentenza impugnata e dimostrare, con argomentazioni giuridiche precise, dove e perché il giudice di merito ha sbagliato. Un ricorso che ignora la motivazione della corte precedente e si limita a una sterile ripetizione è destinato al fallimento.

Per l’imputato, le conseguenze sono pesanti: non solo la condanna diventa definitiva, ma si aggiunge anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione di 3.000 euro a favore della Cassa delle Ammende, come previsto per i ricorsi inammissibili.

Cosa si intende per dichiarazione fraudolenta tramite uso di fatture per operazioni inesistenti?
È un reato previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000, che si verifica quando un contribuente, per evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica elementi passivi fittizi (costi non reali) nella propria dichiarazione fiscale, avvalendosi di fatture o altri documenti falsi.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché ‘aspecifico’. L’imputato si è limitato a riproporre le stesse questioni già respinte dalla Corte d’appello, senza confrontarsi criticamente e in modo puntuale con le motivazioni della sentenza impugnata, che invece erano state ritenute logiche e ben fondate.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in Cassazione?
Secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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