LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Determinazione pena: ricorso inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30831/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso basato esclusivamente sull’eccessiva entità della sanzione. La decisione ribadisce che la determinazione della pena è di competenza del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che non sia palesemente illogica o priva di motivazione per pene vicine al massimo edittale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della pena: perché la Cassazione la ritiene insindacabile?

La determinazione della pena è una delle fasi più delicate del processo penale, in cui il giudice traduce la responsabilità penale in una sanzione concreta. Tuttavia, fino a che punto è possibile contestare questa decisione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 30831/2024) offre un chiaro promemoria sui limiti del ricorso per cassazione quando l’unico motivo di doglianza riguarda l’eccessiva entità della pena inflitta.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Genova che, in parziale riforma di una decisione di primo grado, aveva condannato un imputato per il reato di furto aggravato. La pena era stata fissata in cinque mesi e dieci giorni di reclusione e 80,00 euro di multa.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo, la manifesta illogicità della motivazione e l’eccessiva entità della sanzione irrogata. In sostanza, si contestava non un errore di diritto, ma la valutazione discrezionale del giudice nel quantificare la pena.

La Decisione della Corte sulla determinazione della pena

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della presunta eccessività della pena, ma si concentra su un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare i fatti o le valutazioni discrezionali dei giudici dei gradi precedenti.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato. La scelta della sanzione e la sua quantificazione rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale esercita tale potere basandosi sui criteri stabiliti dall’articolo 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole).

Secondo gli Ermellini, una motivazione specifica e dettagliata sulla determinazione della pena è necessaria solo in due casi:

1. Quando la pena si avvicina al massimo edittale previsto dalla legge.
2. Quando la sanzione è significativamente superiore alla media.

Nel caso di specie, la pena inflitta era di gran lunga più vicina al minimo che al massimo edittale. In tali circostanze, la giurisprudenza ritiene che la scelta del giudice sia implicitamente motivata dal corretto uso dei poteri conferitigli dall’art. 133 c.p. e, pertanto, non sia sindacabile in sede di legittimità. Contestare la quantificazione della pena in Cassazione si traduce in una richiesta di nuova valutazione del merito, attività preclusa alla Suprema Corte.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma dei limiti del ricorso per cassazione. Per gli operatori del diritto, il messaggio è chiaro: un ricorso basato unicamente sulla percezione di una pena ‘troppo alta’ è destinato all’inammissibilità, a meno che non si riesca a dimostrare una palese violazione di legge o un’illogicità manifesta e macroscopica nel ragionamento del giudice, specialmente quando la pena si discosta notevolmente dal minimo.

La conseguenza pratica per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende. Questo sottolinea l’importanza di fondare i ricorsi per cassazione su solidi motivi di diritto, evitando censure che invadono la sfera discrezionale del giudice di merito.

È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione l’entità di una pena ritenuta troppo alta?
No, di regola non è possibile. La determinazione della pena è una valutazione riservata al giudice di merito. Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo per errori di diritto e non per rimettere in discussione l’adeguatezza della sanzione, a meno che non vi sia una manifesta illogicità o una totale assenza di motivazione, soprattutto per pene molto elevate.

Quando il giudice è obbligato a fornire una motivazione dettagliata sulla pena inflitta?
Secondo la Corte, una motivazione specifica e dettagliata è richiesta solo quando la sanzione è fissata in una misura prossima al massimo previsto dalla legge o comunque superiore alla media. Per pene vicine al minimo edittale, si presume che il giudice abbia implicitamente applicato i criteri dell’art. 133 del codice penale.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente in questo caso?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati