LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Determinazione della pena: ricorso inammissibile se generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati che contestavano l’entità della pena inflitta per furto aggravato e resistenza. L’ordinanza ribadisce che la determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità se la motivazione non è arbitraria o manifestamente illogica, come nel caso di specie.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della Pena: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La corretta determinazione della pena rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, affidato alla discrezionalità del giudice. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 982/2024) offre un importante chiarimento sui limiti entro cui tale discrezionalità può essere contestata in sede di legittimità. La Corte ha ribadito un principio consolidato: un ricorso che si limita a criticare l’entità della pena senza dimostrare un’evidente illogicità nella motivazione del giudice è destinato all’inammissibilità.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da due individui condannati dalla Corte di Appello di Bari per i reati di furto aggravato e resistenza a pubblico ufficiale, commessi in concorso tra loro. Gli imputati, non contestando la loro colpevolezza, hanno deciso di impugnare la sentenza di secondo grado dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando un unico motivo di ricorso: la presunta erronea quantificazione della pena da parte dei giudici di merito.

Secondo i ricorrenti, la pena inflitta era eccessiva. Tuttavia, il loro ricorso si concentrava su una generica doglianza, senza articolare specifiche critiche al percorso logico-giuridico seguito dalla Corte d’Appello nella sua decisione.

La Questione Giuridica: I Limiti al Sindacato sulla Determinazione della Pena

Il cuore della questione riguarda i confini del sindacato della Corte di Cassazione sulla determinazione della pena. Il nostro ordinamento, agli articoli 132 e 133 del codice penale, conferisce al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) un potere discrezionale nella quantificazione della sanzione, da esercitare all’interno della cornice edittale prevista dalla legge per il singolo reato.

Questo potere non è assoluto, ma deve essere esercitato tenendo conto di precisi indicatori, quali la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo. La Corte di Cassazione, essendo giudice di legittimità e non di merito, non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria. Di conseguenza, un ricorso che chiede semplicemente una pena più mite, senza denunciare un vizio di legittimità, esula dalle competenze della Suprema Corte.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo ‘generico’ e ‘manifestamente infondato’. I giudici hanno sottolineato che i ricorrenti non avevano addotto alcun elemento concreto, né in fatto né in diritto, a sostegno della loro censura. La doglianza si traduceva in una richiesta di nuova valutazione della congruità della pena, operazione preclusa in sede di legittimità.

La Corte ha ricordato il suo pacifico insegnamento: la graduazione della pena è un esercizio di discrezionalità del giudice di merito. La decisione può essere censurata in Cassazione solo se è ‘frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico’ e non è sorretta da una ‘sufficiente motivazione’.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la sua decisione, ritenendo la pena finale congrua in considerazione di due fattori chiave:
1. La gravità dei fatti: i reati commessi erano stati valutati come particolarmente seri.
2. La personalità degli imputati: entrambi i soggetti erano già gravati da plurimi precedenti penali, un elemento che incide negativamente sulla valutazione della loro capacità a delinquere.

Poiché la motivazione della Corte territoriale era logica, coerente e sufficiente, non vi era spazio per un intervento della Cassazione.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La decisione della Suprema Corte consolida un principio fondamentale del nostro sistema processuale penale. Chi intende contestare la determinazione della pena in Cassazione non può limitarsi a esprimere un dissenso sulla sua entità. È necessario, invece, individuare e dimostrare un vizio specifico nel ragionamento del giudice di merito, come una palese illogicità, una contraddittorietà o una carenza assoluta di motivazione riguardo ai criteri dell’art. 133 cod. pen.

In assenza di tali vizi, il ricorso sarà inevitabilmente dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: l’appello alla Cassazione deve essere fondato su precise questioni di diritto, non su mere aspettative di un trattamento sanzionatorio più favorevole.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa da un giudice?
Sì, ma solo a condizioni molto specifiche. Non si può chiedere una nuova valutazione sulla ‘giustezza’ della pena. Si può contestare solo se la decisione del giudice è palesemente illogica, arbitraria o priva di una motivazione sufficiente, come chiarito in questa ordinanza.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato ‘generico’, ovvero non ha specificato in modo concreto e argomentato perché la motivazione del giudice d’appello fosse illogica o arbitraria. Si è limitato a lamentare l’entità della pena senza individuare un vizio specifico nel ragionamento del giudice.

Cosa ha considerato il giudice d’appello per stabilire la pena?
La Corte d’Appello ha ritenuto la pena congrua tenendo conto di due elementi principali: la gravità dei fatti commessi e la personalità degli imputati, i quali avevano già numerosi precedenti penali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati