Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5830 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5830 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME MicheleCOGNOME nato a Torre Annunziata il 7/5/1957
avverso la sentenza del 29/4/2024 della Corte d’appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità
del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 29 aprile 2024 la Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del 30 novembre 2022 del Tribunale di Napoli Nord, con la quale NOME COGNOME era stato dichiarato responsabile di due contestazioni del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 (ascrittogli per avere, qua amministratore unico della “RAGIONE_SOCIALE“, indicato, a fine di evasione, nelle dichiarazioni fiscali di tale società relative agli anni di imposta 2013 – capo – e 2014 – capo B – elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture relative operazioni inesistenti), ha riconosciuto all’imputato le circostanze attenuanti generiche, rideterminando conseguentemente la pena in anni uno e mesi nove di reclusione, concedendo contestualmente il beneficio della sospensione condizionale della pena, e confermando, nel resto, la sentenza impugnata.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato NOME COGNOME che lo ha affidato a due motivi.
2.1. In primo luogo, ha eccepito, ai sensi dell’art. 606, primo comma, lett. b), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 perché non sarebbe stato provato un elemento costitutivo del reato, e, segnatamente, l’effettivo utilizzo delle fatture oggettivamente inesistenti, che si realizza quando il contribuente registra le fatture in contabilità e poi le utilizza nella dichiarazione d redditi.
In particolare, il ricorrente afferma che sarebbe emersa esclusivamente la prova dell’avvenuta ricezione delle fatture relative a operazioni inesistenti, mentre non sarebbe stata provata la loro registrazione nella contabilità ed effettiva utilizzazione nelle dichiarazioni, da cui deriverebbe la violazione dell’art. 2 d.lgs n. 74 del 2000 a causa della mancata dimostrazione di un elemento costitutivo del reato.
In secondo luogo, con il medesimo motivo di ricorso, ha censurato, ai sensi dell’art. 606, primo comma, lett. e), cod. proc. pen., l’illogicità della motivazione nella parte in cui è stata ricavata la prova della falsità delle fatture dalla denunci presentata dalla polizia giudiziaria. Tale prova avrebbe, invece, dovuto ricavarsi dalla ricostruzione specifica del libro giornale e del libro mastro; ricostruzione che sarebbe stata omessa.
2.2 Con il secondo motivo ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, primo comma, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 526 cod. proc. pen., nonché, ai sensi dell’art. 606, primo comma, lett. c), cod. proc. pen., l’inosservanza di norme processuali stabilita a pena di nullità, perché la Corte di appello avrebbe utilizzato, ai fini della decisione, atti di indagine che non sarebbero stati ritualmente acquisiti al fascicolo del dibattimento.
In particolare, il ricorrente rileva che, al fine di disattendere, tanto il pr motivo di appello, relativo alla mancata prova della registrazione e dell’utilizzo nelle dichiarazioni delle fatture ritenute relative a operazioni inesistenti, quanto i secondo, relativo all’incertezza in ordine all’esatto ammontare degli elementi passivi fittizi, la Corte di appello avrebbe fatto riferimento ai dati risultanti da documento (una volta qualificato come processo verbale di constatazione, un’altra volta come comunicazione della notizia di reato), che risulterebbe inserito nel fascicolo del dibattimento al solo fine di reperire il nominativo di un funzionario dell’Agenzia delle Entrate da citare come teste, mentre il suo contenuto sarebbe inutilizzabile ad altri fini (sul punto il ricorrente ha allegato al ricorso il ve stenotipico dell’udienza del 16 novembre 2024, pag. 6 e 7).
Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, sottolineando, in relazione al primo motivo di ricorso, che la Corte di appello ha preso in esame tutte le risultanze degli atti, indicando, con ampia e analitica motivazione, gli elementi da cui è stata tratta la prova che le fatture per operazioni inesistenti erano state annotate in contabilità ed erano state utilizzate nelle dichiarazioni annuali d’imposta, cosicché le ‘si esaurirebbero in una richiesta di rivalutazione alternativa delle emergenze processuali, sottintendendo un’operazione non consentita in sede di legittimità. Con riferimento al secondo motivo di ricorso, invece, ha evidenziato che il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, redatto in occasione della verifica fiscale eseguita nei confronti della società, in quanto atto amministrativo extraprocessuale, costituisce un atto irripetibile contenuto in una prova documentale che può essere sempre inserito nel fascicolo per il dibattimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Il ricorrente si duole, con entrambi i motivi di ricorso, del mancato accertamento della registrazione delle fatture ritenute relative a operazioni inesistenti nelle scritture contabili della RAGIONE_SOCIALE, amministrata dal ricorrente medesimo, e anche del loro utilizzo nelle dichiarazioni fiscali di tale società relative agli anni d’imposta oggetto della contestazione, per non essere state acquisite tali dichiarazioni né accertati altrimenti la loro registrazione e il l utilizzo, se non, e parzialmente, mediante il processo verbale di constatazione redatto in occasione dell’accertamento tributario compiuto dalla Guardia di Finanza, di cui ha, però, eccepito l’inutilizzabilità a fini di prova.
