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Determinazione della pena: i poteri del giudice

Un uomo condannato per furto aggravato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la determinazione della pena e la quantificazione del risarcimento del danno. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile se la motivazione non è illogica o arbitraria. Analogamente, la liquidazione equitativa del danno è stata ritenuta corretta.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della Pena: Quando il Giudice è Insindacabile

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: i limiti del sindacato sulla determinazione della pena operata dal giudice di merito. Il caso riguarda un imputato condannato per furto aggravato che lamentava una pena eccessiva e un risarcimento del danno sproporzionato. La decisione della Suprema Corte chiarisce i confini del potere discrezionale del giudice e le condizioni per contestare le sue valutazioni in sede di legittimità.

I Fatti del Processo: Dal Furto al Ricorso in Cassazione

L’imputato era stato condannato in primo e secondo grado per il reato di furto aggravato. In particolare, gli veniva contestato di aver sottratto una borsa contenente una carta bancomat, uno smartphone, denaro contante e altri effetti personali, lasciata all’interno di un’automobile. La Corte di Appello aveva confermato la condanna a 1 anno e 2 mesi di reclusione e 300 euro di multa, oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi principali:
1. Violazione di legge sulla determinazione della pena: Si lamentava che la pena base fosse stata fissata discostandosi dal minimo edittale senza un’adeguata motivazione, senza considerare le modalità del fatto (commesso di giorno e a volto scoperto) e la condotta successiva (il parziale ristoro del danno).
2. Violazione di legge sulla quantificazione del danno: Si contestava l’ammontare del risarcimento, ritenuto eccessivo e non provato, anche a fronte di un versamento di 1.000,00 euro già effettuato nel corso del giudizio.

L’Analisi della Corte sulla Determinazione della Pena e del Danno

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili, fornendo importanti chiarimenti sui poteri del giudice di merito e sui limiti del giudizio di legittimità.

Il Primo Motivo: la Discrezionalità del Giudice sulla Pena

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la determinazione della pena tra il minimo e il massimo previsti dalla legge è espressione del potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere è insindacabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente assente, illogica o contraddittoria.

Nel caso specifico, i giudici di merito avevano giustificato lo scostamento dal minimo edittale facendo riferimento alla ‘preordinazione tra le condotte’, un elemento sufficiente a motivare la scelta. Le argomentazioni dell’imputato, secondo la Corte, non miravano a evidenziare un vizio di legittimità, ma a sollecitare una nuova e diversa valutazione dei fatti, operazione preclusa in Cassazione.

Anche la doglianza relativa all’aumento per il reato continuato è stata respinta, poiché l’aumento era di esigua entità e rientrava ampiamente nei limiti legali.

Il Secondo Motivo: la Liquidazione Equitativa del Danno

Per quanto riguarda il risarcimento del danno, la Corte ha osservato che i giudici di merito avevano specificato i criteri utilizzati: il valore delle cose sottratte (denaro contante e prelievo indebito) e gli oneri per la sostituzione dei documenti. La quantificazione finale in 2.000 euro era avvenuta secondo un criterio equitativo.

La liquidazione equitativa del danno, soprattutto per quello non patrimoniale, è una prassi consolidata quando non è possibile una prova precisa del suo ammontare. Anche in questo caso, la valutazione del giudice è censurabile solo se totalmente priva di giustificazione o macroscopicamente in contrasto con i dati di comune esperienza, vizi che non sono stati riscontrati nella sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità riaffermando la netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Il ricorso per cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo scopo è garantire l’osservanza della legge e la coerenza logica della motivazione.

La determinazione della pena e la liquidazione del danno rientrano in valutazioni di merito che, se supportate da una motivazione logica e non palesemente errata, non possono essere messe in discussione. Il ricorrente, nel tentativo di ottenere una pena più mite e un risarcimento inferiore, ha in realtà chiesto alla Corte di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di appello, cosa che la legge non consente.

Conclusioni

La sentenza rafforza il principio della discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena e nella liquidazione del danno. Per contestare efficacemente tali decisioni in Cassazione, non è sufficiente sostenere che la pena sia ‘troppo alta’ o il danno ‘eccessivo’. È necessario dimostrare un vizio specifico della motivazione, come l’illogicità manifesta, la contraddittorietà o la violazione di specifici limiti di legge. In assenza di tali vizi, la valutazione del giudice di merito rimane insindacabile, come confermato in questo caso con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice di merito?
No, non è possibile contestare la quantità della pena se questa rientra nei limiti previsti dalla legge (minimo e massimo edittale) e se la motivazione del giudice non è assente, illogica o contraddittoria. La determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito.

Come viene calcolato il risarcimento del danno quando non è possibile provarne l’esatto ammontare?
Quando il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, specialmente per i danni non patrimoniali, il giudice lo liquida in via equitativa. Ciò significa che lo determina sulla base di una valutazione di giustizia e proporzionalità, considerando i fatti materiali del caso.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata quantificata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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