Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17023 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17023 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
Caracciolo COGNOME
COGNOME NOME
COGNOME Raffaele
NOME
nato a Torre Annunziata il 23/03/1989 nato a Castellamare di Stabia il 15/12/1985 nato a Nocera Inferiore il 14/03/1967 nato in Ucraina il 14/08/1968
avverso la sentenza del 09/10/2024 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi, con le statuizioni consequenziali;
lette le conclusioni dei difensori Avv. NOME COGNOMEper COGNOME) e Avv. NOME COGNOMEper COGNOME e COGNOME, che hanno chiesto l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 9 ottobre 2024 la Corte di appello di Napoli confermava la pronuncia con la quale il Tribunale di Torre Annunziata, ad esito del giudizio ordinario, aveva ritenuto NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME colpevoli del reato di ricettazione; tuttavia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riduceva la pena inflitta a COGNOME e COGNOME ritenendoli responsabili della sola ricettazione delle merci trasportate in auto dagli altri due coimputati e scaricate presso l’esercizio commerciale gestito dal primo con la collaborazione del secondo.
Hanno proposto ricorso i quattro imputati, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, chiedendo l’annullamento della sentenza.
Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME lamenta: “1) Erronea applicazione della legge penale. Inosservanza delle norme stabilite a pena di nullità, di inammissibilità o di decadenza. Mancata assunzione di una prova decisiva. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. 2) Erronea e superficiale valutazione delle prove. 3) Mancata o manifesta illogicità della motivazione. 4) Violazione di legge. Illogicità della decisione. 5) Illogicità della decisione. Assoluzione ex art. 530, comma II c.p.p. 6) Violazione di legge. Riduzione della pena. Applicazione dei benefici di legge”.
Il ricorrente è stato riconosciuto responsabile del reato ascrittogli sulla base di mere presunzioni; la motivazione è contraddittoria e illogica e non ha ben valutato le risultanze istruttorie; la pena inflitta non è congrua e all’imputato dovevano essere riconosciute le attenuanti generiche e concessi i benefici di legge.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è articolato in tre motivi riguardanti tutti il punto relativo alla dichiarazione di abitualità nel reato alla conseguente applicazione della misura di sicurezza.
4.1. Erronea applicazione della legge penale, in relazione agli 103 e 216, primo comma, n. 1, cod. pen., per carenza dei presupposti ai fini della dichiarazione di abitualità, alla quale il Giudice di primo grado è pervenuto sulla scorta del solo dato formale rappresentato dai precedenti penali dell’imputato, senza indicare con specifica motivazione gli elementi dimostrativi della sua attuale e concreta pericolosità.
4.2. Erronea applicazione della legge, in relazione agli artt. 103 cod. pen. e 429, comma 1, cod. proc. pen., e- nullità della sentenza-ex art. 522 cod. proc: pen. per difetto di contestazione in ordine alla dichiarazione di abitualità.
Il Giudice di primo grado è addivenuto alla dichiarazione di abitualità in assenza di una espressa contestazione, in contrasto con il prevalente orientamento espresso sul punto dalla giurisprudenza di legittimità.
4.3. Carenza di motivazione in relazione alle censure proposte nel motivo di appello relativamente alla dichiarazione di abitualità nel reato e alla conseguente applicazione della misura di sicurezza, rimaste prive di risposta nella sentenza impugnata.
La Corte territoriale ha confermato la sentenza del Tribunale facendo ricorso a mere formule di stile.
Il ricorso proposto con unico atto dal difensore di NOME COGNOME e NOME COGNOME è articolato in sette motivi.
5.1. Omessa motivazione in relazione alla impugnazione della ordinanza con la quale il Tribunale di Torre Annunziata ha rigettato la tempestiva eccezione difensiva inerente alla genericità e indeterminatezza del capo d’imputazione là dove non aveva differenziato i ruoli svolti da ciascuno degli imputati, ai quali aveva addebitato ognuna delle condotte tipiche alternative previste dall’art. 648 cod. pen. nonché la ricettazione di tutta la merce indicata, provento del furto subito da NOME COGNOME precludendo al ricorrente di valutare l’accesso al patteggiamento o alla messa alla prova.
La doglianza proposta in appello non ha avuto risposta nella sentenza impugnata.
5.2. Mancanza della motivazione sulla questione proposta con il terzo motivo di appello, nel quale si era chiesto di valutare, ai fini della decisione, il verbale d interrogatorio reso da COGNOME nella fase delle indagini preliminari.
Detto atto, acquisito al fascicolo del dibattimento, menzionato ma non valutato nella sentenza di primo grado, meritava di essere esaminato nei termini di ipotesi alternativa ai fatti prospettati dai Carabinieri, anche al fine di un riqualificazione in una meno grave ipotesi di reato (tentata ricettazione o incauto acquisto).
5.3. Mancanza della motivazione in ragione di una motivazione per relationem non consentita quanto alla valutazione di detto interrogatorio, poiché quella della sentenza di primo grado era del tutto mancante.
5.4. La omessa valutazione del medesimo atto comporta anche una violazione della legge processuale, considerata la totale mancanza della motivazione sul punto.
5.5. Illogicità della motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato, rimasto indimostrato, soprattutto con riguardo alla preliminare verifica del momento in cui sorse in capo ai ricorrenti il sospetto della provenienza delittuosa dei rotoli di guaina bituminosa.
5.6. Erronea applicazione della legge penale per la omessa configurabilità dell’attenuante ex art. 648, quarto comma, cod. pen., pur avendo la Corte d’appello limitato la condanna di COGNOME e COGNOME alla ricettazione di detti rotoli.
