Determinazione della pena: i limiti al ricorso in Cassazione
La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice, sulla base dei criteri stabiliti dall’articolo 133 del codice penale, quantifica la sanzione da applicare all’imputato. Ma fino a che punto questa decisione può essere contestata in Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte fa chiarezza, stabilendo i confini precisi entro cui il ricorso è ammissibile.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Torino che, pur revocando la confisca di una somma di denaro, aveva confermato la condanna di un individuo a otto mesi di reclusione per reati legati agli stupefacenti (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990) e resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.).
L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio. In sostanza, si lamentava che la Corte d’Appello avesse effettuato una errata determinazione della pena, senza rispettare i parametri indicati dall’art. 133 c.p.
Il Principio sulla Determinazione della Pena
Il cuore della questione ruota attorno alla discrezionalità del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) nel quantificare la pena. L’articolo 133 del codice penale elenca una serie di criteri che il giudice deve considerare, come la gravità del danno, l’intensità del dolo o il grado della colpa, e la capacità a delinquere del reo.
Tuttavia, la giurisprudenza consolidata, richiamata anche in questa ordinanza, ritiene che la valutazione di questi elementi sia un’attività riservata esclusivamente al giudice di merito. Il suo giudizio non può essere riesaminato dalla Corte di Cassazione, che è un giudice di legittimità e non di merito.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: la scelta del giudice di merito sulla quantificazione della pena è insindacabile in sede di legittimità, a meno che non ricorrano circostanze eccezionali.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato che una motivazione specifica e dettagliata sulla determinazione della pena è richiesta solo in due casi:
1. Quando la pena inflitta si avvicina al massimo edittale previsto dalla legge.
2. Quando la sanzione è significativamente superiore alla media.
In queste ipotesi, il giudice ha l’onere di spiegare analiticamente le ragioni di una scelta così severa. Al di fuori di questi casi, se la pena si attesta su valori medi o prossimi al minimo, si presume che il giudice abbia implicitamente considerato tutti i criteri dell’art. 133 c.p. in modo equilibrato. La motivazione può quindi essere anche sintetica o implicita, senza che ciò costituisca un vizio della sentenza.
Nel caso di specie, la pena di otto mesi di reclusione è stata ritenuta congrua e non così elevata da richiedere una giustificazione particolareggiata. Pertanto, il motivo di ricorso è stato giudicato non deducibile in sede di legittimità, portando alla sua inammissibilità.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza pratica. Per gli avvocati e i loro assistiti, significa che un ricorso in Cassazione basato unicamente sulla contestazione della misura della pena ha scarse probabilità di successo, a meno che la pena non sia palesemente sproporzionata o la motivazione del giudice di merito sia totalmente assente o manifestamente illogica. La discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena entro la forbice edittale è molto ampia e protetta dal sindacato della Cassazione. La conseguenza dell’inammissibilità del ricorso è stata, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
È sempre possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa da un giudice?
No. Secondo la Corte, la contestazione sulla misura della pena è inammissibile se la sanzione è media o vicina al minimo previsto dalla legge. La scelta del giudice di merito è considerata insindacabile in questi casi, in quanto riservata alla sua valutazione discrezionale.
Quando il giudice è obbligato a motivare in modo dettagliato la determinazione della pena?
Il giudice deve fornire una motivazione specifica e dettagliata solo quando la pena inflitta è vicina al massimo edittale o comunque superiore alla media, per giustificare una sanzione particolarmente severa.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3150 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3150 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 01/01/1999
avverso la sentenza del 29/02/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 29 febbraio 2024 la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della pronuncia del locale Tribunale del 3 giugno 2023, ha revocato la confisca del denaro in sequestro e confermato la condanna di NOME COGNOME alla pena di mesi otto di reclusione in ordine ai reati di cui agli artt. 7 comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo 1); 61 n. 2, 81 cpv., 337 cod. pen. (capo 2),
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio inflittogli, in quanto determinato in violazione dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Il Collegio rileva, infatti, come la decisione impugnata risulti sorretta da conferente apparato argomentativo (cfr. pp. 2 e s.), di pieno rispetto della previsione normativa quanto all’effettuata determinazione del trattamento sanzionatorio.
Una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice nella determinazione della pena, infatti, si richiede solo nel caso in cui la sanzione sia quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di merito, la scelta implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 cod. pen. d irrogare – come disposto nel caso di specie – una pena in misura media o prossima al minimo edittale (così, tra le altre: Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243-01; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, COGNOME, Rv. 25835601; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464-01; Sez. 4, – n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa del ammende.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Pr idente