Determinazione della pena: Quando la Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso
La corretta determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice è chiamato a bilanciare la gravità del reato con la personalità dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per analizzare i limiti entro cui la decisione del giudice di merito può essere contestata in sede di legittimità. Il provvedimento in esame chiarisce che, in presenza di una motivazione logica e coerente, la Corte Suprema non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici che hanno esaminato i fatti.
Il Caso in Esame: Ricorso contro la Congruità della Pena
Nel caso specifico, un imputato aveva presentato ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che confermava la sua condanna. Le doglianze del ricorrente si concentravano su due punti principali:
1. L’applicazione di una pena ritenuta eccessiva, in quanto superiore al minimo edittale.
2. La mancata concessione delle attenuanti generiche, che avrebbero comportato un’ulteriore riduzione della sanzione.
L’imputato lamentava, in sostanza, una violazione di legge e un vizio di motivazione, sostenendo che i giudici di merito non avessero valutato correttamente gli elementi a suo favore.
I Limiti del Giudizio sulla Determinazione della Pena
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio consolidato nella sua giurisprudenza. La determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale valutazione non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione fornita è sufficiente, non contraddittoria e non manifestamente illogica.
In altre parole, la Cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza del ragionamento del giudice. Se la pena, sebbene superiore al minimo, è giustificata da considerazioni sulle caratteristiche oggettive e soggettive del fatto (come previsto dall’art. 133 del codice penale), e tale giustificazione non è arbitraria, la decisione è insindacabile.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Anche per quanto riguarda il diniego delle attenuanti generiche, la Corte ha confermato la correttezza della decisione impugnata. La giurisprudenza costante afferma che, per negare tale beneficio, è sufficiente che il giudice motivi la sua scelta facendo riferimento all’assenza di elementi di segno positivo meritevoli di considerazione. Non è necessario, quindi, che il giudice analizzi e confuti ogni singolo elemento potenzialmente favorevole, ma basta che espliciti la mancanza di fattori che giustifichino una mitigazione della pena.
le motivazioni
La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione di inammissibilità su argomentazioni chiare e consolidate. In primo luogo, ha sottolineato che il ricorso mirava a una nuova valutazione della congruità della pena, un’attività preclusa in sede di legittimità. La determinazione della sanzione è un’operazione che i giudici di merito compiono sulla base di una valutazione complessiva degli elementi processuali e dei criteri indicati dall’art. 133 del codice penale. Finché tale valutazione è sorretta da una motivazione adeguata e priva di vizi logici, non può essere messa in discussione.
Inoltre, la Corte ha precisato che l’obbligo di una motivazione ‘rafforzata’ scatta solo quando la pena si discosta in modo significativo dal minimo edittale. Nel caso di specie, la pena era stata fissata in misura ‘di poco superiore’ al minimo, rendendo sufficiente un richiamo al criterio generale di adeguatezza. Per il diniego delle attenuanti, è stato ritenuto sufficiente il riferimento alla mancanza di elementi favorevoli alla mitigazione, in linea con un orientamento giurisprudenziale pacifico.
le conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma dei limiti del sindacato della Corte di Cassazione sulla discrezionalità del giudice di merito in tema di commisurazione della pena. Per chi intende impugnare una sentenza di condanna, emerge la chiara indicazione che i motivi di ricorso devono concentrarsi su reali violazioni di legge o su vizi di motivazione manifesti e decisivi, come contraddittorietà o palese illogicità. Una semplice contestazione sull’entità della pena, percepita come ‘troppo alta’, è destinata a essere dichiarata inammissibile se la decisione del giudice di merito è stata giustificata in modo coerente e non arbitrario.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione sulla congruità della pena. Il suo controllo è limitato alla verifica che la decisione sia supportata da una motivazione sufficiente, logica e non arbitraria.
Quando il giudice deve fornire una motivazione ‘rafforzata’ per la pena che applica?
Secondo l’ordinanza, l’obbligo di una motivazione rafforzata sorge solo quando la pena si discosta in modo significativo dal minimo previsto dalla legge. Per una pena di poco superiore al minimo, è sufficiente un richiamo generico ai criteri di adeguatezza.
Come deve motivare il giudice il rifiuto di concedere le attenuanti generiche?
È sufficiente che il giudice motivi il diniego facendo riferimento all’assenza di elementi di segno positivo o favorevoli all’imputato, senza dover analiticamente esaminare ogni possibile circostanza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12876 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12876 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a MAZARA DEL VALLO il 25/03/1997
avverso la sentenza del 18/06/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
rilevato che l’unico motivo di impugnazione, con cui il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena in misura superiore al minimo ed alla mancata concessione delle attenuanti generiche, non è consentito in sede di legittimità in quanto mira ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione, sorretta da sufficiente motivazione, non è stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 2, n. 47512 del 03/11/2022, COGNOME, non massimata);
rilevato che la Corte territoriale, con argomentazioni coerenti con le risultanze processuali ed immuni da illogicità manifeste, ha ritenuto congrua la pena determinata dal primo giudice in misura di poco superiore al minimo edittale in ragione delle caratteristiche oggettive e soggettive del fatto (vedi pag. 5 della sentenza impugnata). Il Collegio intende ribadire, in proposito, il principio di diritto secondo cui la determinazione della pena costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo di una motivazione rafforzata sussiste solo allorché la pena si discosti significativamente dal minimo edittale, mentre, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media, è sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01; Sez. 5, n. 47783 del 27/10/2022, Haddi, non massimata);
rilevato che i giudici di appello hanno correttamente valorizzato, ai fini del diniego delle invocate attenuanti, la mancanza di elementi favorevoli alla mitigazione della pena (vedi pag. 5 e 6 della sentenza impugnata). Il Collegio condivide, in proposito, il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità secondo cui, nel motivare il rigetto del beneficio richiesto, è sufficiente un congruo riferimento all’assenza di elementi di segno positivo (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 7 marzo 2025
Il Consigliefe Estepsore
La Presidente