La Determinazione della Pena: Quando la Decisione del Giudice è Intoccabile
La determinazione della pena rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice traduce in una sanzione concreta il giudizio di colpevolezza. Ma fino a che punto questa decisione può essere contestata davanti alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente offre un chiarimento fondamentale, ribadendo i confini del sindacato di legittimità sul potere discrezionale del giudice di merito. Analizziamo il caso per comprendere i principi in gioco.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una complessa vicenda giudiziaria relativa a reati fallimentari. Dopo un lungo iter processuale, che ha visto anche un annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione, la Corte d’Appello aveva rideterminato la pena per un imputato a un anno e quattro mesi di reclusione. Nella sua decisione, la Corte aveva assolto l’imputato da un’accusa e, per il reato residuo, aveva concesso le attenuanti generiche come prevalenti sulle aggravanti, tenendo conto anche della riduzione prevista dal rito processuale scelto.
Il Ricorso per Cassazione e la corretta Determinazione della Pena
Nonostante la pena inflitta fosse relativamente mite, la difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione. L’unico motivo di doglianza riguardava proprio la determinazione della pena, sostenendo che il giudice d’appello avesse violato la legge (in particolare l’art. 133 del codice penale) e non avesse motivato adeguatamente la sua decisione.
In sostanza, la difesa contestava il modo in cui il giudice aveva esercitato il proprio potere discrezionale nel quantificare la sanzione, ritenendola non congrua.
Le Motivazioni: Il Potere Discrezionale del Giudice di Merito
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile perché manifestamente infondato. La motivazione della Suprema Corte è un’importante lezione sul riparto di competenze tra giudici di merito e giudice di legittimità.
Il punto centrale è il seguente: la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato entro i limiti fissati dalla legge e supportato da una motivazione che dia conto dei criteri seguiti (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, ecc.).
Nel caso specifico, la Cassazione ha osservato che la pena di un anno e quattro mesi era la pena minima applicabile, considerando le attenuanti generiche dichiarate prevalenti e la riduzione per il rito. Il giudice d’appello aveva fornito una spiegazione adeguata e coerente del suo operato. Di fronte a una motivazione logica e all’applicazione della sanzione più bassa possibile, non vi è spazio per un intervento della Corte di Cassazione.
La Suprema Corte non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato i fatti. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la decisione sia supportata da una motivazione logica e non contraddittoria. Qualsiasi ulteriore sindacato invaderebbe il campo del merito, che è precluso alla Corte di legittimità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un principio consolidato: impugnare in Cassazione la misura della pena è un’operazione estremamente difficile. Il ricorso ha possibilità di successo solo se si riesce a dimostrare un vizio palese, come un’errata applicazione della legge (ad esempio, una pena fuori dai limiti edittali) o una motivazione inesistente, palesemente illogica o contraddittoria. Criticare semplicemente la congruità della sanzione, quando il giudice ha spiegato le sue ragioni in modo plausibile, non è sufficiente. La decisione ribadisce la fiducia dell’ordinamento nel prudente apprezzamento del giudice di merito, che resta il dominus della valutazione dei fatti e della commisurazione della pena.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa da un giudice?
Sì, ma solo in circostanze limitate. Il ricorso è ammissibile se si contesta un errore di diritto o un vizio di motivazione grave (ad esempio, motivazione assente, manifestamente illogica o contraddittoria). Non è sufficiente sostenere che la pena sia troppo severa se il giudice ha fornito una spiegazione coerente del suo potere discrezionale.
Cosa significa che un ricorso è ‘manifestamente infondato’?
Significa che le argomentazioni presentate nel ricorso sono palesemente prive di qualsiasi fondamento giuridico. In questo caso, il ricorso chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare una scelta discrezionale del giudice di merito che era già stata adeguatamente motivata e che aveva portato all’applicazione della pena minima, un compito che esula dalle funzioni della Corte di legittimità.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Come stabilito in questa ordinanza, quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte può condannarlo al pagamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5628 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5628 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CONCILIETTI NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; eta(2. GLYPH 012,111.Ch:AL, dt-e A4 (,-(,/ ‘ GLYPH 2-n-e c e r
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Roma, quale giudice di rinvio a seguito della sentenza di annullamento della Corte di cassazione del 13/11/2019, in riforma della sentenza pronunciata dal GIP del Tribunale di Cassino il 13/3/2013 (già parzialmente riformata dalla stessa Corte di Appello con sentenza del 9/3/2017) ha assolto l’imputato COGNOME NOME dalla condotta distrattiva di ciui al capo Al) perché il fatto non sussiste e, con le attenuanti generiche prevalenti, tenuto conto della riduzione del rito, ha rideterminato la pena in anni uno e mesi quattro di reclusione per il reato di cui agli artt. 219, 22:3 e 216, comma L n. 1, R.D. 267/1942;
Rilevato che nell’unico motivo di ricorso e con la memoria pervenuta il 9/1/2024 la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 133 cod. pen. quanto alla determinazione della pena;
Rilevato che la doglianza è manifestamente infondata in quanto la pena irrogata, considerate le attenuanti riconosciute come prevalenti (in ciò essendo del tutto inconferente qualsivoglia considerazione circa la consistenza e sussistenza delle pur riconosciute aggravanti) e il rito, è la pena minima applicabile e che il giudice di merito ha pertanto dal:o sul punto adeguato e coerente conto dell’esercizio del potere discrezionale a questo riconosciuto e che non è consentito sul punto alcun sindacato (Sez. Un. n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266818);
Ritenuto quindi che il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan, Rv. 2760E12);
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ric:orrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 25/1/2024