Dichiarazione Fraudolenta: Basta una Sola Condizione per la Condanna
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto luce su un aspetto cruciale del reato di dichiarazione fraudolenta, chiarendo in modo definitivo i presupposti per la sua configurazione. La Suprema Corte ha stabilito che non è necessario il verificarsi di più condizioni alternative previste dalla legge, ma ne basta una sola per integrare la fattispecie penale. Analizziamo insieme la vicenda processuale e la decisione dei giudici.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dalla condanna a due anni di reclusione inflitta dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello nei confronti di un imprenditore. L’accusa era quella di aver commesso il reato di dichiarazione fraudolenta previsto dalla normativa sui reati tributari.
Contro la sentenza di secondo grado, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali: un presunto vizio di motivazione della sentenza impugnata e un’erronea applicazione della legge penale. Nello specifico, il ricorrente sosteneva che la sua condotta non integrasse il reato contestato perché, a suo avviso, la norma richiedeva la presenza congiunta di più requisiti che nel suo caso non sussistevano.
Analisi del Reato di Dichiarazione Fraudolenta
Il cuore della questione giuridica ruotava attorno all’interpretazione dell’articolo 4 del Decreto Legislativo n. 74 del 2000. Questa norma punisce chi, al fine di evadere le imposte, indica in una delle dichiarazioni annuali elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo. La legge prevede delle soglie di punibilità alternative: il reato si configura se l’imposta evasa è superiore a una certa cifra OPPURE se l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione è superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione.
L’errore del ricorrente è stato quello di interpretare queste condizioni come cumulative, ritenendo che per essere condannati dovessero verificarsi entrambe. La difesa sosteneva quindi che, mancando una delle due condizioni, il fatto non costituisse reato.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa interpretazione, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici hanno chiarito che le condizioni previste dalla norma sono alternative e non cumulative. È sufficiente che se ne verifichi anche solo una per integrare il reato di dichiarazione fraudolenta.
Nel caso specifico, era stato accertato che l’ammontare degli elementi attivi non dichiarati superava il 10% di quelli dichiarati. Questo singolo dato, secondo la Corte, era di per sé sufficiente a soddisfare il requisito richiesto dalla legge per la punibilità, rendendo irrilevante la verifica dell’altra condizione relativa all’imposta evasa. Di conseguenza, l’assunto su cui si fondava l’intero ricorso era errato in diritto, portando inevitabilmente alla sua inammissibilità.
Le Conclusioni
La decisione della Suprema Corte riafferma un principio interpretativo fondamentale in materia di reati fiscali e serve da monito per contribuenti e professionisti. L’integrazione del reato di dichiarazione fraudolenta non richiede complessi calcoli congiunti, ma può scattare al superamento di una singola soglia prevista dalla legge. La declaratoria di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia sottolinea l’importanza di una corretta interpretazione delle norme tributarie e le gravi conseguenze derivanti da ricorsi basati su presupposti giuridici palesemente errati.
Per il reato di dichiarazione fraudolenta devono essere presenti entrambe le condizioni previste dalla legge?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che le condizioni sono alternative. È sufficiente che si verifichi una sola di esse, come il superamento della soglia del 10% degli elementi attivi sottratti all’imposizione rispetto a quelli indicati in dichiarazione.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Qual era l’errore giuridico commesso dal ricorrente nel suo ricorso?
L’errore consisteva nel ritenere che le diverse soglie di punibilità previste dalla norma dovessero essere presenti contemporaneamente per configurare il reato. La Corte ha invece specificato che la presenza di una sola di esse è sufficiente a integrare la fattispecie criminosa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2260 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2260 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ORISTANO il 24/06/1967
avverso la sentenza del 23/11/2023 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che con sentenza depositata il giorno 8 febbraio 2024 la Corte di appello di Cagliari confermava la sentenza del 18 luglio 2023 con cui il Tribunale di Oristano aveva condannato COGNOME Gianni alla pena di anni 2 di reclusione avendolo ritenuto colpevole del reato ascritto;
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto articolando due motivi di impugnazione con cui eccepiva rispettivamente il vizio di motivazione e l’erronea applicazione della legge con riferimento alla statuizione di reità.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che i motivi in esso contenuti, i quali devono essere trattati contestualmente stante la loro omogeneità, risultano manifestamente infondati in quanto si basano sull’errato assunto che per l’integrazione del reato contestato debbano verificarsi entrambe le condizioni dettate dalla lett. b) dell’art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000 quando risulta sufficiente il verificarsi, com nel caso di specie, della prima di esse consistente nel fatto che l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione sia superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati;
che il ricorso devo perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
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Così deciso in Roma, il 27 settembre 2024