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Determinazione della pena: quando è insindacabile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per reati di droga, che lamentava una pena eccessiva. La Corte ha ribadito che la determinazione della pena, se fissata in misura media o vicina al minimo, rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non richiede una motivazione dettagliata, risultando perciò non criticabile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

La Determinazione della Pena: Quando la Scelta del Giudice è Insindacabile

La quantificazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, un’attività che bilancia la gravità del reato con la necessità di rieducazione del condannato. Ma fino a che punto la decisione del giudice può essere contestata? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini della discrezionalità del giudice nella determinazione della pena, stabilendo quando la sua scelta diventa insindacabile.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato trae origine da una condanna per reati in materia di stupefacenti. A seguito di un annullamento con rinvio da parte della stessa Corte di Cassazione, la Corte d’Appello aveva rideterminato la pena per l’imputato in tre anni di reclusione. Ritenendo la sanzione ancora eccessiva, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto un nuovo ricorso per cassazione. Il motivo principale era la presunta violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo all’entità della pena inflitta, considerata sproporzionata.

La Decisione della Corte sulla Determinazione della Pena

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la motivazione sulla determinazione della pena è necessaria solo in casi specifici.

I giudici hanno spiegato che una motivazione dettagliata e specifica sui criteri utilizzati (elencati nell’art. 133 del codice penale) è richiesta soltanto quando la sanzione si avvicina al massimo edittale previsto dalla legge o, comunque, supera notevolmente la media. In tutti gli altri casi, specialmente quando la pena è fissata in una misura media o prossima al minimo, la scelta del giudice di merito è considerata frutto di un potere discrezionale che non necessita di una giustificazione analitica.

In questa situazione, si presume che il giudice abbia implicitamente valutato tutti gli elementi dell’art. 133 c.p. (gravità del danno, intensità del dolo, capacità a delinquere, etc.) per giungere a una pena equa. Pertanto, lamentare la sua eccessività diventa un motivo non proponibile in sede di Cassazione, la quale non può entrare nel merito di una valutazione riservata ai giudici dei gradi precedenti.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito che il potere discrezionale del giudice nella quantificazione della pena è un pilastro del sistema sanzionatorio. L’obbligo di motivazione serve a rendere controllabile una decisione, ma questo controllo diventa stringente solo quando il giudice si discosta significativamente dai parametri di normalità, applicando una pena particolarmente severa. Quando, come nel caso di specie, la pena si colloca in un’area intermedia o bassa della forbice edittale, la sua giustificazione è considerata insita nella sentenza stessa. Contestare tale scelta equivarrebbe a chiedere alla Cassazione una nuova valutazione dei fatti, compito che le è precluso. L’inammissibilità del ricorso, inoltre, comporta per legge la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche di una somma in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un motivo infondato.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: non ogni pena percepita come ‘troppo alta’ può essere efficacemente contestata in Cassazione. È fondamentale che la doglianza si basi su una reale carenza motivazionale del giudice di merito, riscontrabile solo quando la sanzione è palesemente sproporzionata e vicina al massimo legale senza un’adeguata giustificazione. In caso contrario, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile, con conseguenze economiche negative per l’imputato. La determinazione della pena rimane, entro i limiti della legge, una prerogativa quasi sovrana del giudice di merito.

Quando il giudice deve motivare in modo dettagliato la pena inflitta?
La motivazione specifica e dettagliata è richiesta solo quando la sanzione è quantificata in una misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media.

È possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta semplicemente troppo alta?
No, se la pena è stata fissata in una misura media o vicina al minimo legale, la sua entità non può essere contestata in Cassazione. La scelta rientra nel potere discrezionale del giudice di merito ed è considerata implicitamente motivata.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso 3.000,00 euro) a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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