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Determinazione della pena: la discrezionalità del giudice

Un ricorso per cassazione contro la quantificazione della pena è stato dichiarato inammissibile. La Suprema Corte ha ribadito che la determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito. Una motivazione dettagliata è richiesta solo per pene significativamente superiori alla media, mentre in questo caso, la pena base era di poco superiore al minimo edittale e la motivazione basata sulla capacità a delinquere dell’imputato è stata ritenuta sufficiente.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della Pena: I Limiti alla Discrezionalità del Giudice

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema penale: la determinazione della pena rientra nell’ampia discrezionalità del giudice di merito. Questa pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere i limiti entro cui è possibile contestare la quantificazione di una sanzione penale e l’onere motivazionale che grava sul giudicante. L’analisi del caso concreto ci permette di delineare i confini tra una legittima valutazione giudiziale e un vizio di motivazione censurabile in sede di legittimità.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna per il reato di furto. In sede di Appello, la pena era stata rideterminata in senso più favorevole all’imputato, con l’esclusione di una circostanza aggravante. Nonostante ciò, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione in relazione a due aspetti cruciali: il giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e la recidiva, e la quantificazione della pena base. In sostanza, il ricorrente riteneva che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente giustificato le proprie scelte sanzionatorie.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di specificità e manifesta infondatezza. Secondo gli Ermellini, le censure mosse dal ricorrente non superavano il vaglio di ammissibilità, poiché si traducevano in una richiesta di rivalutazione del merito della decisione, attività preclusa al giudice di legittimità. La Corte ha colto l’occasione per ribadire i principi che governano il sindacato sulla motivazione in punto di trattamento sanzionatorio.

Le Motivazioni e la discrezionalità nella determinazione della pena

Il fulcro della decisione risiede nella riaffermazione della discrezionalità del giudice di merito nella graduazione della pena. La Cassazione ha spiegato che il giudice assolve al suo obbligo di motivazione quando dà conto dell’impiego dei criteri guida previsti dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo) o quando fa riferimento a elementi concreti del caso.

Un onere di motivazione ‘rafforzato’, ovvero una spiegazione particolarmente specifica e dettagliata, è richiesto soltanto in un’ipotesi ben precisa: quando la pena si discosta in modo significativo dalla media edittale, avvicinandosi o raggiungendo il massimo previsto dalla legge. Al di fuori di questa situazione, una motivazione più sintetica, purché logicamente coerente, è da ritenersi pienamente valida.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente motivato il giudizio di equivalenza tra attenuanti e recidiva, facendo esplicito riferimento alla capacità a delinquere dell’imputato, desunta dai suoi precedenti penali. Inoltre, la pena base era stata fissata in una misura di poco superiore al minimo legale, rendendo quindi superfluo un apparato motivazionale più analitico. Di conseguenza, la decisione impugnata è stata giudicata immune da vizi.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale pacifico. Le implicazioni pratiche sono chiare: contestare l’entità di una pena in Cassazione è un’operazione complessa e dagli esiti incerti. Non è sufficiente un mero disaccordo con la valutazione del giudice di merito. È necessario, invece, dimostrare un vizio logico-giuridico macroscopico nella motivazione, come una sua totale assenza, una palese contraddittorietà o una manifesta illogicità. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di concentrare le doglianze difensive su profili di legittimità e non su semplici rivalutazioni di fatto, riaffermando la fiducia dell’ordinamento nella ponderata discrezionalità dei giudici di merito nella complessa opera di individualizzazione della pena.

È sempre possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
No. La Cassazione ha chiarito che la determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito. Il ricorso è ammissibile solo se la motivazione è mancante, illogica o contraddittoria, non per un semplice disaccordo sull’entità della pena inflitta.

Quando il giudice deve fornire una motivazione particolarmente dettagliata sulla pena?
Secondo la sentenza, una spiegazione specifica e dettagliata del ragionamento seguito è necessaria soltanto quando la pena inflitta è di gran lunga superiore alla misura media di quella prevista dalla legge per quel reato.

Come ha giustificato la Corte d’Appello la sua decisione sulla pena in questo caso?
La Corte d’Appello ha giustificato il bilanciamento delle circostanze attenuanti in equivalenza con la recidiva basandosi sulla ‘capacità a delinquere dell’imputato comprovata dal precedente a suo carico’ e ha stabilito una pena base di poco superiore al minimo legale, ritenuta motivazione sufficiente dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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