Determinazione della Pena nel Furto: La Cassazione Chiarisce
La corretta determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice deve bilanciare la gravità del fatto con le specificità del caso concreto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su come valutare le circostanze aggravanti e attenuanti nel reato di furto, ribadendo principi consolidati e fornendo una guida sicura per gli operatori del diritto.
Il Caso in Esame: Furto Aggravato e Ricorso per Cassazione
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di furto aggravato, confermata in secondo grado dalla Corte di Appello. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali relative alla quantificazione della sanzione. In primo luogo, lamentava che la pena fosse stata fissata al di sopra del minimo edittale utilizzando gli stessi elementi già considerati per contestare le circostanze aggravanti. In secondo luogo, contestava il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità, previsto dall’articolo 62, n. 4 del codice penale.
La Valutazione delle Aggravanti nella Determinazione della Pena
Il primo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte Suprema ha ribadito un principio fondamentale: il giudice, nel quantificare la pena, ha il potere discrezionale di considerare un fatto che integra una specifica circostanza aggravante per giustificare una sanzione superiore al minimo. Questo vale anche se, nel successivo giudizio di bilanciamento, tale aggravante viene ritenuta equivalente alle circostanze attenuanti. In altre parole, il fatto che un’aggravante sia “neutralizzata” dalle attenuanti non le toglie il suo disvalore intrinseco, che può e deve essere ponderato dal giudice nella sua valutazione complessiva per una giusta determinazione della pena.
L’Attenuante del Danno di Lieve Entità: Criteri Rigorosi
Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Cassazione ha colto l’occasione per precisare i presupposti per l’applicazione dell’attenuante del danno di speciale tenuità. Secondo un orientamento ormai consolidato (ius receptum), la concessione di tale attenuante richiede che il pregiudizio economico causato alla vittima sia “lievissimo”, ovvero di valore pressoché irrisorio. La valutazione non deve limitarsi al solo valore economico della cosa sottratta, ma deve tenere conto anche di tutti gli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa ha subito a causa del reato. Cruciale, inoltre, è il chiarimento che la capacità economica della vittima di sopportare il danno è del tutto irrilevante. Il criterio è oggettivo e non dipende dalle condizioni soggettive del danneggiato.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati. Sul primo punto, ha confermato la legittimità dell’operato del giudice di merito, che aveva esercitato correttamente la propria discrezionalità nel valutare un’aggravante ai fini della quantificazione della pena, in linea con la giurisprudenza consolidata. Sul secondo punto, ha rilevato come la Corte territoriale si fosse fedelmente attenuta al principio secondo cui l’attenuante del danno lieve richiede una valutazione oggettiva del pregiudizio, che nel caso di specie non era stato ritenuto “lievissimo”. La decisione del giudice di merito era, pertanto, immune da vizi di legittimità.
Conclusioni
Questa ordinanza della Cassazione rafforza due capisaldi in materia di sanzioni penali. In primo luogo, consolida l’ampia discrezionalità del giudice nella determinazione della pena, permettendogli di valorizzare tutti gli elementi del caso concreto. In secondo luogo, ribadisce l’interpretazione restrittiva e oggettiva dell’attenuante del danno di lieve entità, assicurando che la sua applicazione sia limitata ai soli casi di offesa patrimoniale veramente minima, senza farsi influenzare dalla condizione economica della persona offesa.
Un giudice può usare una circostanza aggravante per aumentare la pena, anche se poi la considera equivalente alle attenuanti?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il giudice può valutare un fatto che costituisce una specifica circostanza aggravante ai fini della quantificazione della pena (e quindi discostarsi dal minimo), anche se tale aggravante viene successivamente ritenuta equivalente alle circostanze attenuanti nel giudizio di comparazione.
Cosa si intende per “danno di lieve entità” per ottenere la specifica attenuante?
Per “danno di lieve entità” si intende un pregiudizio economico lievissimo, quasi irrisorio. La valutazione deve considerare non solo il valore della cosa sottratta, ma anche ogni altro effetto dannoso subito dalla vittima a causa del reato.
La capacità economica della vittima di sopportare il danno influisce sul riconoscimento dell’attenuante?
No, la Corte ha ribadito che la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato è irrilevante. La valutazione del danno deve essere oggettiva e basata sulla sua effettiva entità, non sulla condizione patrimoniale della vittima.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12200 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12200 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 03/01/1990
avverso la sentenza del 05/04/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale il ricorrente era stato ritenuto responsabile del delitto di furto aggravato;
Rilevato che il primo ricorso, con cui deduce vizio di violazione di legge in punto di determinazione della pena, per essersi la sentenza impugnata discostata dal minimo edittale, valutando i medesimi elementi già considerati ai fini dell’aggravamento della pena in relazione al riconoscimento delle circostanze aggravanti di cui agli artt. 627, n. 7 e 99 cod. pen., è manifestamente infondato, atteso che, in tema di determinazione del trattamento sanzionatorio, il giudice può valutare ai fini della quantificazione della pena un fatto integrante una specifica circostanza aggravante, pur se ritenuta, all’esito del giudizio di comparazione, equivalente alle circostanze attenuanti (Sez. 3, n. 15206 del 21/11/2019, dep. 2020, P., Rv. 279067 – 03);
Considerato che il secondo ricorso, con cui si denunzia la violazione della legge in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4 cod. pen., nonché alla mancata conformazione del trattamento sanzionatorio al minimo edittale, è manifestamente infondato posto che è i us receptu m che la concessione dell’attenuante ex art. 62 n. 4 cod. pen. presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subìto in conseguenza della sottrazione della “res”, senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato (Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017, Rv. 269241); principio, questo, cui la Corte territoriale si è fedelmente attenuta nel rigettare il motivo di gravame sul punto (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 15 gennaio 2025.