Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 43081 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 43081 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a Padova il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/04/2024 dal Tribunale di Trento in funzione di giudice dell’esecuzione visti gli atti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOMEAVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATI -0
1.Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Trento in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile la richiesta, proposta nell’interesse di NOME COGNOME, avente ad oggetto la detrazione della pena di anni sei di reclusione dalla pena complessiva in corso di esecuzione (concorrente nel provvedimento di cumulo) perché indicata come già espiata.
2.Avverso il provvedimento indicato, il condanNOME ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, per il tramite del difensore, AVV_NOTAIO, affidandosi a due motivi, di seguito riassunti, nei limiti necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Con il primo motivo si denuncia inosservanza degli artt. 666 e 657 cod. proc. pen.
Nel caso di specie, non si tratta di pene espiate all’estero perché COGNOME non è mai stato condanNOME né ha espiato condanne all’estero.
Si deduce che il Pubblico ministero, ai sensi dell’ad 657 cod. proc. pen., è organo dell’esecuzione e si ricava, dalla pronuncia della Corte di cassazione che ha trasmesso gli atti al Tribunale di Trento, che è possibile fare ricorso al giudice dell’esecuzione nel caso di questioni che attengono all’esecuzione che non derivino da mere attività di calcolo ma che implichino necessarie ed opportune valutazioni, atte a determinare la consistenza del titolo che il Pubblico ministero provvederà a mettere in esecuzione.
La richiesta originaria, rivolta al giudice dell’esecuzione, era diretta a ottenere la detrazione della pena di anni sei di reclusione, per effetto del riconoscimento del vincolo della continuazione già statuito in sede esecutiva, richiesta che, necessariamente, doveva essere rivolta al Giudice dell’esecuzione.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 78 e 80 cod. pen. e correlato vizio di motivazione in ordine all’omessa decisione sulla richiesta di detrazione della pena.
La sentenza del 21 ottobre 1997, divenuta irrevocabile il 27 marzo 1998, di cui al n. 3 della visura allegata all’istanza originaria, depositata alla Corte di appello di Venezia, è relativa a fatti di reato ritenuti avvinti dalla continuazione con quelli di cui alla sentenza del 14 dicembre 2010.
Sicché la pena irrogata con la sentenza del 1997 è pacificamente concorrente con la prima, ex art. 80 cod. pen.
Ne consegue che il provvedimento di cumulo, formato a seguito del riconoscimento della continuazione, va, poi, riportato ex art. 78 cod. pen. nei
limiti del cumulo giuridico e che solo dopo, da questo cumulo giuridico, andrà detratta la pena di anni sei di reclusione.
Il Tribunale, invece, senza affrontare la questione posta, si è limitato a dichiararsi incompetente, con ordinanza viziata, dunque, per carenza assoluta di motivazione.
3.11 Sostituto Procuratore generale NOMEAVV_NOTAIO COGNOME, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.
1.1. Va premesso che, con sentenza di questa Corte n. 13040 – 24, del 10 marzo 2024, resa da questa sezione Prima penale, è stata dichiarata la nullità per carenza dei presupposti di cui all’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., relativamente all’ordinanza del 16 maggio 2023, con la quale il Tribunale di Trento, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva dichiarato inammissibile, con provvedimento de plano, l’istanza del condanNOME NOME COGNOME, diretta a ottenere la rideterminazione della pena in espiazione, per effetto dell’avvenuto riconoscimento della continuazione, in fase esecutiva, con separato provvedimento.
Del pari, è stata dichiarata la nullità dell’ordinanza del medesimo Tribunale, in data 27 settembre 2023, con la quale quell’Autorità giudiziaria, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva rigettato l’opposizione, presentata dal condanNOME ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen.
Il Tribunale, in sede di rinvio, ha dichiarato inammissibile l’originaria istanza avente ad oggetto la richiesta di detrazione della pena di anni sei di reclusione (“concorrente nel provvedimento di cumulo e già espiata, dalla pena complessiva in corso di esecuzione”, come indicato nell’istanza) per effetto del riconoscimento in executivis del vincolo della continuazione, proposta in data 16 dicembre 2022.
1.2.Ciò posto, si osserva che il primo motivo è manifestamente infondato.
