Determinazione Pena: Quando il Giudice è Insindacabile?
La quantificazione della sanzione penale è uno dei momenti più delicati del processo. La decisione del giudice sulla determinazione della pena deve bilanciare la gravità del reato con la necessità di rieducazione del condannato. Ma fino a che punto questa decisione può essere criticata in sede di legittimità? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti, analizzando un caso di atti persecutori e definendo i confini del sindacato sulla discrezionalità del giudice di merito.
Il Caso: Aumento di Pena per Stalking e Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine da una condanna per il reato di atti persecutori (stalking). La Corte d’Appello aveva confermato la responsabilità dell’imputato, applicando un aumento di pena per la continuazione, quantificato in nove mesi di reclusione e sessanta euro di multa.
Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge proprio in riferimento alla mancata specifica motivazione sull’aumento di pena applicato. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente spiegato le ragioni dietro la scelta di quella specifica entità di pena aggiuntiva.
La Valutazione della Corte di Cassazione e la Determinazione Pena
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: la determinazione della pena rientra nell’ampia discrezionalità del giudice di merito.
Questa valutazione può essere oggetto di censura in sede di Cassazione solo in casi eccezionali, ovvero quando la decisione è frutto di “mero arbitrio o ragionamento illogico”. Non è sufficiente che l’imputato ritenga la pena eccessiva; è necessario dimostrare che il giudice abbia agito in modo irrazionale o completamente slegato dai criteri di legge.
Le Motivazioni della Decisione
Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse, in realtà, motivato la sua scelta, seppur in forma implicita. La pena è stata determinata tenendo conto della gravità complessiva delle condotte di stalking accertate, della loro entità e della loro durata. Questo ragionamento, secondo i giudici di legittimità, non è affatto illogico, ma anzi coerente con i principi che regolano la commisurazione della pena. La Corte ha implicitamente considerato che la gravità dei fatti giustificava l’aumento applicato, rendendo superflua una motivazione più analitica.
Le Conclusioni
L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Come conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione rafforza il principio della discrezionalità del giudice di merito nella quantificazione della sanzione e chiarisce che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della pena, ma deve limitarsi a individuare vizi di legittimità gravi e palesi, come l’arbitrarietà o l’illogicità manifesta.
Quando è possibile contestare in Cassazione la determinazione della pena decisa dal giudice?
Secondo questa ordinanza, la determinazione della pena può essere contestata in Cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico, e non per una semplice divergenza sulla sua entità.
La motivazione sulla quantificazione della pena deve essere sempre esplicita e dettagliata?
No, la Corte ha stabilito che la motivazione può anche essere implicita, purché la pena sia determinata in misura non illogica e sia possibile desumere il ragionamento del giudice dal contesto della sentenza, come ad esempio dal riferimento alla gravità e alla durata delle condotte.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43979 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43979 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il 14/01/1987
avverso la sentenza del 13/06/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che il difensore di NOME COGNOME con unico motivo, deduce la violazione di legge con riferimento alla mancata determinazione dell’aumento di pena per la continuazione in nove mesi e di sessanta euro di multa per il delitto di atti persecutori contestato al capo 2);
Considerato che il primo è manifestamente infondato, in quanto secondo le statuizioni relative alla determinazione della pena da parte del giudice di merito sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico;
Rilevato che la Corte di appello ha motivato implicitamente la determinazione della pena in applicazione della disciplina della continuazione in relazione alla gravità delle condotte accertate di atti persecutori e in misura non illogica in relazione all’entità e alla durata delle stesse;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 31 ottobre 2024.