Determinazione della pena: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La decisione si concentra sui limiti del sindacato della Suprema Corte riguardo la determinazione della pena e il riconoscimento delle attenuanti generiche, offrendo chiari spunti sulla differenza tra vizi di legittimità e contestazioni di fatto.
I fatti del caso
Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello, presentava ricorso in Cassazione lamentando due aspetti principali della sentenza di secondo grado: l’eccessiva severità della sanzione inflitta e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Secondo la difesa, la Corte territoriale non aveva adeguatamente valutato gli elementi a favore dell’imputato, applicando una pena sproporzionata.
Il ricorrente era stato agli arresti domiciliari e si era reso irreperibile per circa sei mesi. Inoltre, a suo carico risultavano diversi precedenti penali per reati gravi come lesioni personali, minacce, stalking e reati in materia di armi.
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che le censure sollevate dal ricorrente non erano consentite in sede di legittimità. Il ricorso, infatti, non denunciava un vizio logico o una violazione di legge nella motivazione della sentenza impugnata, ma si limitava a proporre una diversa valutazione dei fatti e delle circostanze, un’operazione preclusa alla Cassazione.
La Corte ha ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse sorretta da una motivazione sufficiente, logica e adeguata, condannando di conseguenza il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le motivazioni sulla determinazione della pena
Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha respinto le critiche sulla determinazione della pena. I giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente giustificato la sua decisione facendo riferimento a elementi concreti e pertinenti:
1. Gravità della condotta: La permanente irreperibilità dell’imputato dal luogo degli arresti domiciliari per un lungo periodo è stata considerata un fattore di notevole gravità.
2. Personalità dell’imputato: I numerosi e specifici precedenti penali (armi, lesioni, minacce, stalking) sono stati visti come un chiaro indicatore della sua attitudine a violare le regole della convivenza civile e a ricorrere a condotte illecite.
Questi elementi, secondo la Corte, giustificavano pienamente uno ‘scostamento dalla soglia minima’ e l’applicazione di una pena ‘prossima al massimo edittale’. La Corte territoriale aveva quindi esercitato in modo corretto e motivato il proprio potere discrezionale, rendendo la sua valutazione incensurabile in sede di legittimità.
Le conclusioni
Questa ordinanza è un importante monito sui limiti del ricorso per Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione del giudice di merito per ottenere una riforma della sentenza. È necessario dimostrare che tale valutazione sia viziata da un’illogicità manifesta o da una palese violazione di legge. In assenza di tali vizi, la discrezionalità del giudice di merito nella quantificazione della pena e nella concessione delle attenuanti rimane sovrana. La decisione conferma che la personalità del reo e i suoi precedenti penali costituiscono criteri fondamentali e legittimi per una determinazione severa della sanzione, specialmente quando indicano una propensione a delinquere e a non rispettare le misure restrittive.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice di merito?
Generalmente no. Il ricorso è ammissibile solo se la motivazione del giudice è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente, ma non per contestare la scelta discrezionale se questa è adeguatamente giustificata, come nel caso di specie.
Quali elementi possono giustificare una pena vicina al massimo previsto dalla legge?
Elementi come la gravità della condotta (ad esempio, la violazione degli arresti domiciliari), la personalità dell’imputato e i suoi precedenti penali specifici possono legittimamente giustificare l’applicazione di una pena severa, prossima al massimo edittale.
Cosa accade quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, il cui importo è stabilito dalla Corte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38695 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38695 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/09/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che il ricorso è inammissibile perché le censure prospettate non sono consentite dalla legge in sede di legittimità, in quanto volte a contrastare l determinazione della pena e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, malgrado la sentenza impugnata risulti sorretta da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive sul punto (viene fatto un assorbente riferimento alla gravità della condotta, in ragione della permanente irreperibilità dell’imputato dal domicilio, dove doveva trovarsi agli arres domiciliari, da gennaio 2021 sino all’8 giugno 2021 e alla personalità del medesimo imputato, che annovera diversi precedenti penali per reati in materia di armi, lesioni personali, minacce e stalking: segno dell’attitudine dello stesso a far ricors a condotte illecite per prevaricare le regole del quieto vivere sociale; elementi questi «idonei a giustificare un congruo scostamento dalla soglia minima e l’individuazione della pena in misura prossima al massimo edittale»;
rilevato che la Corte territoriale ha anche precisato che le argomentazioni difensive volte a circoscrivere la gravità della condotta dell’imputato erano risultate infondate, sicché non si poteva procedere ad una riduzione di pena ulteriore rispetto a quella correlata alla scelta del rito;
ritenuto che alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9/9/2024