5.7. Erronea applicazione della legge penale in relazione alla mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione proposta ai sensi dell’art. 611, commi 1-bis e 1-ter, del codice di rito.
Il Procuratore generale e i difensori di COGNOME COGNOME e COGNOME hanno depositato conclusioni scritte, indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile per difetto di specificità estrinseca, non essendosi in alcun modo confrontato con le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata.
Va ribadito che sono inammissibili i motivi che riproducono pedissequamente le censure dedotte in appello, al più con l’aggiunta di espressioni che contestino, in termini meramente assertivi e apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, laddove difettino di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non sono stati accolti (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sez. 6, n. 17372 del 08/04/2021, COGNOME, Rv. 281112 – 01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710 – 01; Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970 – 01).
Alla inammissibilità della impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così fissata in ragione dei motivi dedotti.
Va accolto, invece, il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME essendo fondato il secondo e assorbente motivo, riguardante il difetto di contestazione in ordine alla dichiarazione di abitualità.
Secondo l’orientamento largamente maggioritario della giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, è nulla ai sensi dell’art. 180 cod. proc. pen., limitatamente alla dichiarazione di abitualità nel reato, la sentenza di condanna pronunciata in relazione a una imputazione che indichi soltanto la recidiva reiterata specifica e infraquinquennale, in assenza di un espresso riferimento alla fattispecie d’abitualità presunta per legge ovvero a quella ritenuta dal giudice. Infatti, il principio di correlazione tra accusa e sentenza opera anche con riguardo all’applicazione delle misure di sicurezza, di tal che l’imputazione deve contenere l’indicazione della sussistenza per le dichiarazioni di cui agli artt. 102108 cod. pen. ovvero della ricorrenza delle condizioni per l’applicazione di misura di sicurezza (Sez. 2, n. 12944 del 06/12/2018, COGNOME, Rv. 276529 – 01; Sez. 2, n. 46581 del 05/10/2017, COGNOME, Rv. 271488 – 01; Sez. 5, n. 2153 del 12/06/2013, COGNOME, dep. 2014, Rv. 258872 – 01; Sez. 6, n. 17884 del 02/04/2009, Rv. 243526 – 01, Franco; più di recente vds. Sez. 1, n. 42999 del 15/03/2022, Leone, non mass.).
Nel caso di specie l’eccezione di nullità è stata tempestivamente proposta con l’atto di appello e ad essa la Corte territoriale non ha dato alcuna risposta.
La sentenza impugnata sul punto va annullata senza rinvio, dovendosi eliminare la statuizione inerente alla dichiarazione di abitualità nel delitto e con essa quella relativa alla misura di sicurezza personale, applicata dal primo Giudice ai sensi dell’art. 216, primo comma, n. 1, cod. pen.
Ne consegue altresì la sostituzione della pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, alla quale l’imputato è stato condannato ex art. 29, secondo comma, cod. pen. con quella dell’interdizione dai pubblici uffici per anni cinque, ai sensi del primo comma, seconda parte, dello stesso articolo.
Per COGNOME non è maturato il tempo necessario a prescrivere in quanto il Tribunale, con statuizione confermata dalla Corte d’appello, ha applicato la contestata reiterata specifica e infraquinquennale, punto della decisione che non ha formato oggetto del ricorso.
È fondata anche la doglianza proposta nei ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME con la quale la difesa ha censurato la omessa valutazione del verbale di interrogatorio reso dal primo nella fase delle indagini preliminari.
Considerato che il Tribunale, dopo avere richiamato fra le fonti di prova detto verbale, non lo aveva poi valutato, avendo affermato solo che gli imputati non erano “stati in grado di fornire alcun elemento che potesse farne ipotizzare un
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possesso legittimo o un acquisto in buona fede”, la difesa aveva proposto uno specifico motivo di appello (il terzo), sostenendo che la tesi alternativa circa il
difetto del dolo in capo a COGNOME e COGNOME trovava fondamento proprio nelle dichiarazioni rese dal primo, ignorate dal Tribunale.
Detto motivo è stato obliterato dalla Corte d’appello, limitatasi anch’essa a ribadire che nessuno degli imputati aveva “fornito alcuna plausibile
giustificazione in ordine al possesso delle merci”, con ciò neppure prendendo in esame le dichiarazioni rese da COGNOME in sede di interrogatorio e la
conseguente tesi alternativa proposta dalla difesa.
Risulta chiaro, dunque, il vizio motivazionale denunciato dai ricorrenti, cui dovrebbe conseguire l’annullamento con rinvio della decisione impugnata.
Tuttavia, per COGNOME (per il quale la recidiva è stata esclusa) e COGNOME (al quale la stessa circostanza aggravante non è stata contestata) è maturata la
prescrizione del reato, ai sensi degli artt. 157, secondo comma, e 161, secondo comma, cod. pen.
Infatti, considerata la sospensione della prescrizione per complessivi settantadue giorni, risultante dalla sentenza di primo grado (pag. 4), detta causa
estintiva del reato, consumato – come indicato in imputazione – il 31 gennaio
2015, si è verificata in data 14 aprile 2025.
Per COGNOME e COGNOME pertanto, la sentenza va annullata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alla dichiarazione di abitualità nel reato e all’applicazione della misura di sicurezza dell’assegnazione a una casa di lavoro, statuizioni che elimina, nonché limitatamente alla condanna alla pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, che sostituisce con l’interdizione dai pubblici uffici per anni cinque.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e di COGNOME NOME perché il reato è estinto per prescrizione.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17/04/2025.