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Determinazione della pena: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti. L’ordinanza sottolinea che la determinazione della pena è una valutazione del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità se non illogica, e che una pena di poco superiore al minimo edittale non richiede una motivazione specifica. I motivi del ricorso sono stati ritenuti generici e ripetitivi.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della Pena: la Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9606/2024, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti del sindacato di legittimità in materia di determinazione della pena. La decisione ribadisce principi consolidati, sottolineando come le valutazioni del giudice di merito sulla congruità della sanzione siano difficilmente contestabili in Cassazione, specialmente quando i motivi di ricorso risultano generici e la pena si discosta di poco dal minimo edittale. Questo caso offre uno spunto essenziale per comprendere i confini tra il giudizio di merito e quello di legittimità.

I Fatti del Caso: La Condanna e i Motivi di Ricorso

Il caso trae origine da una condanna per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, relativo al cosiddetto “spaccio di lieve entità”. L’imputato, dopo la conferma della sentenza in appello, ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a tre principali motivi di doglianza:

1. Vizio di motivazione sulla mancata esclusione della recidiva e sulla non applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
2. Vizio di motivazione sulla determinazione della pena, ritenuta eccessiva e che avrebbe dovuto attestarsi sul minimo edittale.
3. Vizio di motivazione sul diniego della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.).

La difesa sosteneva, in sintesi, che i giudici di merito avessero errato nel valutare questi aspetti, portando all’applicazione di una pena ingiustamente afflittiva.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo gli Ermellini, i motivi proposti erano “manifestamente infondati”, generici e privi di un reale confronto critico con le argomentazioni della sentenza impugnata. In sostanza, il ricorso si limitava a riproporre le stesse questioni già adeguatamente esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, senza sollevare vizi di legittimità concreti.

Le Motivazioni: Analisi sulla Determinazione della Pena e la Genericità dei Motivi

La Corte ha analizzato punto per punto le censure della difesa, smontandole sulla base di principi giuridici consolidati.

La recidiva e la particolare tenuità del fatto

In primo luogo, la Cassazione ha ritenuto corretta e logica la motivazione della Corte d’Appello riguardo alla non applicabilità dell’art. 131-bis c.p. La particolare tenuità del fatto era stata esclusa non solo per il disvalore oggettivo della condotta, ma anche per l’intensità del dolo. Analogamente, la decisione di non escludere la recidiva è stata considerata ben motivata, poiché fondata sui numerosi precedenti penali specifici dell’imputato, uno dei quali molto recente, elementi che rivelavano una “accresciuta pericolosità sociale”.

La congruità della pena e la determinazione della pena

Il cuore della pronuncia risiede nella questione della determinazione della pena. La Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale pacifico: quando la pena inflitta si discosta solo leggermente dal minimo edittale, non è richiesta al giudice una motivazione specifica e dettagliata. La scelta di irrogare una pena media o prossima al minimo rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, basato sui criteri dell’art. 133 c.p., e non può essere oggetto di una nuova valutazione in sede di legittimità, a meno che la decisione non sia palesemente arbitraria o illogica. Nel caso di specie, la pena, di poco superiore al minimo, era stata giudicata congrua in relazione all’entità del fatto, rendendo la censura inammissibile.

Il diniego delle attenuanti

Infine, anche il diniego dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p. è stato ritenuto correttamente motivato. Il possesso di una rilevante somma di denaro, considerata provento del reato di spaccio, è stato giudicato un elemento idoneo a escludere la speciale tenuità del danno patrimoniale.

Le Conclusioni: I Limiti del Sindacato di Legittimità

L’ordinanza in esame è un’importante conferma dei limiti del ricorso in Cassazione. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma un giudice della legittimità, chiamato a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Questioni come la valutazione della congruità della pena rientrano nel prudente apprezzamento del giudice di merito. Un ricorso che miri a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, senza evidenziare un vizio logico o una violazione di legge, è destinato a essere dichiarato inammissibile. La sentenza, pertanto, serve da monito sulla necessità di formulare motivi di ricorso specifici e critici, anziché meramente ripropositivi delle argomentazioni già respinte.

Quando un ricorso sulla determinazione della pena può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso sulla determinazione della pena è inammissibile quando si limita a contestare la congruità della pena scelta dal giudice di merito senza dimostrare che la decisione sia frutto di arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico. Inoltre, viene dichiarato inammissibile se i motivi sono generici e ripropongono questioni già respinte nei gradi precedenti senza un confronto critico con la sentenza impugnata.

È necessaria una motivazione dettagliata se la pena è di poco superiore al minimo legale?
No, secondo l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, quando la pena inflitta non si discosta in maniera rilevante dal minimo edittale, non è richiesta una motivazione specifica e dettagliata da parte del giudice. La scelta rientra nel suo potere discrezionale, basato sui criteri dell’art. 133 del codice penale.

Come valuta la Cassazione la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La Cassazione ritiene che la valutazione sulla particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) sia una questione di merito che sfugge al sindacato di legittimità, a condizione che la decisione del giudice sia sorretta da una motivazione immune da vizi logici. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto corretta l’esclusione di tale beneficio sulla base del rilevato disvalore oggettivo della condotta e dell’intensità del dolo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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