Determinazione della pena: quando la Cassazione non può intervenire
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio fondamentale nel diritto processuale penale riguardo alla determinazione della pena. Quando la decisione del giudice di merito è supportata da una motivazione logica e non arbitraria, il ricorso che mira a una nuova valutazione sulla congruità della sanzione è inammissibile. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da una persona condannata per reati legati agli stupefacenti, ai sensi degli articoli 73 e 80 del d.P.R. 309/90. La ricorrente si doleva della motivazione con cui la Corte d’Appello aveva stabilito l’entità della pena e, in particolare, del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con un giudizio di prevalenza sull’aggravante contestata.
In sostanza, la difesa chiedeva una riconsiderazione del trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivamente severo, sperando in un giudizio più benevolo da parte della Suprema Corte.
La Decisione della Corte sulla determinazione della pena
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione (ovvero se la pena fosse ‘giusta’ o meno), ma si ferma a un livello procedurale. La Corte ha stabilito che le censure mosse dalla ricorrente non potevano trovare accoglimento in sede di legittimità.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni addotte dalla Suprema Corte. I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione ‘conferente’ e non illogica per giustificare sia l’entità della pena sia il diniego delle attenuanti in regime di prevalenza.
La Corte di merito aveva, infatti, basato la sua decisione su due elementi chiave:
1. La gravità del fatto: Il comportamento illecito è stato ritenuto di particolare serietà.
2. L’assenza di elementi positivi: Non sono emersi fattori di valutazione favorevoli all’imputata che potessero giustificare un trattamento più mite.
Richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale (in particolare la sentenza n. 5582 del 2014), la Cassazione ha ribadito che il suo compito non è quello di effettuare una nuova valutazione sulla congruità della pena. Un simile giudizio è precluso in sede di legittimità, a meno che la determinazione della pena da parte del giudice di merito non sia il risultato di ‘mero arbitrio o di un ragionamento illogico’.
Poiché nel caso di specie la motivazione della Corte d’Appello era coerente e fondata su elementi concreti, il ricorso è stato qualificato come un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione di merito, estranea alle funzioni della Corte di Cassazione.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito importante: il giudizio sulla determinazione della pena è una prerogativa quasi esclusiva del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione interviene solo per correggere errori di diritto o vizi logici macroscopici nella motivazione, non per sostituire la propria valutazione a quella dei giudici che hanno esaminato le prove e i fatti. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che tutte le argomentazioni a favore di un trattamento sanzionatorio più mite devono essere solidamente presentate e provate nei primi due gradi di giudizio, poiché le possibilità di rimettere in discussione la pena in Cassazione sono estremamente limitate.
Perché il ricorso sulla determinazione della pena è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la motivazione della Corte d’Appello sulla severità della pena e sul diniego delle attenuanti generiche era logica e non arbitraria. La Cassazione non può riesaminare la congruità della pena se la decisione è ben motivata.
La Corte di Cassazione può modificare una pena ritenuta troppo severa?
No, non direttamente. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla ‘giustezza’ della pena. Può annullare la decisione solo se la motivazione è assente, palesemente illogica o contraddittoria, rinviando il caso a un altro giudice per una nuova valutazione.
Su quali basi la Corte d’Appello aveva negato un trattamento più favorevole?
La Corte d’Appello ha basato la sua decisione sulla gravità del fatto contestato e sull’assenza di elementi positivi di valutazione a favore dell’imputata, elementi che avrebbero potuto giustificare una pena più mite o la prevalenza delle attenuanti generiche.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36619 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36619 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a POGGIARDO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/09/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME NOME, ritenuta responsabile del reato di cui all’art. 73 e 80 d.P.R. 309/90 .
Rilevato che, a motivi di ricorso, la ricorrente si duole della motivazione espressa dalla Corte di merito in ordine al trattamento sanzionatorio ed al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla ritenuta aggravante.
Ritenuto che i profili riguardanti la determinazione della pena in concreto irrogata e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle ritenute aggravanti sono sostenuti da conferente motivazione, avendo la Corte di merito posto in evidenza la gravità del fatto e l’assenza di positivi elementi di valutazione idonei a consentire il più benevolo trattamento invocato.
considerato che, nel giudizio di cassazione, è inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il
Ptesidente