LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dichiarazione fraudolenta: prova dell’utilizzo fatture

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per dichiarazione fraudolenta a carico dell’amministratore di una società. La sentenza stabilisce un principio fondamentale: per la configurabilità del reato non è sufficiente la mera ricezione di fatture per operazioni inesistenti, ma è necessaria la prova rigorosa della loro registrazione contabile e del loro effettivo inserimento nella dichiarazione dei redditi. La Corte ha inoltre censurato l’uso, come prova, di un verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza dopo l’emersione di indizi di reato, ritenendolo processualmente inutilizzabile.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazione Fraudolenta: La Prova dell’Utilizzo delle Fatture è Essenziale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 5830/2025) interviene su un tema cruciale del diritto penale tributario: la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. La Corte ha annullato una condanna, sottolineando che l’accusa deve provare non solo la ricezione delle fatture false, ma anche il loro effettivo utilizzo nella dichiarazione dei redditi. Questo principio rafforza le garanzie difensive e definisce con maggior precisione i contorni del reato.

Il Contesto del Caso

L’amministratore unico di una società di sicurezza era stato condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000. L’accusa era di aver inserito, nelle dichiarazioni fiscali relative agli anni 2013 e 2014, elementi passivi fittizi derivanti da fatture per operazioni mai avvenute, al fine di evadere le imposte.

Nonostante la Corte d’Appello avesse concesso le attenuanti generiche e ridotto la pena, aveva comunque confermato la responsabilità penale dell’imputato. L’amministratore, tramite il suo legale, ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sollevando due questioni dirimenti: una sulla prova dell’elemento materiale del reato e l’altra sull’utilizzabilità di alcuni atti di indagine.

I Motivi del Ricorso e la questione sulla dichiarazione fraudolenta

La difesa ha articolato il ricorso su due punti principali:

1. Mancata Prova dell’Utilizzo delle Fatture: Secondo il ricorrente, l’accusa non aveva dimostrato l’effettiva registrazione delle fatture false nella contabilità aziendale e, soprattutto, il loro conseguente inserimento nelle dichiarazioni annuali dei redditi. Senza questa prova, uno degli elementi costitutivi del reato di dichiarazione fraudolenta sarebbe venuto meno.
2. Inutilizzabilità degli Atti di Indagine: La Corte d’Appello aveva basato la sua decisione su un “processo verbale di constatazione” redatto dalla Guardia di Finanza. La difesa ha sostenuto che tale documento non era stato ritualmente acquisito al fascicolo del dibattimento e, pertanto, non poteva essere utilizzato per fondare un giudizio di colpevolezza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, accogliendo le argomentazioni della difesa e annullando la sentenza con rinvio per un nuovo giudizio.

L’Elemento Costitutivo del Reato

La Cassazione ha ribadito che il reato di dichiarazione fraudolenta è un reato “dichiarativo”. Ciò significa che la condotta penalmente rilevante si perfeziona solo nel momento in cui la dichiarazione fiscale, contenente gli elementi fittizi, viene effettivamente presentata all’amministrazione finanziaria. Le attività prodromiche, come la semplice ricezione o anche la registrazione contabile delle fatture false, non sono di per sé sufficienti a integrare il reato.

La Corte ha criticato la motivazione della sentenza d’appello, definendola basata su un “sillogismo manifestamente illogico”. I giudici di merito avevano dedotto l’utilizzo delle fatture dal semplice fatto che fossero state trovate durante una verifica fiscale. Questo, per la Cassazione, non costituisce una prova sufficiente.

L’Inutilizzabilità del Processo Verbale di Constatazione

Sul secondo punto, la Corte ha chiarito i limiti di utilizzabilità del verbale di constatazione. Questo documento, pur essendo un atto amministrativo, può essere acquisito come prova documentale (ex art. 234 c.p.p.). Tuttavia, quando durante la verifica emergono indizi di reato, gli atti successivi devono essere compiuti nel rispetto delle garanzie previste dal codice di procedura penale. La parte del verbale redatta dopo l’emersione degli indizi, se non rispetta tali garanzie, non può essere utilizzata per provare la responsabilità dell’imputato.

La Corte d’Appello non aveva fornito un adeguato chiarimento su questo punto, fondando la propria decisione su un atto la cui piena utilizzabilità era stata contestata.

le motivazioni

Le motivazioni della Cassazione sono radicate nella struttura stessa della fattispecie criminosa e nei principi del giusto processo. Il reato di dichiarazione fraudolenta richiede due condotte congiunte: la registrazione (o conservazione) delle fatture false e il loro successivo inserimento nella dichiarazione. È solo con la presentazione della dichiarazione mendace che si realizza l’offesa al bene giuridico tutelato, ovvero l’interesse dello Stato alla corretta percezione dei tributi. Di conseguenza, la prova deve necessariamente coprire entrambi gli aspetti. Affermare, come aveva fatto la Corte d’Appello, che la presenza delle fatture implica necessariamente il loro utilizzo è una scorciatoia probatoria non consentita, che si traduce in una presunzione di colpevolezza. Analogamente, il rispetto delle regole sull’acquisizione della prova è un cardine dello stato di diritto: non si può fondare una condanna su elementi raccolti in violazione delle norme processuali, che sono poste a garanzia dell’imputato.

le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per l’accusa e per i giudici di merito nei processi per reati tributari. La prova della colpevolezza deve essere rigorosa e completa, investendo tutti gli elementi costitutivi del reato. Non sono ammesse presunzioni o deduzioni illogiche. La decisione riafferma l’importanza di accertare in concreto che i documenti contabili falsi abbiano effettivamente inquinato la dichiarazione fiscale presentata dal contribuente. Inoltre, viene ribadita la necessità di un vaglio attento sull’utilizzabilità processuale degli atti formati in sede di verifica fiscale, distinguendo tra l’attività amministrativa e quella di polizia giudiziaria.

Per configurare il reato di dichiarazione fraudolenta, è sufficiente aver ricevuto fatture per operazioni inesistenti?
No. Secondo la sentenza, il reato si integra solo con la registrazione di tali fatture in contabilità (o la loro conservazione a fini di prova) e, soprattutto, con il loro effettivo inserimento nella dichiarazione annuale dei redditi presentata all’autorità fiscale.

Qual è il momento in cui si consuma il reato di dichiarazione fraudolenta?
Il reato si consuma nel momento della presentazione della dichiarazione fiscale che contiene gli elementi passivi fittizi. Tutte le condotte precedenti, come l’acquisizione e la registrazione delle fatture false, sono considerate preparatorie e penalmente irrilevanti se non seguite dalla presentazione della dichiarazione.

Un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza è sempre utilizzabile come prova in un processo penale?
No, non integralmente. La parte del documento compilata prima che emergano indizi di reato è utilizzabile come prova documentale. La parte redatta successivamente, quando l’attività assume natura di indagine penale, è utilizzabile solo se sono state rispettate le disposizioni e le garanzie del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati