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Determinazione della pena: limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante la determinazione della pena e il mancato riconoscimento di attenuanti generiche. La Corte ha stabilito che la valutazione del giudice di merito era logica e ben motivata, basata sulla gravità della condotta dell’imputato, sulla sua personalità e sui precedenti penali. Il ricorso è stato respinto in quanto mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della pena: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La decisione si concentra sui limiti del sindacato della Suprema Corte riguardo la determinazione della pena e il riconoscimento delle attenuanti generiche, offrendo chiari spunti sulla differenza tra vizi di legittimità e contestazioni di fatto.

I fatti del caso

Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello, presentava ricorso in Cassazione lamentando due aspetti principali della sentenza di secondo grado: l’eccessiva severità della sanzione inflitta e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Secondo la difesa, la Corte territoriale non aveva adeguatamente valutato gli elementi a favore dell’imputato, applicando una pena sproporzionata.

Il ricorrente era stato agli arresti domiciliari e si era reso irreperibile per circa sei mesi. Inoltre, a suo carico risultavano diversi precedenti penali per reati gravi come lesioni personali, minacce, stalking e reati in materia di armi.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che le censure sollevate dal ricorrente non erano consentite in sede di legittimità. Il ricorso, infatti, non denunciava un vizio logico o una violazione di legge nella motivazione della sentenza impugnata, ma si limitava a proporre una diversa valutazione dei fatti e delle circostanze, un’operazione preclusa alla Cassazione.

La Corte ha ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse sorretta da una motivazione sufficiente, logica e adeguata, condannando di conseguenza il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni sulla determinazione della pena

Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha respinto le critiche sulla determinazione della pena. I giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente giustificato la sua decisione facendo riferimento a elementi concreti e pertinenti:

1. Gravità della condotta: La permanente irreperibilità dell’imputato dal luogo degli arresti domiciliari per un lungo periodo è stata considerata un fattore di notevole gravità.
2. Personalità dell’imputato: I numerosi e specifici precedenti penali (armi, lesioni, minacce, stalking) sono stati visti come un chiaro indicatore della sua attitudine a violare le regole della convivenza civile e a ricorrere a condotte illecite.

Questi elementi, secondo la Corte, giustificavano pienamente uno ‘scostamento dalla soglia minima’ e l’applicazione di una pena ‘prossima al massimo edittale’. La Corte territoriale aveva quindi esercitato in modo corretto e motivato il proprio potere discrezionale, rendendo la sua valutazione incensurabile in sede di legittimità.

Le conclusioni

Questa ordinanza è un importante monito sui limiti del ricorso per Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione del giudice di merito per ottenere una riforma della sentenza. È necessario dimostrare che tale valutazione sia viziata da un’illogicità manifesta o da una palese violazione di legge. In assenza di tali vizi, la discrezionalità del giudice di merito nella quantificazione della pena e nella concessione delle attenuanti rimane sovrana. La decisione conferma che la personalità del reo e i suoi precedenti penali costituiscono criteri fondamentali e legittimi per una determinazione severa della sanzione, specialmente quando indicano una propensione a delinquere e a non rispettare le misure restrittive.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice di merito?
Generalmente no. Il ricorso è ammissibile solo se la motivazione del giudice è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente, ma non per contestare la scelta discrezionale se questa è adeguatamente giustificata, come nel caso di specie.

Quali elementi possono giustificare una pena vicina al massimo previsto dalla legge?
Elementi come la gravità della condotta (ad esempio, la violazione degli arresti domiciliari), la personalità dell’imputato e i suoi precedenti penali specifici possono legittimamente giustificare l’applicazione di una pena severa, prossima al massimo edittale.

Cosa accade quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, il cui importo è stabilito dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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