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Determinazione della pena: la discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la rideterminazione della pena per il reato di truffa. Il caso nasceva da un giudizio di rinvio, dopo che il reato più grave di ricettazione era stato dichiarato estinto per prescrizione. La Corte ha ribadito che, in tali circostanze, il giudice del rinvio ha piena discrezionalità nella determinazione della pena per il reato residuo, non essendo vincolato al calcolo precedente. La motivazione della pena è stata ritenuta adeguata, in quanto basata sulla gravità del fatto e sui precedenti penali dell’imputato.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della pena: la Cassazione conferma l’autonomia del giudice di rinvio

La corretta determinazione della pena è uno dei pilastri del diritto penale, un momento in cui il giudice esercita un potere discrezionale guidato dai principi di legge. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 1911 del 2025, offre un importante chiarimento su come questa discrezionalità debba essere applicata nel complesso scenario del giudizio di rinvio, specialmente quando il reato più grave è stato dichiarato estinto per prescrizione. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni dei giudici supremi.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna per i reati di ricettazione e truffa. In un primo momento, la pena era stata calcolata partendo dal reato più grave (la ricettazione), con un aumento per la continuazione con il reato di truffa. Successivamente, la Corte di Cassazione aveva annullato la condanna per la ricettazione a causa dell’intervenuta prescrizione, rinviando il caso alla Corte di Appello per una nuova valutazione limitatamente al reato residuo di truffa.

La Corte di Appello, in sede di rinvio, ha quindi proceduto a una nuova determinazione della pena, condannando l’imputato a sei mesi di reclusione e 80 euro di multa per la sola truffa. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. A suo dire, la nuova pena si discostava dal minimo edittale senza una giustificazione adeguata, nonostante in precedenza l’aumento per lo stesso reato fosse stato di lieve entità.

La Decisione della Corte sulla determinazione della pena

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La decisione si fonda su principi giurisprudenziali consolidati e chiarisce in modo netto i poteri del giudice del rinvio in materia di quantificazione della sanzione.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno innanzitutto ribadito un orientamento consolidato: nel giudizio di rinvio, successivo all’annullamento della condanna per il solo reato più grave, il giudice non è in alcun modo vincolato alla quantità di pena che era stata precedentemente calcolata come aumento per il reato meno grave. Egli gode di piena autonomia nel determinare la sanzione per il reato residuo, applicando i criteri generali previsti dall’art. 133 del codice penale.

Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva correttamente motivato la sua decisione di allontanarsi dalla pena minima per la truffa. La motivazione, seppur sintetica, era stata ritenuta sufficiente perché faceva esplicito riferimento a due elementi cruciali: i numerosi precedenti penali dell’imputato (anche specifici) e la particolare gravità del fatto, desunta dalla complessa e articolata macchinazione utilizzata per commettere la truffa.

La Cassazione ha ricordato che, secondo la giurisprudenza, una motivazione dettagliata sulla pena è necessaria solo quando questa si attesta su valori di gran lunga superiori alla media edittale. Per scostamenti contenuti, come nel caso di specie, è sufficiente il richiamo a elementi come la gravità del reato o la capacità a delinquere, come correttamente fatto dalla Corte territoriale.

Le Conclusioni

La sentenza conferma la piena discrezionalità del giudice del rinvio nella determinazione della pena per il reato residuo. L’annullamento per prescrizione del reato più grave ‘resetta’ il calcolo sanzionatorio, consentendo al giudice di riconsiderare autonomamente la sanzione per il reato rimasto in piedi, basandosi sui criteri generali di legge. Questa pronuncia sottolinea che la motivazione della pena non deve essere prolissa, ma deve dare conto, anche sinteticamente, dei criteri logico-giuridici seguiti, come la valutazione dei precedenti dell’imputato e delle modalità concrete del reato. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Se un reato più grave viene prescritto, il giudice è vincolato al vecchio calcolo della pena per il reato residuo?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della condanna per il solo reato più grave, il giudice ha piena autonomia nel determinare la pena per il reato residuo e non è vincolato alla quantità di pena precedentemente calcolata come aumento.

Quando è necessaria una motivazione dettagliata per la determinazione della pena?
Secondo la giurisprudenza citata nella sentenza, una motivazione specifica e dettagliata è richiesta soltanto quando la pena irrogata sia di gran lunga superiore alla misura media di quella prevista dalla legge. Per scostamenti modesti dal minimo, è sufficiente un richiamo sintetico ai criteri dell’art. 133 c.p., come la gravità del reato o i precedenti penali.

Quali elementi ha considerato la Corte d’appello per giustificare una pena superiore al minimo?
La Corte d’appello ha giustificato la sua decisione facendo riferimento a due elementi specifici: l’esistenza di plurimi precedenti penali, anche specifici, a carico dell’imputato e la gravità del fatto, desunta dalla particolare e articolata ‘macchinazione’ della truffa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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