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Determinazione pena: quando il ricorso è inammissibile

Con l’ordinanza n. 22103/2024, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante la determinazione della pena, poiché ritenuto generico. La Corte ha ribadito che la valutazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o arbitraria. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della pena: la Cassazione ribadisce l’inammissibilità del ricorso generico

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi che contestano la determinazione della pena. Quando un appello è troppo vago o non sufficientemente dettagliato, rischia di essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione. Analizziamo questa decisione per capire i principi in gioco e le implicazioni pratiche per la difesa.

I Fatti del Caso

Il caso nasce dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’oggetto della contestazione non era l’affermazione di colpevolezza in sé, ma la quantificazione della pena inflitta. Il ricorrente lamentava una presunta violazione di legge e un difetto di motivazione da parte dei giudici di merito nella commisurazione della sanzione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che il motivo di ricorso fosse “generico per indeterminatezza”, in quanto non rispettava i requisiti prescritti dall’articolo 581, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale. In altre parole, l’atto di impugnazione non specificava in modo chiaro e puntuale gli elementi su cui si basava la critica, impedendo così alla Corte di individuare i rilievi mossi alla sentenza e di esercitare il proprio controllo di legittimità.

Le Motivazioni: la discrezionalità del giudice e la specificità del ricorso

La Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri fondamentali del nostro ordinamento processuale penale.

Il primo riguarda la natura del giudizio di cassazione. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove si può riesaminare il merito della vicenda. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Per questo, un ricorso che si limiti a chiedere una nuova valutazione sulla congruità della pena, senza evidenziare un vizio logico o un’arbitrarietà palese, è destinato all’inammissibilità.

Il secondo pilastro è il principio della discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena. La legge (artt. 132 e 133 del codice penale) affida al giudice che valuta i fatti il compito di graduare la pena, tenendo conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del reo. Questa valutazione, che include anche l’applicazione di aggravanti e attenuanti, è un esercizio di potere discrezionale. La Cassazione può sindacare questa scelta solo se essa risulta frutto di “mero arbitrio o di ragionamento illogico” e non sia supportata da una motivazione sufficiente.

Nel caso di specie, il ricorso non è riuscito a dimostrare un vizio di tale gravità, limitandosi a una critica generica che, di fatto, chiedeva una riconsiderazione nel merito, preclusa in sede di legittimità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato e serve da monito per la difesa tecnica. Chi intende impugnare una sentenza per la sola quantificazione della pena deve formulare un ricorso estremamente specifico e dettagliato. Non basta lamentare che la pena sia “eccessiva”; è necessario individuare con precisione i punti della motivazione che si ritengono illogici, contraddittori o carenti, spiegando perché il giudice avrebbe violato i criteri legali di cui agli articoli 132 e 133 c.p. In assenza di una critica così strutturata, il ricorso sarà dichiarato inammissibile, con la conseguenza non solo di rendere definitiva la condanna, ma anche di esporre il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa da un giudice?
Sì, ma solo a condizioni molto rigide. Il ricorso è inammissibile se si limita a chiedere una nuova valutazione della congruità della pena. Può essere accolto solo se si dimostra che la decisione del giudice di merito è stata frutto di mero arbitrio, di un ragionamento palesemente illogico o non è supportata da una motivazione sufficiente.

Quali sono i requisiti per un ricorso valido sulla determinazione della pena?
Secondo la Corte, il ricorso non deve essere generico. Deve indicare in modo specifico e puntuale gli elementi che sono alla base della censura, come richiesto dall’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale, per consentire al giudice di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio controllo.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non entra nel merito della questione. La persona che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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