Determinazione pena: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale riguardo i limiti del ricorso in sede di legittimità sulla determinazione della pena. Quando la decisione del giudice di merito è ben motivata e logica, una semplice contestazione sulla quantità della sanzione inflitta non è sufficiente per ottenere una revisione della sentenza. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per il reato di tentato acquisto di un ingente quantitativo di sostanza stupefacente. Nello specifico, l’imputato aveva tentato di acquistare 3 chilogrammi di cocaina per un prezzo di 22.000,00 euro. La Corte d’Appello lo aveva condannato alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione, oltre a una multa di 20.000,00 euro. Ritenendo la pena eccessiva, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione proprio in relazione alla quantificazione della sanzione.
Il ricorso e la corretta determinazione della pena
L’imputato ha basato il suo ricorso su una presunta errata valutazione da parte dei giudici di merito nella determinazione della pena. Secondo la difesa, la sanzione applicata non era congrua rispetto ai fatti contestati. Questo tipo di censura è molto comune, ma si scontra spesso con i limiti intrinseci del giudizio di Cassazione.
Il compito della Suprema Corte, infatti, non è quello di effettuare una nuova valutazione dei fatti o di sostituire il proprio apprezzamento a quello dei giudici di primo e secondo grado. La Cassazione interviene solo per verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso che si limita a contestare l’entità della pena senza evidenziare una specifica violazione di legge o una palese illogicità nel ragionamento del giudice, rischia di essere dichiarato inammissibile.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici supremi hanno osservato che la sentenza della Corte d’Appello aveva spiegato in modo puntuale e logico le ragioni alla base della determinazione della pena. La sanzione era stata considerata congrua e adeguatamente parametrata a due elementi chiave:
1. La gravità della condotta: il tentato acquisto di 3 kg di cocaina rappresenta un fatto di notevole allarme sociale e gravità.
2. I precedenti penali dell’imputato: la presenza di precedenti condanne a carico del soggetto è un fattore che il giudice deve considerare nel quantificare la pena.
Inoltre, la Corte ha sottolineato come la pena inflitta fosse significativamente più vicina al minimo edittale previsto per il reato di tentativo di traffico di stupefacenti, piuttosto che al massimo. Questa circostanza ha ulteriormente rafforzato la valutazione di congruità della pena e la correttezza della decisione dei giudici di merito. Le censure mosse dal ricorrente sono state quindi qualificate come non consentite in sede di legittimità, in quanto miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione del merito, preclusa alla Cassazione.
Le conclusioni
La decisione in esame conferma un orientamento consolidato: la valutazione sull’entità della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in Cassazione se supportata da una motivazione adeguata, non contraddittoria e priva di vizi logici. Per impugnare efficacemente la determinazione della pena, non è sufficiente lamentare la sua eccessività, ma è necessario dimostrare che il giudice ha violato specifici criteri di legge o che il suo ragionamento è palesemente illogico. In assenza di tali vizi, il ricorso verrà dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
Sì, ma solo se si riesce a dimostrare una violazione di legge o un vizio logico manifesto nella motivazione della sentenza. Non è sufficiente esprimere un semplice disaccordo con la valutazione discrezionale del giudice di merito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure erano generiche e manifestamente infondate. La Corte d’Appello aveva motivato in modo puntuale e logico la congruità della pena, basandosi sulla gravità del reato (tentato acquisto di 3 kg di cocaina) e sui precedenti penali dell’imputato.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per il ricorrente?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle Ammende, a causa della colpa nell’aver proposto un ricorso senza fondamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8982 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8982 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a REGGIO CALABRIA il 27/04/1976
avverso la sentenza del 28/03/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME ,COGNOME
Rilevato che Zimbato COGNOME condannato per il reato di cui agli artt. 56 cod. pen. e 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione e 20.000,00 euro di multa, articolando un motivo di ricorso, deduce violazione di legge e vizi motivazione con riguardo alla determinazione della pena;
Considerato che il motivo espone censure non consentite dalla legge in sede di legittimità comunque manifestamente infondate poiché la sentenza impugnata ha spiegato in modo puntuale perché la pena è congrua, parametrandola alla gravità della condotta dell’imputato costituita dal tentato acquisto di 3 kg. di cocaina per il prezzo di 22.000,00 euro, ed ai prec penali dell’imputato, a maggior ragione se si consideri la maggiore prossimità della stess minimo piuttosto che al massimo edittale applicabile in caso di tentativo nel delitto di cui 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, sussistendo profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilit
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2025.