Determinazione della Pena: Quando il Giudice Non Deve Giustificarsi in Dettaglio
La discrezionalità del giudice nella determinazione della pena è un pilastro del nostro sistema penale, ma entro quali limiti può essere esercitata e, soprattutto, quando è possibile contestarla in sede di legittimità? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: l’obbligo di motivazione della sanzione inflitta, chiarendo quando un ricorso su questo punto rischia di essere dichiarato inammissibile.
I Fatti del Caso: un Ricorso contro la Sanzione
Il caso analizzato trae origine da una condanna per il reato di furto, ex art. 624 c.p., confermata dalla Corte di Appello di Bologna. L’imputato, condannato a quattro mesi di reclusione e 120 euro di multa, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione. Il suo unico motivo di doglianza riguardava proprio il trattamento sanzionatorio ricevuto. A suo avviso, la Corte d’Appello aveva errato nella valutazione, incorrendo in un vizio di motivazione e in una violazione di legge nella quantificazione della pena.
La Decisione della Cassazione e la questione sulla determinazione della pena
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo il motivo proposto non deducibile in quella sede. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza: la scelta della pena da irrogare è riservata al giudice di merito e la sua valutazione è insindacabile in Cassazione, a meno che non si verifichino condizioni specifiche.
Secondo gli Ermellini, la decisione impugnata era sorretta da un apparato argomentativo sufficiente e rispettoso della normativa in materia di determinazione della pena. Il punto focale della questione risiede nell’entità della sanzione applicata rispetto ai limiti previsti dalla legge per quel reato.
Le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione ha ribadito un orientamento giurisprudenziale pacifico. L’obbligo per il giudice di fornire una motivazione specifica e dettagliata sui criteri seguiti per quantificare la pena sorge solo in due ipotesi:
1. Quando la pena si attesta su valori prossimi al massimo edittale.
2. Quando la pena è comunque superiore alla media prevista dalla norma.
In tutti gli altri casi, e in particolare quando la sanzione, come nel caso di specie, è prossima al minimo edittale, la scelta del giudice di merito è considerata implicitamente motivata. Si presume, infatti, che il giudice abbia fatto buon uso del suo potere discrezionale, basandosi sui criteri generali indicati dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, ecc.), senza che sia necessario esplicitarli punto per punto.
Di conseguenza, un ricorso che si limiti a contestare l’entità di una pena minima, senza evidenziare palesi illogicità o violazioni di legge, si traduce in una richiesta di rivalutazione del merito, attività preclusa alla Corte di Cassazione, che è giudice di legittimità e non di fatto.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica. Contestare la determinazione della pena in Cassazione è una strategia processuale che richiede presupposti ben precisi. Non è sufficiente un generico dissenso sulla sanzione. È necessario dimostrare che il giudice di merito si sia discostato significativamente dai minimi di legge senza fornire una giustificazione adeguata e logica. In assenza di tali condizioni, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso specifico con una condanna al pagamento di 3.000 euro.
È sempre possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
No, non è sempre possibile. La contestazione è ammissibile solo se si lamenta una violazione di legge o un vizio logico della motivazione, ma non per una nuova valutazione dei fatti. In particolare, se la pena è vicina al minimo previsto dalla legge, la scelta del giudice è considerata insindacabile in Cassazione.
Quando il giudice è obbligato a fornire una motivazione dettagliata per la pena inflitta?
Il giudice è tenuto a fornire una motivazione specifica e dettagliata solo quando la sanzione applicata è prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media. Per pene vicine al minimo, la motivazione può essere anche implicita.
Cosa succede se un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo è stabilito dalla Corte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7278 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7278 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ACERRA il 27/08/1982
avverso la sentenza del 04/04/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 4 aprile 2024 la Corte di appello di Bologna ha confermato la pronuncia del locale Tribunale del 12 dicembre 2022 con cui NOME era stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 120,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 624 cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, lamentando, con un unico motivo, vizio di motivazione e violazione di legge con riguardo al trattamento sanzionatorio inflittogli.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Il Collegio rileva, infatti, come la decisione impugnata risulti sorretta da conferente apparato argomentativo (cfr. p. 2), di pieno rispetto della previsione normativa quanto all’effettuata determinazione del trattamento sanzionatorio.
Una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice nella determinazione della pena, infatti, si richiede solo nel caso in cui la sanzione sia quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di merito, la scelta implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 cod. pen. di irrogare – come disposto nel caso di specie – una pena in misura media o prossima al minimo edittale (così, tra le altre: Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243-01; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, COGNOME, Rv. 25835601; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464-01; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente