Determinazione pena: inammissibile il ricorso generico e ripetitivo
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13500/2024, ha ribadito principi fondamentali in materia di determinazione della pena e di concessione delle circostanze attenuanti generiche. La pronuncia chiarisce i limiti del sindacato di legittimità sulle valutazioni del giudice di merito, specialmente quando il ricorso si limita a riproporre censure già esaminate e respinte. Questo caso offre spunti cruciali sulla discrezionalità del giudice e sui criteri che guidano la quantificazione della sanzione penale.
I Fatti del Caso: La Condanna per Guida Sotto l’Influenza di Alcool e Sostanze Stupefacenti
Il ricorrente era stato condannato in primo grado dal Tribunale e la sentenza era stata parzialmente riformata, con una riduzione della pena, dalla Corte di Appello. Le accuse riguardavano i reati previsti dagli articoli 186, comma 2 lett. b) e 2-bis, e 187, comma 1 e 1-bis, del Codice della Strada, ovvero la guida in stato di ebbrezza alcolica e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, commessi nel 2018.
L’Appello e i Motivi del Ricorso in Cassazione
Insoddisfatto della decisione della Corte di Appello, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, articolando due motivi principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena, ritenuta eccessiva.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
In sostanza, la difesa contestava il modo in cui i giudici di merito avevano esercitato il loro potere discrezionale nel quantificare la sanzione e nel negare un ulteriore sconto di pena.
La Decisione della Cassazione sulla determinazione della pena
La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili, confermando di fatto la sentenza impugnata. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale che limita fortemente la possibilità di rimettere in discussione in sede di legittimità le valutazioni di merito, se correttamente motivate.
Il Primo Motivo: la Discrezionalità del Giudice di Merito
Sul primo punto, la Corte ha definito il motivo inammissibile in quanto ‘riproduttivo’ di una censura già adeguatamente esaminata e respinta dalla Corte di Appello. I giudici hanno ricordato che la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Quest’ultimo adempie al suo obbligo di motivazione semplicemente facendo riferimento ai criteri dell’art. 133 c.p., come la gravità del reato o la capacità a delinquere dell’imputato. Una motivazione più dettagliata è richiesta solo quando la pena si discosta notevolmente dalla media edittale. Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva correttamente valorizzato la gravità del fatto (tasso alcolemico prossimo al massimo della fascia di riferimento) e la capacità a delinquere del soggetto, gravato da precedenti specifici per reati analoghi e per omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale.
Il Secondo Motivo: il Diniego delle Attenuanti Generiche
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile per le stesse ragioni: era una semplice reiterazione di argomenti già disattesi. La Cassazione ha ribadito che il riconoscimento delle attenuanti generiche è un giudizio discrezionale e insindacabile in sede di legittimità, se supportato da una motivazione congrua. La Corte di Appello aveva logicamente fondato il diniego sui precedenti penali specifici e sull’assenza di elementi positivi che potessero giustificare una mitigazione del trattamento sanzionatorio.
Le Motivazioni
La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nel principio di inammissibilità dei ricorsi che non propongono nuove argomentazioni critiche rispetto alla sentenza impugnata, ma si limitano a ripetere le stesse doglianze già esaminate. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma un organo di controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Quando la Corte territoriale fornisce una risposta logica e coerente alle censure dell’appellante, il ricorso in Cassazione che ripropone le medesime questioni senza individuare vizi specifici nella decisione di secondo grado è destinato all’inammissibilità. In questo caso, i giudici di merito avevano chiaramente spiegato perché la pena fosse adeguata e perché le attenuanti non potessero essere concesse, basandosi su elementi concreti come la gravità della condotta e la storia criminale dell’imputato.
Conclusioni
Questa pronuncia consolida l’orientamento secondo cui le scelte discrezionali del giudice di merito sulla quantificazione della pena sono difficilmente attaccabili in Cassazione. Per ottenere una revisione, non è sufficiente lamentare un’eccessiva severità, ma è necessario dimostrare un vizio logico manifesto o una palese violazione di legge nella motivazione del giudice. La decisione sottolinea l’importanza, per la difesa, di presentare elementi concreti e positivi (come un comportamento processuale collaborativo o un percorso di ravvedimento) per poter sperare nel riconoscimento delle attenuanti generiche, soprattutto in presenza di precedenti penali specifici.
Quando un ricorso contro la determinazione della pena è considerato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando si limita a riproporre censure già adeguatamente esaminate e respinte dal giudice del grado precedente, senza individuare specifici vizi di logicità o violazioni di legge nella sua motivazione. La valutazione sulla misura della pena è un potere discrezionale del giudice di merito.
In base a quali criteri il giudice può negare le circostanze attenuanti generiche?
Il giudice può negare le circostanze attenuanti generiche basandosi su una valutazione discrezionale che tenga conto di elementi come i precedenti penali specifici dell’imputato e l’assenza di elementi positivi (es. ravvedimento, buona condotta processuale) che possano giustificare una riduzione della pena.
Il giudice deve sempre fornire una motivazione dettagliata per la pena inflitta?
No, non sempre. Secondo la giurisprudenza consolidata, il giudice adempie al suo obbligo di motivazione anche solo richiamando la gravità del reato o la capacità a delinquere. Una spiegazione specifica e dettagliata è necessaria solo quando la pena inflitta è di gran lunga superiore alla misura media prevista dalla legge per quel reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13500 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13500 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME GENOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/11/2022 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ha presentato ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova del 15.11.2022 che, in parziale riforma della sentenza di condanna del Tribunale di Genova in ordine ai reati di cui agli artt. 186 comma 2 lett. b) e comma 2 bis e 187 comma 1 e comma 1 bis d.lgs 30 aprile 1992 n. 285 commesso in Genova il 18.3.2018, ha ridotto la pena.
Rilevato che il primo motivo, con cui COGNOME ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena, è inammissibile, in quanto riproduttivo di profilo di censura già adeguatamente vagliato e disatteso dalla Corte di merito con percorso argomentativo logico e coerente. Secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale assolve al relativo obblig di motivazione se dà conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. o richiama alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197). A questo proposito la giurisprudenza ha anche specificato che la pena media edittale non deve essere calcolata dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288). La Corte ha valorizzato la gravità del fatto rilevando che il tasso alcolemico era prossimo più al massimo che al minimo previsto dalla lett. b) dell’art. 186 Cd; e nel corpo della motivazione ha anche dato atto della capacità a delinquere, sottolineando che COGNOME era gravato da precedenti penali per analogo reato e per il reato di omicidio c:olposo aggravato dalla violazione RAGIONE_SOCIALE norme sulla circolazione stradale. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Considerato che il secondo motivo, con cui ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenunati generiche, è inammissibile in quanto re.iterativo di censura già disattesa dalla Corte con percorso logico e coerente. Come detto anche il giudizio in ordine al riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenunati è discrezionale e insindacabile se congruamente motivato: nel caso in esame la Corte ha valorizzato i precedenti penali
specifici e l’assenza di elementi tali da imporre una mitigazione del trattamento sanzioNOMErio.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2024
Il Consiqfjer estensore
COGNOME
Il Presidente