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Determinazione pena: inammissibile il ricorso generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per guida in stato di ebbrezza. Il ricorso contestava la determinazione della pena e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La Corte ha ritenuto le censure una mera riproposizione di motivi già respinti, sottolineando la corretta valutazione del giudice di merito basata sulla gravità del reato e sui precedenti penali specifici dell’imputato.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione pena: inammissibile il ricorso generico e ripetitivo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13500/2024, ha ribadito principi fondamentali in materia di determinazione della pena e di concessione delle circostanze attenuanti generiche. La pronuncia chiarisce i limiti del sindacato di legittimità sulle valutazioni del giudice di merito, specialmente quando il ricorso si limita a riproporre censure già esaminate e respinte. Questo caso offre spunti cruciali sulla discrezionalità del giudice e sui criteri che guidano la quantificazione della sanzione penale.

I Fatti del Caso: La Condanna per Guida Sotto l’Influenza di Alcool e Sostanze Stupefacenti

Il ricorrente era stato condannato in primo grado dal Tribunale e la sentenza era stata parzialmente riformata, con una riduzione della pena, dalla Corte di Appello. Le accuse riguardavano i reati previsti dagli articoli 186, comma 2 lett. b) e 2-bis, e 187, comma 1 e 1-bis, del Codice della Strada, ovvero la guida in stato di ebbrezza alcolica e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, commessi nel 2018.

L’Appello e i Motivi del Ricorso in Cassazione

Insoddisfatto della decisione della Corte di Appello, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, articolando due motivi principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena, ritenuta eccessiva.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

In sostanza, la difesa contestava il modo in cui i giudici di merito avevano esercitato il loro potere discrezionale nel quantificare la sanzione e nel negare un ulteriore sconto di pena.

La Decisione della Cassazione sulla determinazione della pena

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili, confermando di fatto la sentenza impugnata. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale che limita fortemente la possibilità di rimettere in discussione in sede di legittimità le valutazioni di merito, se correttamente motivate.

Il Primo Motivo: la Discrezionalità del Giudice di Merito

Sul primo punto, la Corte ha definito il motivo inammissibile in quanto ‘riproduttivo’ di una censura già adeguatamente esaminata e respinta dalla Corte di Appello. I giudici hanno ricordato che la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Quest’ultimo adempie al suo obbligo di motivazione semplicemente facendo riferimento ai criteri dell’art. 133 c.p., come la gravità del reato o la capacità a delinquere dell’imputato. Una motivazione più dettagliata è richiesta solo quando la pena si discosta notevolmente dalla media edittale. Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva correttamente valorizzato la gravità del fatto (tasso alcolemico prossimo al massimo della fascia di riferimento) e la capacità a delinquere del soggetto, gravato da precedenti specifici per reati analoghi e per omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale.

Il Secondo Motivo: il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile per le stesse ragioni: era una semplice reiterazione di argomenti già disattesi. La Cassazione ha ribadito che il riconoscimento delle attenuanti generiche è un giudizio discrezionale e insindacabile in sede di legittimità, se supportato da una motivazione congrua. La Corte di Appello aveva logicamente fondato il diniego sui precedenti penali specifici e sull’assenza di elementi positivi che potessero giustificare una mitigazione del trattamento sanzionatorio.

Le Motivazioni

La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nel principio di inammissibilità dei ricorsi che non propongono nuove argomentazioni critiche rispetto alla sentenza impugnata, ma si limitano a ripetere le stesse doglianze già esaminate. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma un organo di controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Quando la Corte territoriale fornisce una risposta logica e coerente alle censure dell’appellante, il ricorso in Cassazione che ripropone le medesime questioni senza individuare vizi specifici nella decisione di secondo grado è destinato all’inammissibilità. In questo caso, i giudici di merito avevano chiaramente spiegato perché la pena fosse adeguata e perché le attenuanti non potessero essere concesse, basandosi su elementi concreti come la gravità della condotta e la storia criminale dell’imputato.

Conclusioni

Questa pronuncia consolida l’orientamento secondo cui le scelte discrezionali del giudice di merito sulla quantificazione della pena sono difficilmente attaccabili in Cassazione. Per ottenere una revisione, non è sufficiente lamentare un’eccessiva severità, ma è necessario dimostrare un vizio logico manifesto o una palese violazione di legge nella motivazione del giudice. La decisione sottolinea l’importanza, per la difesa, di presentare elementi concreti e positivi (come un comportamento processuale collaborativo o un percorso di ravvedimento) per poter sperare nel riconoscimento delle attenuanti generiche, soprattutto in presenza di precedenti penali specifici.

Quando un ricorso contro la determinazione della pena è considerato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando si limita a riproporre censure già adeguatamente esaminate e respinte dal giudice del grado precedente, senza individuare specifici vizi di logicità o violazioni di legge nella sua motivazione. La valutazione sulla misura della pena è un potere discrezionale del giudice di merito.

In base a quali criteri il giudice può negare le circostanze attenuanti generiche?
Il giudice può negare le circostanze attenuanti generiche basandosi su una valutazione discrezionale che tenga conto di elementi come i precedenti penali specifici dell’imputato e l’assenza di elementi positivi (es. ravvedimento, buona condotta processuale) che possano giustificare una riduzione della pena.

Il giudice deve sempre fornire una motivazione dettagliata per la pena inflitta?
No, non sempre. Secondo la giurisprudenza consolidata, il giudice adempie al suo obbligo di motivazione anche solo richiamando la gravità del reato o la capacità a delinquere. Una spiegazione specifica e dettagliata è necessaria solo quando la pena inflitta è di gran lunga superiore alla misura media prevista dalla legge per quel reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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