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Determinazione della pena: motivazione e limiti

Un uomo, condannato per detenzione di sostanze stupefacenti, ricorre in Cassazione lamentando una pena eccessiva. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, chiarendo che per la determinazione della pena, se questa è inferiore alla media edittale, non è necessaria una motivazione analitica da parte del giudice. È sufficiente un richiamo al criterio di adeguatezza, che tiene conto della gravità del fatto e dei precedenti dell’imputato.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della pena: quando la motivazione può essere sintetica?

La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice, nel rispetto dei limiti di legge, esercita il suo potere discrezionale per stabilire una sanzione equa e proporzionata al fatto commesso. Ma quanto deve essere dettagliata la motivazione del giudice? Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui casi in cui una motivazione sintetica è considerata sufficiente, specialmente quando la pena applicata si colloca al di sotto della media edittale.

Il caso in esame: condanna per spaccio e ricorso in Cassazione

Il caso analizzato riguarda un soggetto condannato in primo e secondo grado per la detenzione, a fini di spaccio, di un considerevole quantitativo di sostanze stupefacenti (quasi 500 grammi di hashish e circa 200 di marijuana). La pena inflitta era di tre anni e quattro mesi di reclusione e 16.000 euro di multa. Pur essendo superiore al minimo previsto dalla legge, la sanzione si collocava comunque al di sotto della media edittale.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la pena fosse eccessivamente severa e che la decisione dei giudici di merito fosse viziata per violazione di legge e difetto di motivazione.

La Determinazione della pena secondo la Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo gli Ermellini, la decisione della Corte d’Appello era corretta e adeguatamente motivata, seppur in modo sintetico. La Corte ha ribadito un principio giurisprudenziale consolidato in materia di determinazione della pena: non è sempre necessaria una motivazione analitica e dettagliata.

Le motivazioni: i principi sulla motivazione della pena

La Suprema Corte ha spiegato che, quando la pena irrogata si posiziona al di sotto della media edittale, il giudice non è tenuto a fornire una giustificazione specifica per ogni singolo criterio indicato dall’art. 133 del codice penale (gravità del danno, intensità del dolo, capacità a delinquere, etc.).

In questi casi, è sufficiente un richiamo al criterio generale di “adeguatezza” della pena, poiché in tale giudizio sono implicitamente contenuti e valutati tutti gli elementi rilevanti. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la gravità della condotta (desunta dall’ingente numero di dosi ricavabili dalla droga sequestrata), i precedenti penali specifici dell’imputato e la sua personalità giustificassero pienamente una pena superiore al minimo.

Inoltre, i giudici hanno chiarito che l’ammissione dei fatti durante la convalida dell’arresto o la scelta del rito abbreviato non costituiscono elementi tali da imporre una pena più mite, poiché il rito speciale prevede già, per legge, una significativa riduzione della sanzione.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa pronuncia conferma la discrezionalità del giudice nella quantificazione della pena, a patto che essa si muova entro i confini tracciati dalla legge. Le conclusioni pratiche sono due:

1. Per la difesa: Un ricorso contro la misura della pena ha scarse probabilità di successo se si limita a lamentare genericamente l’eccessiva severità, soprattutto quando la pena è inferiore alla media edittale e l’imputato ha precedenti specifici. È necessario individuare vizi logici o giuridici specifici nella motivazione del giudice.
2. Per il sistema giudiziario: Si ribadisce un principio di economia processuale. Richiedere una motivazione iper-dettagliata per pene non particolarmente elevate appesantirebbe inutilmente il lavoro dei giudici, senza aggiungere reali garanzie per l’imputato. La sentenza, infine, ricorda le conseguenze negative di un ricorso inammissibile: la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quando un giudice deve motivare in modo dettagliato la determinazione della pena?
Una motivazione specifica e dettagliata è richiesta soprattutto quando la pena si discosta notevolmente dai minimi edittali e si avvicina o supera la media edittale. Per le pene inferiori alla media, è sufficiente un richiamo al criterio di adeguatezza.

Scegliere il rito abbreviato è considerata una forma di collaborazione utile a ottenere una pena più bassa?
No. Secondo la sentenza, l’opzione per il rito abbreviato non può essere valutata come una forma di utile collaborazione, in quanto i suoi benefici sono già interamente compensati dalla riduzione di un terzo della pena prevista dalla legge.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, se non si ravvisa un’assenza di colpa nella proposizione del ricorso, anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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