Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5826 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5826 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CANOSA DI PUGLIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/12/2022 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissíbilità del ricorso; udito il difensore AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIOCOGNOME NOME, che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 22/05/2018, il Tribunale di Trani in composizione monocratica, all’esito di giudizio celebrato secondo le forme del rito abbreviato, ha ritenuto NOME COGNOME responsabile dei reati di cui:
agli artt. 582 e 585 cod. pen., perché, mentre si trovava alla guida del veicolo TARGA_VEICOLO, investiva NOME COGNOME e successivamente, disceso dalla vettura, lo colpiva con un coltello a serramanico lungo 20 cm., procurandogli lesioni superficiali da taglio ad un braccio e al collo, nonché cagionandone una caduta con conseguente contusione;
all’art. 612 cod. pen., per aver minacciato un male ingiusto al sopra nominato NOME COGNOME;
all’art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110, per aver portato fuori della propria abitazione, senza giustificato motivo, il coltello sopra descritto;
agli artt. 625 e 625, primo comma, n. 7) cod. pen., per essersi impossessato, a fine di profitto, di un tergicristallo installato sull’autovettura di propri NOME COGNOME.
Per l’effetto – unificati i reati sotto il vincolo della continuazione e applic la diminuente del rito – il Giudice di primo grado ha condannato l’imputato alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali.
1.1. Con sentenza del 09/10/2020, la Corte di appello di Bari ha dichiarato non doversi procedere, in ordine alla contravvenzione di porto ingiustificato di coltello, per essere la stessa estinta per intervenuta prescrizione; ha confermato, quanto al resto, la decisione assunta in primo grado.
1.2. Con sentenza del 24/03/2022, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di secondo grado, limitatamente alla determinazione dell’aumento della pena ed ha rinviato – per nuovo esame sul punto specifico – alla Corte di appello di Bari, dichiarando inammissibile, quanto alle residue censure, il ricorso. La Corte di Cassazione, in tale pronuncia rescindente:
ha ritenuto errata l’individuazione della pena per il reato base, stabilita dall Corte territoriale – in relazione all’ipotesi di furto aggravato – nella misura di a due di reclusione, dunque senza computo della pena pecuniaria prevista per tale modello legale;
ha sottolineato come la Corte di appello di Bari – a giustificazione della mancata riduzione della pena complessiva, quale conseguenza della declaratoria di estinzione per prescrizione della contravvenzione di porto ingiustificato di coltello – abbia addotto il rilievo della mancata irrogazione, in primo grado, della condanna alla pena pecuniaria inerente al reato di furto;
ha rilevato come il giudice di secondo grado abbia considerato che il Tribunale aveva omesso di irrogare la pena pecuniaria, in relazione al reato di porto ingiustificato di coltello, per cui – stante la mancata irrogazione ab origine di tale pena – alcuna riduzione avrebbe potuto operarsi, in conseguenza della declaratoria di estinzione per prescrizione;
ha ritenuto assertiva l’affermazione della Corte di appello, secondo cui il Tribunale di Trani avrebbe applicato la pena per il reato di porto ingiustificato di coltello nella sua ipotesi attenuata, non risultando tale conclusione legata ad alcun argomento o passaggio motivazionale della sentenza di primo grado.
