LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dichiarazione fraudolenta: la responsabilità penale

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un complesso caso di reati fiscali, tra cui la dichiarazione fraudolenta tramite fatture per operazioni inesistenti. La sentenza ha dichiarato inammissibili i ricorsi degli imputati, confermando le condanne e chiarendo punti fondamentali sulla consumazione del reato e sulla responsabilità penale dell’amministratore di diritto, anche se mero prestanome. La Corte ha ribadito che il reato si perfeziona con la presentazione della dichiarazione fiscale, non con l’emissione o l’utilizzo delle fatture.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazione fraudolenta: la Cassazione delinea la responsabilità penale

La recente sentenza della Corte di Cassazione, numero 30106 del 2025, offre importanti chiarimenti in materia di reati fiscali, in particolare sul delitto di dichiarazione fraudolenta. Questo provvedimento analizza un caso complesso che coinvolgeva diversi amministratori e società, accusati di aver creato un articolato sistema di frode basato sull’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. La decisione finale della Suprema Corte, dichiarando inammissibili i ricorsi, consolida principi fondamentali sulla responsabilità penale dell’amministratore e sul momento esatto in cui si consuma il reato.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da una verifica fiscale condotta nel 2015 su una società operante nel settore edile. Le indagini hanno svelato un’intricata rete di società, formalmente distinte ma di fatto gestite da un unico soggetto, l’amministratore di fatto. Questo gruppo di imprese era dedito all’emissione e all’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

Le accuse contestate agli imputati, a vario titolo, includevano la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false, l’emissione delle stesse, la distruzione di documenti contabili tramite incendio e altri reati connessi. La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva dichiarato prescritti alcuni reati minori, ma aveva confermato le condanne per i delitti più gravi, rideterminando le pene. Contro tale decisione, i difensori degli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, sollevando diverse questioni di legittimità.

La Decisione della Corte di Cassazione e la dichiarazione fraudolenta

La Suprema Corte ha esaminato i ricorsi presentati dai vari imputati, dichiarandoli tutti inammissibili. Questa decisione ha reso definitive le condanne stabilite in appello. La Corte ha rigettato le argomentazioni difensive, ritenendole infondate, generiche o volte a ottenere una nuova e non consentita valutazione dei fatti nel giudizio di legittimità. In particolare, i giudici hanno confermato la correttezza delle sentenze di merito nell’individuare le responsabilità penali e nel calcolare i termini di prescrizione.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della sentenza sono di grande interesse perché affrontano e chiariscono diversi aspetti cruciali del diritto penale tributario.

Quando si consuma il reato di dichiarazione fraudolenta

Uno dei motivi di ricorso si basava sull’errata individuazione del momento consumativo del reato. La difesa sosteneva che il reato si fosse perfezionato all’epoca della realizzazione delle opere edili e non al momento della presentazione della dichiarazione fiscale. La Cassazione ha nettamente respinto questa tesi, ribadendo un principio consolidato: il delitto di dichiarazione fraudolenta è un reato dichiarativo e istantaneo. Si consuma nel momento esatto in cui la dichiarazione fiscale mendace viene presentata agli uffici finanziari. È irrilevante, ai fini della consumazione, sia il momento in cui vengono eseguite le prestazioni fittizie indicate nelle fatture, sia l’effettivo verificarsi del danno per l’erario.

La Responsabilità dell’Amministratore di Diritto

Un’altra questione centrale riguardava la posizione dell’amministratore ‘di diritto’, ovvero colui che formalmente ricopre la carica pur non gestendo di fatto la società (spesso definito ‘prestanome’). La difesa di uno degli imputati sosteneva la sua estraneità ai fatti, descrivendolo come un mero dipendente. La Corte ha riaffermato che l’accettazione della carica di legale rappresentante comporta l’assunzione di una posizione di garanzia. Chi firma la dichiarazione fiscale risponde come autore materiale del reato. Su di lui grava un dovere di vigilanza e controllo sulla veridicità della contabilità. La semplice accettazione della carica, anche in assenza di una gestione attiva, lo rende responsabile penalmente per non aver impedito la commissione del reato, quantomeno a titolo di dolo eventuale.

L’inapplicabilità del Principio ‘Ne Bis in Idem’

Gli imputati avevano anche eccepito la violazione del principio del ‘ne bis in idem’, sostenendo di essere stati puniti sia per l’emissione che per l’utilizzo delle medesime fatture false. La Corte ha chiarito che la deroga prevista dall’art. 9 del D.Lgs. 74/2000 (che esclude la punibilità per il concorso tra chi emette e chi utilizza) non si applica quando la stessa persona, agendo come amministratore di fatto di diverse società, controlla sia l’entità che emette la fattura sia quella che la utilizza. In questi casi, la separazione formale tra le due società non è sufficiente a escludere la doppia responsabilità per i distinti reati di emissione e di utilizzo fraudolento.

Le Conclusioni

La sentenza della Cassazione consolida orientamenti giurisprudenziali di fondamentale importanza pratica. Per gli amministratori e i professionisti, emerge con chiarezza che la responsabilità penale per i reati fiscali non può essere elusa attraverso schermi societari o deleghe di fatto. La carica di amministratore di diritto non è una mera formalità, ma comporta precisi doveri di controllo la cui violazione può portare a una condanna penale. Inoltre, la pronuncia ribadisce la natura istantanea del reato di dichiarazione fraudolenta, ancorando la sua consumazione (e il conseguente inizio della decorrenza della prescrizione) a un momento certo e oggettivo: la presentazione della dichiarazione all’amministrazione finanziaria. Questa decisione funge da monito sull’importanza della diligenza e della trasparenza nella gestione contabile e fiscale delle imprese.

Quando si considera commesso il reato di dichiarazione fraudolenta?
Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti si consuma nel momento in cui la dichiarazione fiscale viene presentata agli uffici finanziari, e non quando le fatture false vengono emesse o utilizzate nella contabilità.

L’amministratore di diritto, che non gestisce attivamente la società, può essere ritenuto responsabile per reati fiscali?
Sì. Secondo la Corte, la carica di legale rappresentante comporta una posizione di garanzia e un dovere di vigilanza. La persona che firma la dichiarazione fiscale risponde come autore materiale del reato, e la semplice accettazione della carica, anche come ‘testa di legno’, non esclude la sua responsabilità penale per non aver impedito la condotta illecita.

Perché nel caso di specie non è stato applicato il principio del ‘ne bis in idem’ per chi ha emesso e utilizzato fatture false?
Il principio, che in alcuni casi esclude la doppia punibilità, non si applica quando la stessa persona agisce come amministratore di fatto sia della società emittente sia di quella utilizzatrice delle fatture. La Corte ha ritenuto che in tale scenario si configurano due reati distinti, commessi attraverso entità giuridiche diverse ma riconducibili alla stessa regia criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati