LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Determinazione della pena: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per associazione a delinquere finalizzata alla frode informatica. Il motivo del ricorso riguardava la mancata specificazione degli aumenti di pena per ciascun reato satellite. La Corte ha stabilito che, nella determinazione della pena per il reato continuato, è sufficiente un aumento globale e congruamente motivato, senza la necessità di dettagliare l’incremento per ogni singolo illecito. La sentenza sottolinea l’importanza di motivazioni specifiche e non generiche nei ricorsi.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della pena nel reato continuato: la Cassazione boccia il ricorso generico

La corretta determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, specialmente in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sui criteri che il giudice di merito deve seguire, ribadendo un principio fondamentale: non è necessaria una parcellizzazione analitica degli aumenti di pena per ciascun reato ‘satellite’, purché la motivazione sia congrua e logica.

Il caso in esame

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per reati molto gravi, tra cui l’associazione per delinquere finalizzata alla clonazione e all’indebito utilizzo di carte carburante, frode informatica e altri illeciti connessi. Dopo una serie di passaggi tra primo grado, appello e un primo vaglio della Cassazione, la Corte d’Appello, in sede di rinvio, aveva ricalcolato la sanzione finale in 4 anni e 20 giorni di reclusione.

Il condannato ha proposto un nuovo ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Secondo la difesa, la Corte d’Appello non avrebbe indicato specificamente l’aumento di pena applicato per ciascuno dei reati satellite, limitandosi a un incremento complessivo per la continuazione. Questo, a dire del ricorrente, rendeva la decisione arbitraria e non trasparente.

La questione sulla determinazione della pena

Il cuore della questione giuridica verte sull’interpretazione dell’articolo 81 del codice penale, che disciplina il reato continuato. La norma prevede che chi, con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge, è punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo.

Il ricorrente sosteneva che il giudice dovesse esplicitare in modo analitico come era giunto all’aumento finale, specificando il ‘peso’ sanzionatorio di ogni singolo reato commesso in continuazione. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha sposato una tesi diversa, ritenendo il ricorso manifestamente infondato.

Le motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha affermato che la motivazione della Corte d’Appello era pienamente coerente e logica. Il giudice di merito aveva correttamente seguito il procedimento previsto dalla legge per la determinazione della pena: aveva individuato il reato più grave (l’associazione per delinquere), fissato la pena base, applicato l’aumento per la recidiva e, infine, operato un aumento complessivo per tutti gli altri reati unificati dal vincolo della continuazione. L’aumento, pari a 14 mesi di reclusione, è stato ritenuto congruo e correttamente parametrato a tutti i reati contestati, eliminando quelli precedentemente assorbiti per decisione della stessa Cassazione. I giudici hanno sottolineato che non è necessario un calcolo ‘aritmetico’ per ogni singolo reato, essendo sufficiente che l’aumento sia giustificato nel suo complesso e proporzionato alla gravità e al numero degli illeciti. Il ricorso è stato quindi qualificato come generico, apodittico e persino ‘irragionevole’, in quanto non si confrontava realmente con la logica della decisione impugnata.

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale pragmatico e attento alla sostanza più che alla forma. Stabilisce che, nel calcolo della pena per il reato continuato, il giudice gode di una certa discrezionalità nel determinare un aumento unico, a condizione che questo sia frutto di una valutazione complessiva e motivata della condotta. Per la difesa, ciò significa che contestare la determinazione della pena richiede argomentazioni specifiche e puntuali che dimostrino l’illogicità o la sproporzione della decisione, non essendo sufficiente una lamentela generica sulla mancata specificazione di ogni singolo aumento. La declaratoria di inammissibilità ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, confermando la definitività della pena inflitta.

Come viene calcolata la pena in caso di reato continuato?
Secondo la sentenza, si parte dalla pena base per il reato più grave, la si aumenta per eventuali aggravanti come la recidiva, e infine si applica un ulteriore aumento complessivo per tutti gli altri reati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso, senza la necessità di specificare l’incremento per ciascuno di essi.

È obbligatorio per il giudice motivare l’aumento di pena per ogni singolo reato satellite?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che non è necessario. È sufficiente che il giudice fornisca una motivazione congrua per l’aumento di pena applicato in modo globale per la continuazione, dimostrando che sia stato parametrato a tutti i reati contestati.

Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione ritenuto manifestamente infondato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta che la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati