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Devastazione e saccheggio: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di devastazione e saccheggio a carico di alcuni tifosi per gravi incidenti avvenuti in uno stadio nel 2003. La sentenza chiarisce che per configurare tale reato non è sufficiente il semplice danneggiamento di beni, ma è necessaria un’azione violenta e indiscriminata che metta in pericolo l’ordine pubblico. La Corte ha inoltre stabilito che per essere ritenuti responsabili in concorso non è necessario compiere materialmente atti di distruzione, ma è sufficiente partecipare consapevolmente ai disordini diffusi, rafforzando così il proposito criminoso collettivo.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Devastazione e Saccheggio: la Cassazione sui Limiti della Violenza da Stadio

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sul delicato tema della violenza negli stadi, tracciando una linea netta tra il reato di danneggiamento aggravato e quello, ben più grave, di devastazione e saccheggio. La decisione scaturisce dai gravi incidenti avvenuti nel 2003 presso lo stadio di Avellino, che videro un gruppo di tifosi rendersi protagonista di atti di violenza indiscriminata. L’analisi della Corte offre importanti chiarimenti sulla tutela dell’ordine pubblico e sui criteri per l’attribuzione della responsabilità penale in contesti di disordini di massa.

I Fatti: Violenza e Caos allo Stadio

La vicenda giudiziaria ha origine dai disordini scoppiati il 20 settembre 2003, in occasione di un incontro di calcio. Un folto gruppo di tifosi della squadra ospite, giunti allo stadio, diede vita a una violenta aggressione contro le forze dell’ordine e a una sistematica distruzione delle strutture dell’impianto sportivo. Gli scontri, iniziati all’esterno, si propagarono all’interno dello stadio, con lancio di oggetti, distruzione dei servizi igienici e l’invasione del campo da gioco da parte di circa duecento persone travisate. La situazione fu aggravata dalla tragica morte di un giovane tifoso, precipitato da un lucernario, evento che, secondo i giudici, fu pretestuosamente utilizzato per intensificare la violenza anziché favorire i soccorsi. A causa del caos, la partita non fu mai disputata.

La Questione Giuridica: Danneggiamento Aggravato o Devastazione e Saccheggio?

Il nucleo centrale del processo ha riguardato la corretta qualificazione giuridica dei fatti. Le difese degli imputati sostenevano che le condotte dovessero essere inquadrate nei meno gravi reati di danneggiamento aggravato e resistenza a pubblico ufficiale, ormai prescritti. Al contrario, l’accusa, confermata nei gradi di merito, ha ritenuto configurabile il delitto di devastazione e saccheggio previsto dall’art. 419 del codice penale.

La differenza non è meramente nominale. Mentre il danneggiamento tutela il patrimonio, la devastazione protegge un bene giuridico superiore: l’ordine pubblico, inteso come pacifica e corretta convivenza civile. Per integrare questo reato, non basta danneggiare dei beni, ma è necessaria un’azione che, per la sua vastità, indiscriminazione e profondità, generi un concreto pericolo per la sicurezza e la tranquillità della collettività.

L’Analisi della Corte sul reato di devastazione e saccheggio

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi degli imputati, ritenendoli inammissibili e confermando l’impianto accusatorio. I giudici hanno ribadito che la configurabilità del reato di devastazione e saccheggio dipende dall’offesa e dal pericolo concreto per l’ordine pubblico. Nel caso di specie, la Corte ha evidenziato come l’azione violenta non si sia limitata a singoli atti di vandalismo, ma si sia manifestata come un assalto coordinato e indiscriminato contro le forze dell’ordine e le strutture dello stadio. L’aggressione violenta e generalizzata, la necessità per gli agenti di cercare riparo, la distruzione sistematica di impianti e l’invasione di campo hanno creato una situazione di grave allarme sociale e di lesione della civile convivenza, integrando pienamente gli elementi del reato contestato.

Il Concorso di Persone nel Reato di Devastazione

Un altro punto cruciale affrontato dalla sentenza riguarda il concorso di persone nel reato. Molti ricorrenti sostenevano di non aver materialmente compiuto atti di distruzione. La Cassazione ha chiarito che, ai fini della responsabilità a titolo di concorso, non è necessario che l’agente compia personalmente un atto di danneggiamento. È sufficiente che partecipi consapevolmente ai disordini diffusi. La semplice presenza attiva all’interno del gruppo violento, con condotte come l’invasione di campo o l’atteggiamento minaccioso verso le forze dell’ordine, costituisce un contributo causale all’evento, poiché rafforza il proposito criminoso degli altri e contribuisce a creare quella situazione di caos che è l’essenza stessa della devastazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale. Ha sottolineato che l’ampiezza e la peculiarità dell’assalto, che costrinse le forze dell’ordine alla ritirata, dimostrano l’esposizione a pericolo del bene protetto, indipendentemente dall’esatto ammontare dei danni materiali. L’azione illecita ha leso non solo il patrimonio, ma anche e soprattutto l’ordine pubblico. La Corte ha inoltre respinto la tesi difensiva secondo cui i disordini sarebbero stati una reazione alle difficoltà nei soccorsi al tifoso caduto, evidenziando come, al contrario, la violenza dei facinorosi abbia deliberatamente intralciato l’intervento dell’ambulanza. Infine, sono state ritenute infondate le censure procedurali e quelle relative al mancato riconoscimento dell’attenuante della suggestione di una folla in tumulto, poiché gli imputati furono promotori e protagonisti attivi del disordine, non soggetti passivi trascinati dagli eventi.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante conferma dei principi che regolano i reati contro l’ordine pubblico in contesti di manifestazioni di massa, come quelle sportive. Stabilisce con chiarezza che la violenza organizzata e indiscriminata che mina la sicurezza collettiva integra il grave reato di devastazione e saccheggio. Inoltre, ribadisce un principio di responsabilità esteso, in base al quale chi partecipa attivamente a un tumulto, anche senza compiere in prima persona gli atti più gravi, concorre nel reato, poiché la sua condotta contribuisce a sostenere e alimentare l’azione criminale collettiva. Una lezione severa per chiunque pensi che la folla possa garantire l’impunità.

Quando una serie di danneggiamenti durante una manifestazione diventa il reato di devastazione e saccheggio?
Quando i fatti, per modalità e vastità, non si limitano a ledere il patrimonio di uno o più soggetti ma producono un’offesa e un pericolo concreto per l’ordine pubblico, inteso come regolare e pacifico andamento della vita civile. La condotta deve essere indiscriminata, vasta e profonda, tale da generare allarme sociale.

Per essere condannati per devastazione in concorso, è necessario aver distrutto personalmente qualcosa?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini della sussistenza della responsabilità a titolo di concorso nel reato di devastazione, non è necessario che l’agente compia materialmente un atto di danneggiamento. È sufficiente che partecipi consapevolmente ai disordini diffusi, poiché tale condotta rafforza il proposito criminoso collettivo.

Perché non è stata applicata l’attenuante dell’aver agito per suggestione di una folla in tumulto?
L’applicazione di tale attenuante presuppone che l’autore del reato non abbia contribuito a provocare l’assembramento e si sia trovato passivamente coinvolto. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che gli imputati fossero protagonisti attivi delle violenze, dissociandosi deliberatamente dalla moltitudine di tifosi pacifici e contribuendo a creare la situazione di disordine collettivo. Pertanto, la condizione per il riconoscimento dell’attenuante era assente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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