Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44272 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44272 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposta da:
COGNOME NOME nato a Brindisi il 29/07/1992;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Forlì, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 04/07/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
lette le conclusioni del difensore avv. NOME COGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di Forlì, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto la domanda con la quale NOME COGNOME aveva chiesto la rideterminazione del numero di ore di lavoro di pubblica utilità ex art. 56-bis 1.689/81, che egli è tenuto a svolgere in esecuzione della sentenza pronunciata dal medesimo Tribunale in data 26 febbraio 2018 (divenuta irrevocabile il 12 aprile 2023).
Il giudice dell’esecuzione ha osservato che la richiesta, con la quale il condannato aveva chiesto che si scomputasse dai cinque mesi di lavori di pubblica utilità il periodo da lui trascorso in affidamento in prova al servizio sociale (pari a mesi uno e giorni ventisette), non poteva trovare accoglimento in forza del disposto degli artt. 657 del codice di rito e 701.689/81.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insisten per l’annullamento del provvedimento impugnato.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 657, commi 1 e 3, del codice di rito per avere il giudice dell’esecuzione escluso la possibilità di detrarre dai giorni di pubblica utilità che egli deve effettuare, il sopra indicato periodo di pena espiato in regime di affidamento in prova al servizio sociale.
Al riguardo osserva che il reato accertato con la sentenza del Tribunale di Forlì del 26 febbraio 2018 era stato messo in continuazione con i reati accertati con altre due sentenze in forza della ordinanza del giudice dell’esecuzione del 22 settembre 2023/che aveva determinato la pena complessiva da espiare in anni uno e mesi sei di reclusione ed euro 940 di multa, di cui mesi cinque ed euro 300 di multa (a titolo di continuazione) per il reato di cui alla citata sentenza del 26 febbraio 2018 poi sostituiti con 300 ore di lavori di pubblica utilità, da cui però andava detratto il periodo di affidamento in prova.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
2.In particolare, dalla ordinanza impugnata risulta che l’ammontare delle ore di lavori di pubblica utilità è stato fissato nella misura di trecento con la ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione il giorno 22 settembre 2023.
2.1. Ciò posto va ricordato che la detrazione della pena espiata per altro reato è possibile, ai sensi dell’art. 657, comma 2, cod. proc. pen., soltanto nella ipotesi di revoca della condanna oppure di amnistia o indulto e non, invece, nel caso di pena espiata per altro reato in misura superiore a quanto, poi, risulti dal provvedimento di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva. Tale distinzione si giustifica perché, nei casi previsti dal secondo comma della citata disposizione, la pena presa in considerazione è quella espiata sine titulo.
2.2. Con riferimento alla previsione contenuta nel terzo comma, la sua applicazione discende dai primi due commi (“nei casi previsti dai commi 1 e 2”) e si riferisce espressamente alla pena detentiva espiata, di talché non può trovare applicazione nella ipotesi di misura alternativa alla detenzione; in ogni caso tale disposizione fa riferimento all’ipotesi del secondo comma e, quindi, si applica solo nel caso in cui – successivamente alla avvenuta espiazione della pena – vi sia stata la revoca della sentenza di condanna oppure quando il reato sia stato oggetto di amnistia o sia stato concesso l’ indulto. Orbene, il ricorrente non deduce nemmeno che la sentenza di condanna in relazione alla quale egli era stato ammesso all’affidamento sia stata revocata e nemmeno che il reato sia stato oggetto di amnistia oppure che la relativa pena sia stata condonata.
2.3. A quanto sopra deve poi aggiungersi che il periodo trascorso in affidamento non potrebbe nemmeno valutarsi a titolo di fungibilità poiché, ai fini del computo della fungibilità della pena di cui all’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., nel caso di riconoscimento della continuazione tra reati commessi e giudicati in tempi diversi, l’esecuzione di pena o custodia cautelare avvenuta per uno di essi è valutata con esclusivo riferimento al singolo reato cui detta esecuzione si riferisce e non al trattamento determinato per effetto della continuazione (Sez. 1, n. 18308 del 23/02/2018, Rv. 273133 – 01).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024.