Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37619 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 37619 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Montebelluna il DATA_NASCITA,
avverso la sentenza del 10 ottobre 2024 della Corte di appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 10 ottobre 2024 la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza del 16 ottobre 2023 con cui il Tribunale di Belluno, in composizione monocratica, ha condannato NOME COGNOME, previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante contestata, alla pena di anni 1, mesi 2 di reclusione ed euro 300 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento del danno patito dalla parte civile.
1.1. Più in particolare, l’imputato è stato ritenuto responsabile del reato di furto aggravato – poiché commesso su cose esposte alla pubblica fede – di una borsa e di quanto in essa contenuto, ovvero una carta bancomat, uno smartphone, la somma di cento euro ed altri effetti personali; borsa detenuta da NOME COGNOME all’interno della propria auto.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, lamentando / in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione della legge penale sostanziale, in relazione all’art. 133 cod. pen.
Lamenta il ricorrente che lo scostannento dal minimo edittale, in relazione alla pena base del reato di furto, ritenuto il più grave, non è sostenuto da alcuno sforzo motivazionale, ed anzi manca il confronto con le considerazioni spese con l’atto di appello, avuto riguardo alle modalità del fatto (commesso di giorno ed a volto scoperto) ed alla condotta successiva (con il ristoro del danno patito dalla persona offesa).
Analoghe considerazioni vengono svolte in relazione all’aumento disposto ai sensi dell’art. 81 cod. pen.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione della legge penale sostanziale con riguardo alla determinazione del danno patito dalla parte civile, poiché eccessivo e comunque non provato, anche in considerazione del fatto che il ricorrente, nel corso del giudizio, ha già versato la somma di euro 1.000,00.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo è inammissibile.
1.1.1. Questa Corte di legittimità ha chiarito che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso in cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.; in tali casi, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento” (Sez. 2, n. 25355 del 27/05/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 25895 del 28/05/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243 – 01; Sez. 4, n. 46412 del 5/11/2015, COGNOME, Rv. 265283 – 01; Sez. 4, n. 21294 del 20/3/2013, COGNOME, Rv. 256197- 01).
Nella specie i giudici di merito hanno valutato gli indici di gravità di cui all’art. 133 cod. pen., dopo averli illustrati (p. 7 sentenza impugnata e p. 4 sentenza del Tribunale), per giustificare il modesto scostamento dal minimo edittale, attraverso il richiamo alla preordinazione tra le condotte.
A fronte di ciò, il motivo, con il quale il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 133 cod. pen., non è consentito in sede di legittimità, in quanto mira ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non è stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 47512 del 03/11/2022, COGNOME, non massimata; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; conf., Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142 – 01).
1.1.2. Tali principi sono stati ribaditi anche in relazione alla motivazione degli aumenti di cui all’art. 81 cod. pen. (che il ricorrente deduce essere “estremamente eccessivo”): il giudice di merito, nel calcolare l’incremento sanzionatorio in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, non è tenuto infatti a rendere una motivazione specifica e dettagliata qualora individui aumenti di esigua entità, come nel caso in esame, essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen. (Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, COGNOME, Rv. 284005 – 01).
Neppure è possibile dubitare, nella specie, del rispetto del limite legale del triplo della pena base ex art. 81, comma primo, cod. pen., in considerazione della misura contenuta degli aumenti di pena irrogati.
Si tratta di conclusioni non messe in discussione dal recente intervento di questa Corte, nella sua più autorevole composizione, con cui si è affermato che in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e
motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01);
Infatti, nella stessa decisione la Corte ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e deve essere tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene: si tratti di profili che, nella specie, non solo non ricorrono ma nemmeno sono stati dedotti dal ricorrente.
1.2. Il secondo motivo è inammissibile.
Oltre ad essere meramente assertivo, nella parte in cui lamenta un difetto di prova del danno derivante dal reato, il motivo si sottrae al dovuto confronto con le argomentazioni dei giudici di merito, e così prospettando una inesistente lacuna motivazionale.
I giudici di merito hanno fatto espresso riferimento ai criteri utilizzati per la determinazione delle voci di danno, ovvero il valore delle cose sottratte (tra cui l’importo di euro 100 in contanti e di euro 250 attraverso un prelievo indebito) e gli oneri collegati alla sostituzione dei documenti e delle carte di pagamento.
Attraverso poi il riferimento al criterio equitativo, il danno è stato complessivamente determinato in euro duemila.
Osserva quindi il Collegio che il motivo non si confronta con gli orientamenti consolidati di questa Corte regolatrice, che ha più volte affermato come la liquidazione dei danni morali, attesa la loro natura, non può che avvenire in via equitativa, dovendosi ritenere assolto l’obbligo motivazionale mediante l’indicazione dei fatti materiali tenuti in considerazione e del percorso logico posto a base della decisione, senza che sia necessario indicare analiticamente in base a quali calcoli è stato determinato l’ammontare del risarcimento (cfr., Sez. 6, n. 48086 del 12/9/2018, B., Rv. 274229 – 01; Sez. 4, n. 18099 del 1/4/2015, COGNOME, Rv. 263450 – 01).
Deve ribadirsi, altresì, in via generale, che, in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, la valutazione del giudice, affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, è censurabile in sede di legittimità sotto il profilo del vizio della motivazione, solo se essa difetti totalmente di giustificazione o si discosti macroscopicamente dai dati di comune esperienza o sia radicalmente contraddittoria (Sez. 5, n. 7993 del 09/12/2020, dep. 2021, P., Rv. 280495 – 02; Sez. 6, n. 48461 del 28/11/2013, COGNOME, Rv. 258170 – 01; Sez. 5, n. 35104 del 22/6/2013, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 257123 – 01).
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 7 giugno 2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2025
Il Il F i íesiyien/l .