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Dichiarazione fraudolenta: no rivalutazione dei fatti

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. I giudici hanno stabilito che non è possibile chiedere in sede di legittimità una nuova valutazione delle prove. Inoltre, è stato confermato che il termine di prescrizione per questo reato è di dieci anni, rendendo infondata l’eccezione sollevata dalla ricorrente.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazione Fraudolenta: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, torna a pronunciarsi su un caso di dichiarazione fraudolenta, offrendo importanti chiarimenti sui limiti del ricorso in sede di legittimità. La decisione sottolinea un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo di controllo sulla corretta applicazione della legge. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

Il Caso: Fatture False e la Doppia Condanna

Il caso ha origine da una condanna per il reato di dichiarazione fraudolenta, previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000. L’imputata era stata ritenuta responsabile, sia in primo grado che in appello, per aver utilizzato una fattura emessa da una società rivelatasi essere una mera “società cartiera”, ovvero un’entità creata al solo scopo di emettere documenti fiscali falsi per consentire a terzi di evadere le imposte. Secondo i giudici di merito, la fittizietà dell’operazione era palese, e il pagamento del prezzo di vendita era stato solo apparente, configurando così tutti gli elementi del reato contestato.

I Motivi del Ricorso: Tra Travisamento e Prescrizione

L’imputata ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Vizio di motivazione per travisamento del fatto: si sosteneva che i giudici avessero interpretato erroneamente gli elementi probatori.
2. Errata valutazione della responsabilità: si contestava la correttezza della motivazione che aveva portato alla condanna, chiedendo di fatto una rilettura alternativa delle prove.
3. Eccezione di prescrizione: si affermava che il reato, commesso nel 2015, fosse ormai estinto per il decorso del tempo.

La Decisione della Cassazione sulla dichiarazione fraudolenta

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutti i motivi proposti. I giudici hanno chiarito che le censure relative al travisamento del fatto e alla valutazione della responsabilità erano inaccoglibili perché miravano a ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, ma solo verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e coerente.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni della sua decisione. Il primo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile perché le deduzioni erano generiche, prive delle necessarie ragioni di diritto e dei dati di fatto a supporto.

Per quanto riguarda il secondo motivo, i giudici hanno ribadito che prefigurare una “rivalutazione e/o alternativa lettura delle fonti probatorie” non rientra nei poteri della Cassazione. La doppia condanna nei gradi di merito si fondava su elementi solidi, come la provata natura di “società cartiera” dell’emittente della fattura, che rendevano la motivazione della Corte d’Appello incensurabile.

Infine, anche il terzo motivo, relativo alla prescrizione, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha richiamato l’art. 17, comma 1-bis, del D.Lgs. 74/2000, il quale stabilisce che per il reato di dichiarazione fraudolenta il termine di prescrizione è di dieci anni. Poiché il reato era stato commesso nel 2015, alla data della decisione (2024) il termine non era ancora decorso.

Conclusioni

L’ordinanza conferma un principio cardine del processo penale: il ricorso per cassazione deve concentrarsi su vizi di legittimità (violazioni di legge o difetti manifesti di motivazione) e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere un terzo giudizio di merito. Per i professionisti e i cittadini, questa decisione serve come monito: per contestare efficacemente una condanna davanti alla Suprema Corte, è indispensabile formulare censure specifiche e pertinenti, che attengano alla corretta applicazione del diritto e non a una diversa interpretazione dei fatti. La condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria sottolinea ulteriormente le conseguenze di un ricorso infondato.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non riesamina le prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità), non rivalutare i fatti del caso, che sono di competenza dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Perché il motivo di ricorso basato sulla prescrizione è stato respinto?
È stato respinto perché, per il reato di dichiarazione fraudolenta, l’art. 17, comma 1-bis del D.Lgs. 74/2000 prevede un termine di prescrizione di dieci anni. Essendo il reato stato commesso nel 2015, al momento della decisione il termine non era ancora trascorso.

Cosa significa che un ricorso è dichiarato “inammissibile”?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel merito perché presenta vizi formali o sostanziali. In questo caso, i motivi erano generici, non consentiti in sede di legittimità (come la richiesta di rivalutazione delle prove), o manifestamente infondati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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