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Determinazione della pena: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava l’eccessiva entità della pena e la mancata concessione delle attenuanti generiche per reati legati agli stupefacenti. La Suprema Corte ha ribadito che la determinazione della pena è una valutazione di merito del giudice, non sindacabile in sede di legittimità se la sanzione non si avvicina al massimo edittale e la motivazione risulta logica e coerente, come nel caso di specie.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della Pena: I Limiti al Ricorso in Cassazione

La determinazione della pena è una delle fasi più delicate del processo penale, in cui il giudice traduce la responsabilità penale in una sanzione concreta. Ma fino a che punto questa decisione può essere contestata in Corte di Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte offre un importante chiarimento sui limiti del sindacato di legittimità, confermando che la valutazione del giudice di merito è ampiamente discrezionale se ben motivata e se la pena non è sproporzionata.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per due ipotesi di reato legate a sostanze stupefacenti, qualificate come di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. L’imputato era stato condannato in primo grado dal Tribunale di Pistoia a una pena di un anno e quattro mesi di reclusione e 4.000,00 euro di multa. La Corte d’Appello di Firenze aveva confermato integralmente la sentenza.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: l’illogicità della motivazione riguardo alla determinazione della pena, ritenuta eccessiva, e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

La Decisione della Corte: Inammissibilità e la Determinazione della Pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la quantificazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e la sua valutazione non è, di norma, censurabile in Cassazione.

Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché le censure sollevate non riguardavano violazioni di legge, ma contestavano l’apprezzamento dei fatti e la valutazione discrezionale del giudice, attività che non possono essere riesaminate in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha articolato il suo ragionamento su due punti fondamentali, strettamente connessi tra loro.

Il Principio di Diritto sulla Quantificazione della Pena

Il Collegio ha ribadito che un obbligo di motivazione specifica e dettagliata sulla pena sorge solo in casi eccezionali: quando la sanzione applicata è prossima al massimo edittale previsto dalla legge, o comunque significativamente superiore alla media. In tutti gli altri casi, specialmente quando la pena si attesta su livelli medi o prossimi al minimo, la scelta del giudice si considera implicitamente motivata attraverso il richiamo ai criteri generali dell’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, etc.).
Nel caso specifico, la pena inflitta era ben lontana dal massimo, pertanto la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta adeguata e non censurabile.

La Negazione delle Attenuanti Generiche

Anche per quanto riguarda il diniego delle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.), la Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello immune da vizi. Il giudice di secondo grado aveva fornito una spiegazione logica e coerente con le risultanze processuali per giustificare la sua decisione. Una motivazione di questo tipo, priva di illogicità manifeste, si sottrae al sindacato della Corte di Cassazione, che non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un orientamento giurisprudenziale pacifico ma di fondamentale importanza pratica. La determinazione della pena è un’attività che la legge affida alla prudente discrezionalità del giudice di merito, il quale è l’unico a poter apprezzare pienamente tutti gli elementi del caso concreto. Il ricorso per cassazione non può diventare un terzo grado di giudizio in cui ridiscutere l’entità della sanzione. È possibile contestarla solo se la motivazione è palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente, oppure se la pena inflitta è talmente elevata da richiedere una giustificazione rafforzata, ipotesi che non si è verificata nel caso di specie. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

È sempre possibile contestare in Cassazione la quantità della pena inflitta?
No. La quantificazione della pena è una valutazione di merito del giudice e non è sindacabile in Cassazione, a meno che la motivazione sia manifestamente illogica o la pena si avvicini al massimo previsto dalla legge.

Quando un giudice deve motivare in modo dettagliato la determinazione della pena?
Un obbligo di motivazione specifica e dettagliata sorge solo quando la pena inflitta è prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media. Per pene medie o vicine al minimo, la motivazione può essere anche implicita.

Il rifiuto di concedere le attenuanti generiche può essere criticato in Cassazione?
Sì, ma solo se la motivazione del giudice è viziata da illogicità o è incoerente con le risultanze processuali. Se la motivazione è logica e coerente, come nel caso esaminato, la decisione non è censurabile in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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