1.3. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bari decidendo in sede di rinvio – ha rideterminato la pena inflitta ad NOME COGNOME nella misura di anni uno, mesi sette e giorni venti di reclusione, in forza del seguente procedimento di determinazione del trattamento sanzionatorio: – avendo il Tribunale unificato i reati sotto il vincolo della continuazione considerando più grave la contestazione di furto aggravato sub D) dell’editto accusatorio, deve essere escluso l’aumento di pena ex art. 81 cod. pen., che era stato in un primo tempo operato in relazione alla ormai prescritta fattispecie sub
dell’imputazione;
la mancata irrogazione della pena pecuniaria, quanto al reato di furto aggravato, integra un errore ormai non più emendabile;
in primo grado, l’aumento per continuazione è stato fissato – quanto ai reati sub A), B) e C) della rubrica – in complessivi mesi sei di reclusione, riducendosi quindi la pena finale, previa applicazione della diminuente del rito, in anni uno e mesi otto di reclusione;
può ritenersi che il Tribunale abbia inteso stabilire, per il reato sub C), u aumento pari a giorni venti di reclusione, che deve poi essere ridotto della metà, in forza del rito prescelto, così da venire definitivamente fissato nella misura di giorni dieci di reclusione;
la pena di giorni dieci di reclusione, come detto determinata quale aumento a titolo di continuazione relativamente al reato sub C), deve essere – stante l’avvenuta declaratoria di estinzione per prescrizione di tale fattispecie – detratt dalla pena complessiva, cosa che consente di fissare la pena finale da irrogare all’imputato nella misura di anni uno, mesi sette e giorni dieci di reclusione.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo un motivo unico, che viene di seguito riassunto entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art 173 disp. att. cod. proc. pen. e mediante il quale viene denunciato vizio rilevante a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., derivante alla omessa
motivazione, in relazione alla mancata individuazione e indicazione dei criteri logico-motivazionali riguardanti il singolo aumento di pena, per effetto della continuazione fra diversi reati ai sensi dell’art. 81 cod. pen. Vi è riforma peggiorativa, rispetto alla pronuncia di primo grado, laddove – a fronte della declaratoria di estinzione per prescrizione del reato sub c) – la Corte territoriale ha individuato l’aumento di pena, per la ritenuta continuazione inerente a tale fatto, nella misura di giorni venti di reclusione (aumento poi da detrarre dalla pena complessivamente inflitta al COGNOME, in forza della intervenuta prescrizione), senza offrire alcuna motivazione sul punto.
3. Il Procuratore generale ha concluso per la inammissibilità del ricorso. La Sezione Quinta della Corte di Cassazione ha disposto l’annullamento della sentenza del 09/10/2020 della Corte di appello di Bari, con esclusivo riferimento alla determinazione dell’aumento conseguente alla ritenuta continuazione. Come emerge dalla sentenza rescindente, la Cassazione ha ritenuto fondato, infatti, esclusivamente il terzo motivo di ricorso, concernente il calcolo dell’aumento di pena riferito all’imputazione sub C), destinato ad essere poi detratto dalla pena complessiva, per essere intervenuta declaratoria di estinzione per prescrizione; I Suprema Corte, poi, ha dichiarato inammissibile ogni doglianza ulteriore. La sentenza impugnata, inoltre, ha affermato potersi ritenere che il giudice di primo grado abbia aumentato la pena base per il reato sub C) in misura pari a venti giorni, da ridursi della metà per la diminuente del rito prescelto e da scomputarsi dalla pena complessiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Questa Corte ha infatti chiarito come – in materia di determinazione della pena, in caso di plurime ipotesi di reato unificate sotto il vincolo dell continuazione – pur permanendo, in linea di principio, un generale obbligo di esporre COGNOME le COGNOME ragioni COGNOME poste COGNOME a COGNOME fondamento COGNOME della COGNOME quantificazione dell’incremento sanzionatorio relativo al reato meno grave, comunque non grava sul COGNOME giudice del rinvio un COGNOME onere di COGNOME specifica motivazione, COGNOME in ordine all’aumento di pena operato per il reato-satellite, allorquando l’entità di tale aumento appaia COGNOME sostanzialmente COGNOME modesta, COGNOME laddove COGNOME raffrontata alla pena complessivamente inflitta (Sez. 5, n. 20803 del 26/02/2018, COGNOME, Rv. 273037; Sez. 2, n. 18944 del 22/03/2017, COGNOME, Rv. 270361; 271787; Sez. 3, n. 44931 del 02/12/2016, COGNOME dep. 2017, COGNOME COGNOME, COGNOME Rv.
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Sez. 6, n. 18828 del 08/02/2018, Nicotera, Rv. 273385 ha altresì chiarito quanto segue: «In tema di determinazione della pena, non sussiste l’obbligo di specifica motivazione per gli aumenti a titolo di continuazione a condizione che la pena base sia congruamente motivata»).
Giova anche precisare come l’impugnazione si riveli aspecifica, laddove critica apoditticamente e tautologicamente la modalità di computo seguita dal giudice del rinvio, deducendo la sussistenza di una sperequazione, in punto di dosimetria sanzionatoria, fra i diversi reati; il ricorso non riesce però a indicare che modo, specificamente, si sia concretizzata tale pretesa disparità. Trattasi, quindi, di una censura che resta ferma allo stadio delle asserzioni prive di contenuto e che non si confronta, in modo specifico e sostanziale, con il contenuto del provvedimento impugnato.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma, che si stima equo fissare in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende (non ricorrendo elementi per ritenere i ricorrenti esenti da colpe, nella determinazione della causa di inammissibilità, conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2023.