Determinazione Pena: L’Ampia Discrezionalità del Giudice di Merito
La determinazione pena è una delle fasi più delicate del processo penale, in cui il giudice, sulla base delle norme e dei fatti, stabilisce la sanzione da applicare all’imputato. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire i confini della discrezionalità del giudice in questa materia e i limiti del controllo di legittimità. Il caso analizzato riguarda un ricorso per un reato di lieve entità in materia di stupefacenti, in cui l’imputato lamentava un’errata motivazione sulla quantificazione della pena.
I Fatti del Caso: Il Ricorso contro la Condanna
Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione e 2.000 euro di multa per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti, che disciplina i fatti di lieve entità.
L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente motivato la sua decisione sulla determinazione pena, limitandosi a confermare quanto stabilito dal primo giudice senza un’autonoma valutazione. A suo dire, la motivazione era viziata, illogica e non teneva conto di tutti gli elementi a suo favore.
La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali che governano la graduazione della sanzione penale e il sindacato di legittimità su di essa.
Le Motivazioni: I Limiti al Sindacato sulla Determinazione Pena
La Corte ha fondato la sua decisione su tre pilastri argomentativi principali, che definiscono chiaramente i poteri del giudice di merito e i confini dell’intervento della Cassazione.
La Discrezionalità del Giudice e la Motivazione
Il primo punto, e forse il più importante, è che la determinazione pena, inclusi gli aumenti e le diminuzioni per le circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Questo potere, esercitato nel rispetto dei criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato e capacità a delinquere del reo), non è sindacabile in sede di legittimità se non in casi eccezionali. Il controllo della Cassazione si limita a verificare che la decisione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico e che sia supportata da una motivazione sufficiente. Non è richiesto al giudice di esaminare analiticamente ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole, essendo sufficiente un riferimento agli aspetti ritenuti decisivi.
La Pena Base e il “Medio Edittale”
Il secondo punto riguarda l’onere di motivazione in relazione all’entità della pena base. La Corte ha ricordato un suo consolidato orientamento: solo quando la pena base viene fissata in una misura pari o superiore al “medio edittale” (cioè il punto intermedio tra il minimo e il massimo previsti dalla legge), il giudice è tenuto a fornire una motivazione specifica e dettagliata sui criteri seguiti. Nel caso di specie, la pena base era stata fissata in misura inferiore al medio edittale; pertanto, la motivazione, seppur sintetica, è stata ritenuta adeguata a giustificare la decisione.
L’Esclusione della Causa di Non Punibilità
Infine, il ricorso toccava anche la mancata applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, relativo alla non punibilità per particolare tenuità del fatto. I giudici di merito avevano escluso tale possibilità ritenendo il comportamento dell’imputato come “abituale”, una delle condizioni ostative previste dalla norma. La Corte di Cassazione ha osservato che questa valutazione non era stata specificamente contestata nel ricorso, che risultava quindi generico e aspecifico su questo punto, contribuendo alla sua dichiarazione di inammissibilità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame conferma che la determinazione pena è un’attività squisitamente discrezionale del giudice di merito. Chi intende contestare la quantificazione della pena in Cassazione deve dimostrare un’illogicità manifesta o un’arbitrarietà nella decisione, non potendo semplicemente richiedere una nuova e diversa valutazione degli elementi già esaminati nei gradi precedenti. Il principio del “medio edittale” funge da spartiacque: al di sotto di tale soglia, l’onere motivazionale del giudice è meno stringente; al di sopra, è necessaria una giustificazione più analitica. Questa pronuncia ribadisce la centralità del giudizio di merito e i precisi limiti del controllo di legittimità, orientando la redazione dei ricorsi verso la critica di vizi logici concreti piuttosto che verso una generica doglianza sull’entità della sanzione.
Quando la Cassazione può rivedere la determinazione della pena decisa da un giudice?
La Corte di Cassazione può intervenire solo se la decisione del giudice di merito è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico e non è sorretta da una motivazione sufficiente. Non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.
Il giudice deve sempre motivare in modo dettagliato la pena che applica?
No. Secondo la giurisprudenza citata, un obbligo di motivazione specifica e dettagliata sui criteri di determinazione della pena sorge solo quando la pena base viene fissata in misura pari o superiore al ‘medio edittale’ (il punto intermedio tra il minimo e il massimo previsti dalla legge). Se la pena è inferiore, è sufficiente una motivazione più sintetica.
Perché nel caso di specie non è stata applicata la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La non punibilità è stata esclusa perché i giudici di merito hanno ritenuto il comportamento dell’imputato ‘abituale’. L’abitualità del comportamento è una delle condizioni che, per legge, impediscono l’applicazione di questa causa di non punibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17981 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17981 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 22/10/1979
avverso la sentenza del 22/10/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza emessa in data 22 ottobre 2024 dalla Corte di appello di Genova, di conferma della sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova in data 5 ottobre 2021, con la quale è stato condannato alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 2.000 di multa per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 390;
rilevato che il motivo di ricorso, con cui si lamenta vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena, è manifestamente infondato;
ritenuto, infatti, che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. e sfugge al sindacato di legittimità qualora, come nella specie, non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (sentenza ricorsa, p. 3), fermo restando che l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti, non essendo invece necessario che il giudice di merito prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti (Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, Marigliano, Rv 279549 – 02; conformi, Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, COGNOME, Rv. 271269 -01);
posto che la pena base è stata determinata in misura comunque inferiore al “medio edittale”, questa Corte ha già precisato che solo l’irrogazione di una pena base pari o superiore al medio edittale richiede una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall’art. 133 cod. pen., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena (Sez. 5, n. 35100 del 27/06/2019, Torre, Ry. 276932 – 01; Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013, Monterosso, Rv. 255153 – 01);
considerato, quanto alla causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., che i giudici di merito hanno ritenuto il comportamento abituale, con valutazione in alcun modo censurata dal ricorso, che dunque sul punto è aspecifico;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 2 aprile 2025
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