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Dichiarazione fraudolenta e reato: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con ordinanza, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un contribuente condannato per dichiarazione fraudolenta. La Corte ha ribadito che, per l’integrazione del reato fiscale previsto dall’art. 4 del D.Lgs. 74/2000, è sufficiente il verificarsi di una sola delle condizioni previste dalla norma, come il superamento della soglia del 10% degli elementi attivi sottratti all’imposizione. L’errata convinzione del ricorrente che entrambe le condizioni dovessero essere presenti ha reso il suo ricorso manifestamente infondato, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazione Fraudolenta: Basta una Sola Condizione per la Condanna

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto luce su un aspetto cruciale del reato di dichiarazione fraudolenta, chiarendo in modo definitivo i presupposti per la sua configurazione. La Suprema Corte ha stabilito che non è necessario il verificarsi di più condizioni alternative previste dalla legge, ma ne basta una sola per integrare la fattispecie penale. Analizziamo insieme la vicenda processuale e la decisione dei giudici.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla condanna a due anni di reclusione inflitta dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello nei confronti di un imprenditore. L’accusa era quella di aver commesso il reato di dichiarazione fraudolenta previsto dalla normativa sui reati tributari.

Contro la sentenza di secondo grado, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali: un presunto vizio di motivazione della sentenza impugnata e un’erronea applicazione della legge penale. Nello specifico, il ricorrente sosteneva che la sua condotta non integrasse il reato contestato perché, a suo avviso, la norma richiedeva la presenza congiunta di più requisiti che nel suo caso non sussistevano.

Analisi del Reato di Dichiarazione Fraudolenta

Il cuore della questione giuridica ruotava attorno all’interpretazione dell’articolo 4 del Decreto Legislativo n. 74 del 2000. Questa norma punisce chi, al fine di evadere le imposte, indica in una delle dichiarazioni annuali elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo. La legge prevede delle soglie di punibilità alternative: il reato si configura se l’imposta evasa è superiore a una certa cifra OPPURE se l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione è superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione.

L’errore del ricorrente è stato quello di interpretare queste condizioni come cumulative, ritenendo che per essere condannati dovessero verificarsi entrambe. La difesa sosteneva quindi che, mancando una delle due condizioni, il fatto non costituisse reato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa interpretazione, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici hanno chiarito che le condizioni previste dalla norma sono alternative e non cumulative. È sufficiente che se ne verifichi anche solo una per integrare il reato di dichiarazione fraudolenta.

Nel caso specifico, era stato accertato che l’ammontare degli elementi attivi non dichiarati superava il 10% di quelli dichiarati. Questo singolo dato, secondo la Corte, era di per sé sufficiente a soddisfare il requisito richiesto dalla legge per la punibilità, rendendo irrilevante la verifica dell’altra condizione relativa all’imposta evasa. Di conseguenza, l’assunto su cui si fondava l’intero ricorso era errato in diritto, portando inevitabilmente alla sua inammissibilità.

Le Conclusioni

La decisione della Suprema Corte riafferma un principio interpretativo fondamentale in materia di reati fiscali e serve da monito per contribuenti e professionisti. L’integrazione del reato di dichiarazione fraudolenta non richiede complessi calcoli congiunti, ma può scattare al superamento di una singola soglia prevista dalla legge. La declaratoria di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia sottolinea l’importanza di una corretta interpretazione delle norme tributarie e le gravi conseguenze derivanti da ricorsi basati su presupposti giuridici palesemente errati.

Per il reato di dichiarazione fraudolenta devono essere presenti entrambe le condizioni previste dalla legge?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che le condizioni sono alternative. È sufficiente che si verifichi una sola di esse, come il superamento della soglia del 10% degli elementi attivi sottratti all’imposizione rispetto a quelli indicati in dichiarazione.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

Qual era l’errore giuridico commesso dal ricorrente nel suo ricorso?
L’errore consisteva nel ritenere che le diverse soglie di punibilità previste dalla norma dovessero essere presenti contemporaneamente per configurare il reato. La Corte ha invece specificato che la presenza di una sola di esse è sufficiente a integrare la fattispecie criminosa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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