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Determinazione della pena: quando il ricorso è nullo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che contestava la misura della pena ricevuta. L’ordinanza ribadisce che la determinazione della pena, se non si discosta dal minimo edittale, è una valutazione di merito riservata al giudice e non può essere sindacata in sede di legittimità, a meno che non sia manifestamente illogica.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della pena: i limiti al ricorso in Cassazione

La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice, sulla base dei criteri stabiliti dall’articolo 133 del codice penale, quantifica la sanzione da applicare all’imputato. Ma fino a che punto questa decisione può essere contestata in Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte fa chiarezza, stabilendo i confini precisi entro cui il ricorso è ammissibile.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Torino che, pur revocando la confisca di una somma di denaro, aveva confermato la condanna di un individuo a otto mesi di reclusione per reati legati agli stupefacenti (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990) e resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.).

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio. In sostanza, si lamentava che la Corte d’Appello avesse effettuato una errata determinazione della pena, senza rispettare i parametri indicati dall’art. 133 c.p.

Il Principio sulla Determinazione della Pena

Il cuore della questione ruota attorno alla discrezionalità del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) nel quantificare la pena. L’articolo 133 del codice penale elenca una serie di criteri che il giudice deve considerare, come la gravità del danno, l’intensità del dolo o il grado della colpa, e la capacità a delinquere del reo.

Tuttavia, la giurisprudenza consolidata, richiamata anche in questa ordinanza, ritiene che la valutazione di questi elementi sia un’attività riservata esclusivamente al giudice di merito. Il suo giudizio non può essere riesaminato dalla Corte di Cassazione, che è un giudice di legittimità e non di merito.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: la scelta del giudice di merito sulla quantificazione della pena è insindacabile in sede di legittimità, a meno che non ricorrano circostanze eccezionali.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che una motivazione specifica e dettagliata sulla determinazione della pena è richiesta solo in due casi:

1. Quando la pena inflitta si avvicina al massimo edittale previsto dalla legge.
2. Quando la sanzione è significativamente superiore alla media.

In queste ipotesi, il giudice ha l’onere di spiegare analiticamente le ragioni di una scelta così severa. Al di fuori di questi casi, se la pena si attesta su valori medi o prossimi al minimo, si presume che il giudice abbia implicitamente considerato tutti i criteri dell’art. 133 c.p. in modo equilibrato. La motivazione può quindi essere anche sintetica o implicita, senza che ciò costituisca un vizio della sentenza.

Nel caso di specie, la pena di otto mesi di reclusione è stata ritenuta congrua e non così elevata da richiedere una giustificazione particolareggiata. Pertanto, il motivo di ricorso è stato giudicato non deducibile in sede di legittimità, portando alla sua inammissibilità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza pratica. Per gli avvocati e i loro assistiti, significa che un ricorso in Cassazione basato unicamente sulla contestazione della misura della pena ha scarse probabilità di successo, a meno che la pena non sia palesemente sproporzionata o la motivazione del giudice di merito sia totalmente assente o manifestamente illogica. La discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena entro la forbice edittale è molto ampia e protetta dal sindacato della Cassazione. La conseguenza dell’inammissibilità del ricorso è stata, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

È sempre possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa da un giudice?
No. Secondo la Corte, la contestazione sulla misura della pena è inammissibile se la sanzione è media o vicina al minimo previsto dalla legge. La scelta del giudice di merito è considerata insindacabile in questi casi, in quanto riservata alla sua valutazione discrezionale.

Quando il giudice è obbligato a motivare in modo dettagliato la determinazione della pena?
Il giudice deve fornire una motivazione specifica e dettagliata solo quando la pena inflitta è vicina al massimo edittale o comunque superiore alla media, per giustificare una sanzione particolarmente severa.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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