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Determinazione della pena: quando è insindacabile?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava una pena eccessiva per guida in stato di ebbrezza e senza patente. La sentenza ribadisce che la determinazione della pena da parte del giudice di merito, se fissata in misura media o prossima al minimo, non è sindacabile in sede di legittimità, in quanto la motivazione si considera implicita nei criteri dell’art. 133 del codice penale.

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Pubblicato il 30 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della pena: quando la decisione del giudice è definitiva?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25599 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: i limiti del sindacato di legittimità sulla determinazione della pena. Questa decisione chiarisce quando la valutazione del giudice di merito sull’entità della sanzione diventa insindacabile, confermando un principio consolidato che rafforza la discrezionalità dei tribunali di primo e secondo grado.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale e successivamente della Corte d’Appello di Bologna. L’imputato era stato riconosciuto colpevole di reati previsti dal Codice della Strada, specificamente per guida in stato di ebbrezza (art. 186, commi 1, 2 lett. b e 2-sexies) e guida senza patente (art. 116, comma 15). La pena inflitta era di un mese e dieci giorni di arresto, oltre a 1.000,00 euro di ammenda. Ritenendo la sanzione eccessiva, l’imputato decideva di ricorrere per cassazione.

Il Ricorso in Cassazione sulla Determinazione della Pena

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato un unico motivo di ricorso alla Suprema Corte. La doglianza si concentrava sulla presunta erronea applicazione dell’art. 133 del codice penale, che regola i criteri per la commisurazione della pena. Secondo la difesa, la sentenza impugnata era viziata da mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in merito all’eccessiva entità del trattamento sanzionatorio inflitto. In sostanza, si contestava non la colpevolezza, ma il quantum della pena.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo basato su un motivo non deducibile in sede di legittimità. Gli Ermellini hanno ribadito un principio giurisprudenziale pacifico: la valutazione sull’entità della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e la sua decisione è insindacabile in Cassazione, a meno che non sia palesemente illogica o viziata da errori di diritto.

Il Collegio ha precisato che una motivazione specifica e dettagliata sui criteri seguiti per la determinazione della pena è richiesta solo in casi particolari, ovvero quando la sanzione inflitta è prossima al massimo edittale previsto dalla legge o comunque superiore alla media. Al di fuori di queste ipotesi, se il giudice irroga una pena media o vicina al minimo edittale, come nel caso di specie, la sua scelta si considera implicitamente motivata dal corretto uso dei poteri discrezionali conferitigli dall’art. 133 c.p.

Di conseguenza, un ricorso che si limita a criticare l’entità della pena senza evidenziare una violazione di legge o una motivazione manifestamente illogica non può trovare accoglimento. La Corte ha concluso che la decisione della Corte d’Appello era sorretta da un apparato argomentativo coerente e rispettoso delle norme, rendendo il ricorso privo di fondamento.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che la discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena è molto ampia. Le possibilità di contestare con successo in Cassazione una pena ritenuta ‘troppo alta’ sono limitate ai soli casi di palese illegalità o di motivazione assente o manifestamente illogica, specialmente quando la pena si colloca ai livelli più alti della forbice edittale. Per le sanzioni di entità medio-bassa, il giudizio del tribunale è, a tutti gli effetti, definitivo. Questa pronuncia serve da monito: non ogni doglianza sulla severità della pena può essere trasformata in un valido motivo di ricorso per cassazione, con la conseguenza, in caso di inammissibilità, della condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

È sempre possibile contestare in Cassazione l’entità di una pena ritenuta eccessiva?
No. Il ricorso è inammissibile se la pena non è prossima al massimo o superiore alla media edittale. La contestazione della valutazione discrezionale del giudice di merito non costituisce un valido motivo di ricorso se non si evidenzia una violazione di legge o una motivazione manifestamente illogica.

Quando il giudice è obbligato a motivare in modo dettagliato la determinazione della pena?
Secondo la giurisprudenza costante, una motivazione specifica e dettagliata è richiesta solo quando la sanzione è quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media. Per le pene vicine al minimo, la scelta del giudice si considera implicitamente basata sui criteri dell’art. 133 c.p.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito nel provvedimento, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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