Giova, dunque, premettere, alla luce del contenuto di dette censure, che il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 è integrato dalla registrazione in contabilità delle false fatture o dalla loro conservazione ai fini d prova, nonché dall’inserimento nella dichiarazione d’imposta dei corrispondenti elementi fittizi, condotte queste ultime tutte congiuntamente necessarie ai fini della punibilità (Sez. 3, n. 14855 del 19/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252513 – 01), in quanto tale reato si consuma nel momento della presentazione della dichiarazione fiscale nella quale sono effettivamente inseriti o esposti elementi contabili fittizi, essendo penalmente irrilevanti tutti i comportamenti prodromici tenuti dall’agente, ivi comprese le condotte di acquisizione e registrazione nelle scritture contabili di fatture o documenti contabili falsi o artificiosi ovvero di fa rappresentazioni con l’uso di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l’accertamento (Sez. 3, n. 52752 del 20/05/2014, Vidi, Rv. 262358 – 01; v. anche, in tema di momento consumativo e prescrizione, Sez. 3, n. 3957 del 26/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282710 – 01).
L’accertamento della utilizzazione degli elementi passivi fittizi in una dichiarazione d’imposta che sia stata effettivamente presentata è, dunque, alla luce della struttura della fattispecie (che rientra tra i reati cosiddetti “dichiarati ineludibite ai fini della sua configurabilità.
3. Ora, nel caso in esame, nella sentenza di primo grado, alla quale quella impugnata ha fatto riferimento per l’accertamento dei fatti, concordando nei criteri di valutazione delle prove, vi è un’ampia e diffusa motivazione in ordine alla inesistenza delle operazioni economiche sottostanti alcune fatture passive emesse nei confronti della società amministrata dal ricorrente, ma non anche a proposito della loro registrazione nella contabilità e, soprattutto, alla loro utilizzazione nel dichiarazioni d’imposta relative agli anni 2013 e 2014 e di cui alle contestazioni, in quanto nella parte della motivazione di tale sentenza nella quale si indica l’ammontare delle imposte evase per effetto di tali fatture, sulla base del ricalcolo delle imposte dovute, non si dà atto né della registrazione di dette fatture, né del loro inserimento nelle suddette dichiarazioni d’imposta.
Nella sentenza di secondo grado oggetto del ricorso la Corte d’appello di Napoli, nel rispondere ai rilievi formulati dall’imputato in ordine al mancato accertamento della registrazione e della utilizzazione nelle dichiarazioni d’imposta delle fatture ritenute relative a operazioni inesistenti, ha affermato che tali fatture sarebbero state annotate nella contabilità della società amministrata dal ricorrente e poi utilizzate per indicare costi fittizi nelle dichiarazioni d’imposta in quanto c risulterebbe nel processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza (di cui il ricorrente ha eccepito l’inutilizzabilità), nel quale è stata effettuata anche
riconciliazione dei dati complessivi risultanti dai registri iva con il corrispondent dato riportato nella dichiarazione annuale presentata ai fini delle imposte sui redditi. L’utilizzazione delle fatture relative a operazioni inesistenti è quindi sta ritenuta provata sulla base dell’ammontare delle imposte indicate nelle dichiarazioni d’imposta, che sarebbe necessariamente frutto della deduzione di costi inesistenti (“Dunque appare evidente che se le false fatture (o meglio fatture rinvianti ad operazioni e correlati costi non esistenti) non fossero state utilizzate nelle dichiarazioni dei redditi in atti scomputando i costi dall’attivo, il reato n avrebbe potuto essere commesso, e non sarebbe, di conseguenza, stato denunciato”, pag. 7 della motivazione della sentenza impugnata).
Si tratta, ad avviso del Collegio, di motivazione insufficiente, inidonea a dare adeguata risposta alle specifiche doglianze formulate dall’imputato con l’atto d’appello in ordine alla sussistenza di un elemento costitutivo della fattispecie (ossia l’utilizzazione nelle dichiarazioni d’imposta delle fatture relative a operazioni inesistenti), in quanto si fonda su un sillogismo manifestamente illogico (consistente nella necessaria utilizzazione delle fatture in quanto rinvenute nel corso della verifica fiscale), e su un documento, il processo verbale di constatazione, inutilizzabile quanto alla prova della responsabilità, in quanto redatto in occasione e al momento dell’accertamento della falsità delle fatture.
Il processo verbale di constatazione rientra nella categoria dei documenti extraprocessuali ricognitivi di natura amministrativa e può, quindi, essere acquisito ex art. 234 cod. proc. pen. Quando, però, nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergano indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova sono, a norma dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen., compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice. Da ciò deriva che la parte di documento compilata prima dell’insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre tale non è quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito (Sez. 3, n. 26527 del 11/04/2024, COGNOME, Rv. 286792 – 01; Sez. 3, n. 54379 del 23/10/2018, G., Rv. 274131 – 01; Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, COGNOME, Rv. 246599 – 01; Sez. 3, n. 6881 del 18/11/2008, COGNOME, Rv. 242523 – 01).
Nel caso in esame la Corte d’appello, nonostante le contestazioni dell’imputato, non ha fornito alcun chiarimento sul punto, con la conseguenza che la prova non può, allo stato trarsi da quanto riportato nel processo verbale di constatazione (redatto in occasione dell’accertamento della falsità delle fattura, ossia allorquando erano emersi indizi di responsabilità, e del cui contenuto, peraltro, è stato dato atto in modo generico, inidoneo a dare esauriente risposta ai rilievi sollevati con l’atto d’appello), né può essere giustificata sulla base delle considerazioni assertive contenute nella motivazione della sentenza impugnata.
Detta sentenza deve, pertanto, essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio innanzi ad altra sezione della medesima Corte d’appello di Napoli, affinché si esprima sulle doglianze contenute nell’atto di appello, tenendo conto di quanto esposto circa il necessario accertamento, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, dell’effettivo utilizzo nelle dichiarazioni d’impo delle fatture ritenute afferenti a operazioni inesistenti.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli. Così deciso 1’8/01/2025