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Determinazione della pena: rigetto del ricorso

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi di due imputati condannati per associazione di tipo mafioso, i quali contestavano la quantificazione della sanzione e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ha confermato la correttezza della determinazione della pena operata dai giudici di merito, ritenendola congrua e adeguatamente motivata in base alla normativa applicabile all’epoca dei fatti e ai criteri dell’art. 133 c.p., ribadendo la sufficienza di una motivazione logica per il diniego delle attenuanti.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della Pena: La Cassazione sul Calcolo e le Attenuanti Generiche

La corretta determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice deve bilanciare la gravità del reato con la personalità dell’imputato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su come questo potere discrezionale debba essere esercitato, specialmente in relazione ai reati associativi e al diniego delle attenuanti generiche. La Corte ha esaminato i ricorsi di due individui condannati per associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), confermando le decisioni dei giudici di merito e rigettando le loro doglianze.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello che, a seguito di un rinvio dalla stessa Cassazione, aveva parzialmente riformato una condanna di primo grado. Ai due imputati venivano contestati reati legati alla partecipazione a un’associazione mafiosa, commessi in un periodo antecedente al 2015. I due ricorrenti, tramite i loro difensori, hanno presentato ricorso in Cassazione lamentando principalmente due aspetti:

1. Un’errata determinazione della pena, ritenuta eccessiva rispetto al minimo edittale applicabile all’epoca dei fatti.
2. L’illegittimità del diniego delle attenuanti generiche, basato, a loro dire, su motivazioni superficiali o apparenti.

In sostanza, entrambi sostenevano che i giudici di merito non avessero adeguatamente ponderato tutti gli elementi a loro favore, applicando una sanzione sproporzionata.

La Decisione della Corte e la determinazione della pena

La Suprema Corte ha respinto entrambi i ricorsi, ritenendoli infondati. L’analisi dei giudici si è concentrata sulla logicità e coerenza delle motivazioni addotte dalla Corte d’Appello, confermando la correttezza del suo operato.

La Posizione del Primo Ricorrente

Per il primo imputato, la Cassazione ha osservato che la pena inflitta (dieci anni di reclusione prima della riduzione per il rito abbreviato) era molto vicina al minimo edittale di nove anni previsto dalla legge vigente all’epoca dei fatti (dopo le modifiche del 2008 ma prima dell’inasprimento del 2015). La Corte ha sottolineato che una pena così vicina al minimo legale non necessita di una motivazione analitica per ogni singolo criterio dell’art. 133 c.p. I giudici di merito avevano comunque fornito una giustificazione congrua, basata su elementi negativi come le modalità della condotta e la personalità dell’imputato. Anche il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto legittimo, poiché ancorato a una valutazione specifica e non generica della condotta associativa.

La Posizione del Secondo Ricorrente

Anche il ricorso del secondo imputato è stato rigettato. La sua critica sulla determinazione della pena si basava su un presupposto errato: egli sosteneva che il minimo edittale fosse di nove anni, mentre per le specifiche aggravanti a lui contestate (commi secondo, quarto e quinto dell’art. 416-bis c.p.), la legge prevedeva un minimo di dodici anni. La pena base fissata era quindi esattamente pari al minimo legale. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, la Corte ha dichiarato la questione inammissibile, poiché già esaminata e respinta in un precedente giudizio di cassazione, rendendo la decisione definitiva.

Le Motivazioni della Corte

La sentenza ribadisce principi consolidati in materia di discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma deve limitarsi a un controllo di logicità e legalità della motivazione. In questo caso, le motivazioni della Corte d’Appello sono state giudicate esaustive e non contraddittorie.

I giudici hanno chiarito che quando la pena è fissata in una misura prossima al minimo, o addirittura coincidente con esso, l’obbligo di motivazione del giudice è meno stringente. È sufficiente che emerga come siano stati considerati i criteri direttivi dell’art. 133 c.p., senza la necessità di un’analisi dettagliata per ciascuno. Inoltre, il diniego delle attenuanti generiche è legittimo se fondato su una valutazione concreta della condotta e della personalità dell’imputato, come avvenuto nel caso di specie, dove si è fatto riferimento alle specifiche modalità della partecipazione al sodalizio criminale.

Conclusioni

Questa pronuncia conferma la linea rigorosa della giurisprudenza in tema di determinazione della pena per reati di particolare gravità come l’associazione mafiosa. Essa sottolinea l’ampio potere discrezionale del giudice di merito nel quantificare la sanzione, purché la sua decisione sia supportata da una motivazione logica e coerente con i dati processuali. Per gli imputati e i loro difensori, emerge la necessità di formulare censure specifiche e puntuali, evitando doglianze generiche che si limitano a contestare l’entità della pena senza evidenziare vizi logici o violazioni di legge.

Come viene determinata la pena se la legge è cambiata dopo il reato?
La pena viene calcolata sulla base della legge in vigore al momento della commissione del reato. Nel caso specifico, la Corte ha applicato il minimo edittale previsto dalla normativa vigente nel periodo dei fatti (post 2008 e pre 2015), non quello più severo introdotto successivamente.

Perché possono essere negate le attenuanti generiche?
Le attenuanti generiche possono essere negate quando il giudice fornisce una motivazione specifica ed esaustiva, basata su elementi concreti come le modalità della condotta e la personalità dell’imputato. Un richiamo alle concrete modalità della partecipazione all’associazione criminale è stato ritenuto sufficiente per giustificare il diniego.

È possibile contestare nuovamente in Cassazione un punto già deciso?
No. Se una specifica questione, come la concessione delle attenuanti generiche, è già stata esaminata e respinta in un precedente ricorso per cassazione, essa non può essere riproposta. La decisione precedente diventa definitiva su quel punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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