Determinazione della Pena: Quando una Motivazione Sintetica è Sufficiente
L’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali è un pilastro del nostro ordinamento. Tuttavia, la sua estensione può variare a seconda del contesto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 10560 del 2024, offre un importante chiarimento sulla determinazione della pena, specificando quando una motivazione succinta da parte del giudice può essere considerata legittima. Analizziamo questo caso per comprendere meglio i confini del dovere di motivazione del giudice penale.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che aveva parzialmente riformato una condanna per furto aggravato. La Corte territoriale aveva assolto l’imputato da uno degli episodi contestati, rideterminando di conseguenza la pena per il reato residuo.
Contro questa decisione, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo di doglianza: il vizio di motivazione in merito alla quantificazione della sanzione. Secondo il ricorrente, il giudice d’appello non avrebbe adeguatamente spiegato le ragioni che lo avevano portato a stabilire una pena di un certo ammontare.
La Decisione della Corte e la Determinazione della Pena
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Il fulcro della decisione risiede in un principio consolidato in giurisprudenza, che bilancia l’obbligo di motivazione con criteri di economia processuale e logicità.
La Corte ha osservato che la pena base inflitta all’imputato (due anni di reclusione) era molto vicina al minimo edittale previsto dalla legge per quel tipo di reato. In queste circostanze, l’obbligo motivazionale del giudice si attenua notevolmente.
Le Motivazioni della Sentenza
La Cassazione ha chiarito che quando un giudice fissa una pena poco superiore al minimo legale, non è tenuto a fornire una giustificazione analitica e dettagliata. È sufficiente che dalla sentenza emergano gli elementi presi in considerazione, come la gravità oggettiva del reato.
Nel caso specifico, il giudice di merito aveva dato conto delle evidenze fattuali e della gravità dell’illecito. Secondo la Suprema Corte, in un quadro del genere, l’adempimento dell’obbligo di cui all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., è soddisfatto anche attraverso l’uso di espressioni sintetiche come “pena congrua” o “pena equa”, o con un semplice richiamo alla gravità del reato. Questo approccio è supportato da precedenti giurisprudenziali (come la sentenza n. 33773/2007), che confermano come una pena vicina al minimo non richieda una motivazione complessa.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La pronuncia ribadisce un’importante regola pratica per gli operatori del diritto. L’onere di motivazione per la determinazione della pena è direttamente proporzionale allo scostamento della sanzione dal minimo edittale. Più la pena si avvicina al massimo, più il giudice dovrà fornire una spiegazione dettagliata e specifica dei criteri adottati. Al contrario, una pena vicina al minimo può essere giustificata in modo più sintetico.
Questa decisione implica che le strategie difensive debbano attentamente valutare l’entità della pena inflitta prima di impugnare una sentenza per vizio di motivazione su questo punto. Un ricorso basato su una presunta carenza motivazionale, a fronte di una pena mite, ha alte probabilità di essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Un giudice deve sempre motivare in modo approfondito la quantità della pena inflitta?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di fornire una motivazione dettagliata si attenua notevolmente quando la pena base fissata è prossima al minimo edittale previsto dalla legge per quel reato.
Quando è sufficiente una motivazione sintetica per la determinazione della pena?
Una motivazione sintetica è considerata sufficiente quando la pena non si discosta eccessivamente dal minimo legale. In tali casi, il giudice adempie al suo obbligo anche utilizzando espressioni come “pena congrua” o richiamandosi genericamente alla gravità del reato o alla personalità del reo.
Cosa succede se un ricorso per cassazione sulla determinazione della pena viene giudicato manifestamente infondato?
Se il ricorso è ritenuto manifestamente infondato, viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10560 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10560 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a ACERRA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/10/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
– che, con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello di Salerno ha parzialmente riformato la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di COGNOME per i delitti di cui agli artt. 110, 624-bis, 625, comma 1, nn. 2 e 5 e 61 n. 5 cod. pen. (fatti commessi in Salern 1’8/08/2014 e il 13/08/2014), assolvendo l’imputato dal solo reato di cui agli artt. 110, 624-b 625 nn. 2 e 5 e 61 n. 5 cod. pen. commesso in data 8/08/2014 per non aver commesso il fatto e, per l’effetto, rideterminando la pena per il residuo reato;
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando un solo motivo;
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il proposto motivo, con il quale si deduce il vizio di motivazione in punto determinazione della pena, è manifestamente infondato, posto che, avuto riguardo alla misura della pena base, fissata in un importo prossimo al minimo edittale (cioè’ in anni 2 di reclusione il giudice di merito non era tenuto a meglio illustrare le ragioni della sua decisione, dopo av dato conto dell’obiettiva gravità dell’illecito (come desunto dalle specifiche evidenze fatt riportate): vale, infatti, il principio secondo il quale, nell’ipotesi in cui la determinazi pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbli motivazionale di cui all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., anche ove adoperi espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero si richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo (Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, Rv. 237402), come accaduto nel caso di specie;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28 febbraio 2024 Il Consigliere estensore COGNOME