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Determinazione della pena: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che contestava la misura della sanzione inflitta dalla Corte d’Appello. La Suprema Corte ha ribadito che la determinazione della pena, se motivata in modo logico e non arbitrario, non è sindacabile in sede di legittimità, confermando la condanna dell’appellante al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della pena: i limiti al sindacato della Cassazione

La determinazione della pena è una delle fasi più delicate del processo penale, in cui il giudice esercita un potere discrezionale per adeguare la sanzione al caso concreto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per chiarire i confini entro cui tale potere può essere esercitato e i limiti del suo controllo in sede di legittimità. Vediamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

Il Fatto alla base del Ricorso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bari. L’unica doglianza sollevata dal ricorrente riguardava il trattamento sanzionatorio ricevuto, ritenuto eccessivo. Nello specifico, si lamentava un’erronea applicazione dell’art. 133 del codice penale, la norma che guida il giudice nella commisurazione della pena.

L’imputato, dunque, non contestava la sua colpevolezza, ma chiedeva alla Corte di Cassazione una rivalutazione della congruità della pena che gli era stata inflitta nei precedenti gradi di giudizio.

La Decisione della Suprema Corte e la corretta Determinazione della Pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: il giudizio della Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato i fatti.

La Corte ha osservato che la sentenza impugnata aveva fornito una motivazione adeguata e coerente per la pena irrogata. I giudici d’appello avevano ritenuto la sanzione congrua, tenendo conto dei criteri previsti dall’art. 133 c.p., ovvero la gravità del fatto e la personalità negativa dell’imputato.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema sono chiare e didattiche. Viene ribadito che una censura che miri a una nuova valutazione sulla congruità della pena è inammissibile quando la decisione del giudice di merito non è il risultato di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva costruito un “conferente apparato argomentativo”, giustificando la sua scelta sanzionatoria in modo logico e aderente ai principi normativi.

Il potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena è ampio ma non illimitato; esso deve essere esercitato seguendo i parametri legali e deve essere sorretto da una motivazione che dia conto delle ragioni della scelta. Se tale motivazione esiste ed è immune da vizi logici, la Corte di Cassazione non ha il potere di intervenire, anche se una diversa quantificazione della pena sarebbe stata astrattamente possibile.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un importante principio del nostro sistema processuale. Chi intende impugnare una sentenza di condanna per la sola entità della pena deve essere consapevole che il ricorso in Cassazione ha scarse probabilità di successo se non è in grado di dimostrare un vizio logico manifesto o un’arbitrarietà nella motivazione del giudice di merito. Non è sufficiente sostenere che la pena sia “troppo alta”; è necessario evidenziare perché il ragionamento che ha portato a quella quantificazione sia legalmente o logicamente errato. Questa pronuncia serve da monito: il ricorso per cassazione è uno strumento per far valere errori di diritto, non per ottenere una terza valutazione sul fatto o sulla discrezionalità del giudice.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa da un giudice?
No, non è possibile ottenere una nuova valutazione della congruità della pena in Cassazione, a meno che la decisione del giudice di merito non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.

Cosa significa che un ricorso è “inammissibile”?
Significa che il ricorso viene rigettato senza che la Corte esamini il merito della questione, perché mancano i presupposti o i requisiti previsti dalla legge per quel tipo di impugnazione. Nel caso specifico, il ricorso mirava a una valutazione di merito non consentita in sede di legittimità.

Quali criteri usa il giudice per la determinazione della pena?
Secondo l’art. 133 del codice penale, il giudice deve tenere conto della gravità del reato (desunta dalla natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell’azione; dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa; dall’intensità del dolo o dal grado della colpa) e della capacità a delinquere del colpevole (desunta dai motivi a delinquere, dal carattere del reo, dai suoi precedenti e dalla sua condotta).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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