Invero, la difesa assume che, nel caso al vaglio, non si tratta di pena espiata all’estero perché il ricorrente non è mai stato condanNOME né ha espiato condanne all’estero.
Il Collegio osserva che il provvedimento impugNOME assume che è inammissibile la richiesta di detrazione della pena non perché si tratti di pena espiata all’estero.
La motivazione del provvedimento impugNOME richiama la giurisprudenza indicata per esporre quando la richiesta di detrazione è inammissibile perché
proposta direttamente al Giudice dell’esecuzione e non al Pubblico ministero, richiamando un precedente indicato come in termini, pur se relativo a caso di detrazione di pena espiata all’estero (Rv. 219969).
Dunque, il precedente è richiamato nel provvedimento censurato al solo fine di distinguere la competenza del Giudice dell’esecuzione rispetto a quella del Pubblico ministero.
Si è ritenuto, infatti, nell’ordinanza impugnata, che il principio di diritto, affermato, è applicabile a casi di istanze di detrazione di pena, in sede di determinazione di pena da espiare, in assenza di ragioni che impediscano all’interessato di rivolgersi, direttamente, al Pubblico ministero nonostante l’intervenuto ordine di esecuzione della pena, ai sensi dell’art. 663 cod. proc. pen.
1.2.1. Il secondo motivo è inammissibile perché aspecifico.
Si deve, invero, rilevare la genericità del secondo motivo di ricorso, così come quella dell’originaria istanza rivolta al Giudice.
Osserva questo Collegio che il ricorso è aspecifico rispetto alle ragioni della detraibilità dell’intero periodo di anni sei di reclusione dal calcolo operato con i provvedimenti di determinazione di pene concorrenti.
Risulta in atti un primo provvedimento di cumulo parziale, emesso in data 25 maggio 2015, dalla Procura generale presso la Corte di appello, relativo alla pena di anni nove, mesi undici e giorni ventiquattro di reclusione, seguito da secondo cumulo parziale, per fatti commessi dopo il 28 novembre 2000 e fino al 12 settembre 2003, con un cumulo totale di pene per anni 39, mesi 10 e giorni 29 di reclusione.
Si chiedeva, da parte dell’istante, che fosse detratto il periodo di anni sei di reclusione, per effetto del riconoscimento della continuazione 671 cod. proc. pen., avvenuto in sede esecutiva, con separato provvedimento.
In ogni caso, il Collegio osserva che la pacifica giurisprudenza di questa Corte, dalla quale il Collegio non trova ragioni per discostarsi, ha affermato che, per effetto del riconoscimento del vincolo della continuazione, in sede esecutiva, ex art. 671 cod. proc. pen., la detrazione della pena non è automatica (tra le altre, Sez. 1, n. 17531 del 22/02/2023, Rv. 284435 – 01).
Il riconoscimento del vincolo della continuazione tra reati in sede esecutiva, con la conseguente determinazione di una pena complessiva, inferiore a quella risultante dal cumulo materiale, non comporta, infatti, che la differenza residua possa essere, automaticamente, imputata alla pena da eseguire, a ciò ostando la disposizione di cui all’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., per cui vanno computate, a tale fine, solo la custodia cautelare o le pene espiate sine titulo dopo la commissione del reato e dovendosi conseguentemente scindere il reato continuato nelle singole violazioni che lo compongono.
Sotto tale profilo, il ricorso, dunque, devolve una critica che risulta priva della necessaria specificità, così come generica è l’istanza proposta al Giudice.
Invero, queste non spiegano, puntualmente, perché andrebbero detratti anni sei di reclusione in un caso, peraltro, come quello al vaglio, in cui dagli atti emerge, comunque, l’intervenuta detrazione di un periodo presofferto (pari ad anni uno, mesi sette e giorni ventotto) nonché la riconosciuta fungibilità, per altro periodo (di mesi nove giorni nove di reclusione).
2.Segue la declaratoria di inammissibilità del ricorso con la condanna, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alle spese processuali e all’ulteriore somma indicata in dispositivo, in favore della Cassa delle ammende, tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, somma determinata equitativamente, in ragione dei motivi devoluti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente