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Determinazione della pena: quando serve motivazione?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una condanna per reati legati agli stupefacenti. Il motivo del ricorso, incentrato sull’eccessiva entità della sanzione, è stato respinto. La Corte ha ribadito un principio fondamentale sulla determinazione della pena: una motivazione dettagliata è richiesta solo quando la pena è vicina al massimo edittale o superiore alla media. Per pene medie o minime, la scelta del giudice è insindacabile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della Pena: Quando la Motivazione è Obbligatoria?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13740 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del processo penale: la determinazione della pena. Spesso, la difesa contesta l’entità della sanzione inflitta, ritenendola eccessiva. Ma fino a che punto tale contestazione può essere portata all’attenzione della Suprema Corte? Questa pronuncia chiarisce i confini del sindacato di legittimità, stabilendo quando il giudice di merito è tenuto a fornire una motivazione rafforzata e quando, invece, la sua scelta è discrezionale e insindacabile.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna a tre anni di reclusione e 8.000 euro di multa per reati connessi al traffico di sostanze stupefacenti, inflitta dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta mancanza di motivazione riguardo all’eccessiva entità della pena inflitta.

Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero adeguatamente giustificato la scelta di una sanzione così aspra, violando così l’obbligo di motivazione. La questione sottoposta alla Suprema Corte era quindi puramente procedurale e di diritto: il giudice deve sempre spiegare nel dettaglio perché ha scelto una determinata pena all’interno della cornice edittale?

La Decisione della Corte sulla Determinazione della Pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la valutazione sull’entità della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non può essere oggetto di una generica censura in sede di Cassazione.

Il Principio di Diritto Affermato

Il Collegio ha ribadito che una motivazione specifica e dettagliata sui criteri seguiti per la determinazione della pena (descritti all’art. 133 del Codice Penale) è necessaria solo in due ipotesi:

1. Quando la pena si attesta su livelli prossimi al massimo edittale previsto dalla legge.
2. Quando la sanzione è significativamente superiore alla media.

In tutti gli altri casi, ovvero quando la pena è fissata in una misura media o prossima al minimo, la scelta del giudice si considera implicitamente motivata dal semplice richiamo ai criteri generali. Non è richiesta un’analisi puntuale di ogni singolo elemento, poiché si presume che il giudice li abbia considerati nel loro complesso.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto il motivo del ricorso non deducibile in sede di legittimità. L’appello alla Cassazione è consentito per violazioni di legge o vizi di motivazione evidenti (come la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità), non per rimettere in discussione valutazioni discrezionali del giudice di merito. La scelta della pena, se contenuta entro i limiti legali e non palesemente irragionevole o priva di giustificazione nei casi più gravi, rientra proprio in quest’ultima categoria.

La decisione impugnata, secondo i giudici supremi, era sorretta da un apparato argomentativo coerente e rispettoso della normativa. L’aver irrogato una pena media, o comunque non sproporzionata al punto da richiedere una giustificazione rafforzata, rendeva la scelta insindacabile. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per la difesa. Contestare l’entità della pena in Cassazione è una strategia processuale con scarse probabilità di successo, a meno che non si possano evidenziare due condizioni precise: una pena eccezionalmente elevata (vicina al massimo) e una totale assenza di motivazione da parte del giudice di merito che spieghi tale severità. Per le pene che si collocano nella fascia medio-bassa della cornice edittale, la discrezionalità del giudice è quasi assoluta. Pertanto, le argomentazioni difensive sull’entità della sanzione devono essere sviluppate e motivate con forza nei gradi di merito, dove il giudice ha il pieno potere di apprezzare i fatti e la personalità dell’imputato per commisurare la sanzione più adeguata.

È sempre possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta troppo alta?
No. Il ricorso è generalmente inammissibile se critica solo l’entità della pena, a meno che la sanzione non sia prossima al massimo edittale o sproporzionata e il giudice non abbia fornito alcuna motivazione specifica a riguardo.

Quando il giudice è obbligato a motivare in modo dettagliato la pena inflitta?
Il giudice deve fornire una motivazione specifica e dettagliata solo quando la pena è quantificata in misura prossima al massimo previsto dalla legge (massimo edittale) o comunque in misura superiore alla media.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito per legge in questi casi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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