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Determinazione della pena: i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso riguardante la determinazione della pena per furti aggravati. L’imputato lamentava una motivazione illogica, ma la Corte ha ribadito che la quantificazione della sanzione rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito. L’intervento della Cassazione è limitato ai soli casi di arbitrarietà o manifesta illogicità, non riscontrati nel caso di specie, dove la pena era giustificata dalla gravità dei fatti e dai precedenti dell’imputato.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della pena: la Cassazione fissa i paletti per l’impugnazione

La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice traduce in una sanzione concreta la valutazione di colpevolezza. Ma quali sono i limiti del suo potere discrezionale? E fino a che punto la sua decisione può essere criticata in sede di legittimità? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava una pena eccessiva perché basata su una motivazione, a suo dire, illogica.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale e, successivamente, della Corte d’Appello, per una serie di furti pluriaggravati. I reati erano stati commessi con modalità particolarmente allarmanti: in orario notturno, con il volto travisato e forzando porte di ingresso, in alcuni casi anche lanciando massi contro le vetrine. La pena inflitta in secondo grado era stata di quattro anni e quattro mesi di reclusione, oltre a una multa.

Il Ricorso in Cassazione e la questione sulla determinazione della pena

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che la sentenza d’appello fosse viziata da una motivazione manifestamente illogica e lacunosa proprio riguardo alla determinazione della pena. Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero adeguatamente ponderato gli elementi previsti dall’art. 133 del codice penale, che guidano il giudice nella quantificazione della sanzione tra il minimo e il massimo edittale.

In sostanza, il ricorso non contestava la colpevolezza, ma mirava a ottenere una riduzione della pena, ritenendo che quella applicata fosse il frutto di un ragionamento errato o insufficiente.

Il potere discrezionale del giudice e i suoi limiti

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Con questa decisione, i giudici supremi hanno ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento: la quantificazione della pena rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere non è assoluto, ma è esercitato attraverso la valutazione di una serie di parametri, come la gravità del fatto, la capacità a delinquere del reo e il suo comportamento processuale.

Il sindacato della Corte di Cassazione su questo punto è molto limitato. Non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma può intervenire solo se la motivazione è:

* Totalmente assente;
* Manifestamente illogica;
* Contraddittoria.

In altre parole, la Cassazione non valuta se la pena sia ‘giusta’, ma solo se la giustificazione fornita dal giudice sia razionale e conforme alla legge.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse tutt’altro che illogica. I giudici di merito avevano correttamente giustificato la severità della pena facendo riferimento a elementi concreti e pregnanti:

* La molteplicità dei reati: una serie di furti commessi in un arco di tempo ravvicinato.
* Le modalità allarmanti: l’uso della forza, l’agire notturno e con il volto travisato.
* La personalità negativa dell’imputato: un soggetto con numerosi precedenti penali specifici per reati contro il patrimonio.

Questi fattori, secondo la Cassazione, giustificavano ampiamente il trattamento sanzionatorio irrogato. Inoltre, la Corte ha sottolineato che il giudice di merito non è obbligato a prendere in considerazione ogni singolo elemento favorevole dedotto dalla difesa, essendo sufficiente che motivi la sua decisione sulla base degli elementi ritenuti decisivi.

Anche il diniego delle circostanze attenuanti generiche è stato ritenuto correttamente motivato, data la mancanza di elementi positivi e la presenza dei gravi precedenti penali.

Le Conclusioni: i limiti del sindacato di legittimità sulla pena

L’ordinanza in esame ribadisce con chiarezza che un ricorso per Cassazione volto a ottenere una semplice ‘ricalibrazione’ della pena, senza dimostrare un’autentica e manifesta illogicità nel ragionamento del giudice, è destinato all’inammissibilità. La determinazione della pena è e rimane una prerogativa del giudice di merito, il quale ha il compito di ‘cucire’ la sanzione sul caso concreto. Il controllo di legittimità serve a garantire che questa operazione sia avvenuta nel rispetto della logica e della legge, non a sostituirsi al giudice nella sua valutazione discrezionale. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, come previsto in caso di ricorso inammissibile.

Può la Corte di Cassazione cambiare la quantità della pena decisa da un giudice?
No, la Corte di Cassazione non riesamina nel merito la decisione sulla quantità della pena. Il suo compito è solo verificare che la motivazione del giudice non sia palesemente illogica, arbitraria o del tutto assente.

Cosa significa che la determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice?
Significa che il giudice, entro i limiti minimi e massimi fissati dalla legge per un certo reato, ha la libertà di scegliere la sanzione concreta basandosi sulla sua valutazione degli elementi indicati nell’art. 133 c.p. (gravità del danno, intensità del dolo, precedenti penali, ecc.).

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava un vizio di legittimità (come un errore di diritto o una motivazione totalmente assente), ma cercava di ottenere una nuova valutazione nel merito della pena, cosa che non è permessa in sede di Cassazione. Inoltre, la motivazione del giudice d’appello è stata ritenuta logica e corretta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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