Determinazione della pena: quando è inutile il ricorso in Cassazione
La determinazione della pena è una delle fasi più delicate del processo penale, in cui il giudice esercita un potere discrezionale significativo. Tuttavia, tale discrezionalità non è illimitata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui precisi confini entro cui un condannato può contestare l’entità della sanzione inflitta, chiarendo quando un ricorso fondato su questo motivo è destinato a essere dichiarato inammissibile.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello che aveva confermato una condanna emessa dal Giudice per l’Udienza Preliminare. L’imputato era stato giudicato colpevole per reati legati agli stupefacenti (previsti dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990) e alle armi (ai sensi della L. 110/1975). La pena inflitta era di un anno di reclusione e 3.000,00 euro di multa.
Ritenendo la pena eccessiva, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione.
Il Ricorso e la Critica alla Determinazione della Pena
Il ricorso si basava su un unico motivo: l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione fornita dai giudici di merito riguardo al trattamento sanzionatorio. In sostanza, la difesa lamentava che la pena fosse sproporzionata rispetto ai fatti commessi e che i giudici non avessero adeguatamente giustificato la loro scelta.
Questo tipo di contestazione mira a sottoporre al vaglio della Suprema Corte non la colpevolezza dell’imputato, ma la congruità della punizione ricevuta, un aspetto che spesso è al centro delle strategie difensive in appello e in cassazione.
La Decisione della Suprema Corte: Limiti alla Revisione della Pena
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la valutazione sull’entità della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non può essere oggetto di un nuovo esame da parte della Cassazione, se non in casi eccezionali.
La Suprema Corte ha sottolineato che un obbligo di motivazione specifica e dettagliata sulla determinazione della pena sorge solo in due circostanze:
1. Quando la pena si avvicina al massimo previsto dalla legge per quel reato.
2. Quando la pena è comunque superiore alla media edittale.
In tutti gli altri casi, specialmente quando la pena è media o vicina al minimo legale (come nel caso di specie), si presume che la scelta del giudice sia implicitamente basata sui criteri generali dell’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, etc.). Questa scelta è considerata insindacabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente.
Il Principio di Diritto Consolidato sulla Determinazione della Pena
Citando numerosi precedenti, la Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un terzo giudice di merito, ma di un organo che vigila sulla corretta applicazione della legge. Pertanto, un ricorso che si limita a lamentare l’eccessività della pena, senza individuare un vizio logico-giuridico manifesto nella sentenza impugnata, si risolve in una richiesta di nuova valutazione dei fatti, non consentita in Cassazione.
le motivazioni
La motivazione della Corte si concentra sulla distinzione fondamentale tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La quantificazione della pena è un’attività tipica del giudice di merito, che valuta tutte le circostanze del caso concreto. La Corte di Cassazione interviene solo per correggere errori di diritto, non per sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente. L’ordinanza chiarisce che una pena fissata in misura media o prossima al minimo non richiede una giustificazione analitica, poiché si presume che il giudice abbia correttamente applicato i criteri di legge.
le conclusioni
In conclusione, questa pronuncia conferma che le possibilità di ottenere una riduzione della pena tramite ricorso in Cassazione sono estremamente limitate. La difesa deve concentrarsi non sulla mera lamentela per una pena ritenuta ‘troppo alta’, ma sull’individuazione di vizi logici gravi e palesi nel ragionamento del giudice di merito. In assenza di tali vizi, e con una pena non esorbitante, il ricorso sulla determinazione della pena è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È sempre possibile contestare in Cassazione l’entità di una pena ritenuta eccessiva?
No, non è sempre possibile. La contestazione è ammissibile solo se si dimostra che la motivazione del giudice di merito è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente, oppure se la pena applicata è vicina al massimo edittale o ben superiore alla media senza un’adeguata giustificazione.
Quando il giudice deve motivare in modo specifico la determinazione della pena?
Il giudice ha l’obbligo di fornire una motivazione specifica e dettagliata solo quando decide di applicare una pena vicina al massimo previsto dalla legge o comunque superiore alla media. Per pene medie o vicine al minimo, la motivazione può essere anche implicita.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, come stabilito nel provvedimento, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37987 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37987 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MESAGNE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 9 giugno 2023 la Corte di appello di Lecce ha confermato la pronuncia del G.U.P. del Tribunale di Brindisi del 27 aprile 2021 con cui COGNOME NOME era stato condanNOME alla pena di anni uno di reclusione ed euro 3.000,00 di multa in ordine ai reati di cui agli artt. 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo A); 4, commi 2 e 3, I. 18 aprile 1975, n. 110 (capo B).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine al trattamento sanzioNOMErio inflittogli, di cui lamenta l’eccessiva entità.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Il Collegio rileva, infatti, come la decisione impugnata risulti sorretta da conferente apparato argomentativo (cfr. pp. 2 e s.), di pieno rispetto della previsione normativa quanto all’effettuata determinazione del trattamento sanzioNOMErio.
Una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice nella determinazione della pena, infatti, si richiede solo nel caso in cui la sanzione sia quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di merito, la scelta implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 cod. pen. d irrogare – come disposto nel caso di specie – una pena in misura media o prossima al minimo edittale (così, tra le altre: Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243-01; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, COGNOME, Rv. 25835601; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464-01; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa . delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (COrte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2024
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